"Il tema è rappresentato dalle
diverse posizioni, nel Seicento, rispetto alle cosiddette cause finali.
Parto dai modelli già definiti nell’antichità. Ad Aristotele si deve la teorizzazione di quattro tipi
di relazioni causali, che reggerà per molti secoli. La riflessione di A. si
concentra sul finalismo interno agli organismi, secondo cui, ad esempio,
l’occhio è strutturato in quel certo modo per
poter vedere: si tratta di un
finalismo inconsapevole e per così dire spontaneo. Accanto ad esso, nei casi
che illustra, A. espone spesso (forse per motivi essenzialmente didattici, come
il più familiare) un altro genere di finalismo, questa volta “esterno” e
consapevole: quello dell’artefice, ad esempio lo scultore, che interviene sulla
materia per darle una determinata forma.
Di questo secondo genere di
finalismo, attribuito questa volta a un dio, il caso più elaborato,
nell’antichità, era quello del demiurgo platonico, nel Timeo, che plasma la materia caotica per tradurla in cosmo.
La presenza delle cause finali nel mondo costituisce una delle prove dell’esistenza di Dio.
Fin dall’antichità era esistito
anche un modello opposto, sostenuto in particolare dall’epicureismo. Per
Lucrezio, il rapporto organo/funzione negli organismi va capovolto, rispetto
alla spiegazione aristotelica: l’occhio non è fatto per vedere, bensì vede perché è costituito in quel determinato
modo; ossia alla causalità finale si sostituisce la causalità efficiente.
Altrettanto vale per l’intero universo, che ha questo assetto grazie ad
un’aggregazione casuale di atomi. Questa argomentazione è completata dal
ricorso alla selezione naturale: organismi imperfetti, costituiti in modo da
non poter svolgere le proprie funzioni vitali – prodotti anch’essi da
aggregazioni casuali di atomi – sono via via per ciò stesso scomparsi. Durante
il medioevo, fino al suo ritrovamento nel 1400, del De rerum natura si perse traccia, come accadde anche ad altri testi
che esprimevano concezioni decisamente alternative ai modelli dominanti nella
cultura cristiana.
Nel Seicento la
Rivoluzione scientifica introdusse il meccanicismo come modello dominante.
Il meccanicismo si basa sulle nozioni di materia qualitativamente omogenea e di
movimento esclusivamente locale: il moto si comunica da un corpo all’altro
attraverso un urto. Dietro a questa concezione, la duplice riduzione operata da
Galileo:
1) la materia è dotata di proprietà esclusivamente quantitative, le
proprietà sensibili (odori, colori, caldo e freddo ecc.) sono solo il modo in
cui noi percepiamo i corpi grazie alla diversità dei loro moti (così nel Saggiatore);
2) il moto è esclusivamente locale e un corpo non
muove verso una meta (non avrebbe senso in uno spazio indefinito – senza
centro, dice G. - o forse addirittura infinito), quello che conta sono il suo
punto di partenza, la sua traiettoria, la sua velocità.
Il meccanicismo esclude dunque
qualsiasi finalismo interno, non esclude affatto che questo assetto dei
fenomeni dipenda da un progetto divino. "
Anna Belgrado
Meccanicismo e finalismo nella
filosofia del ’600
Il termine “teleologia” è
relativamente recente. Al pari di alcuni altri termini del lessico filosofico fu coniato
nel XVIII secolo da Christian Wolff. Secondo il senso etimologico “teleologia” ha
a che fare con un “telos”, cioè con un fine o con uno scopo.
relativamente recente. Al pari di alcuni altri termini del lessico filosofico fu coniato
nel XVIII secolo da Christian Wolff. Secondo il senso etimologico “teleologia” ha
a che fare con un “telos”, cioè con un fine o con uno scopo.
A questo punto dobbiamo cogliere un’importante differenza, quella fra teleologia
interna ed esterna. Il testo filosofico di riferimento per la teleologia esterna è il Timeo
di Platone. Qui - in un certo qual modo in analogia filosofica rispetto al dio creatore
biblico - si narra di un demiurgo divino, buono e sapiente, il quale avrebbe creato il
mondo attuale sulla base del modello dell’ottimo mondo eterno. Ciò significa che il
mondo attuale deve all’intervento demiurgico dall’esterno quanto di buono esso possiede.
interna ed esterna. Il testo filosofico di riferimento per la teleologia esterna è il Timeo
di Platone. Qui - in un certo qual modo in analogia filosofica rispetto al dio creatore
biblico - si narra di un demiurgo divino, buono e sapiente, il quale avrebbe creato il
mondo attuale sulla base del modello dell’ottimo mondo eterno. Ciò significa che il
mondo attuale deve all’intervento demiurgico dall’esterno quanto di buono esso possiede.
Il rappresentante classico della teleologia interna è Aristotele.
In generale, Aristotele
è anche il primo vero teorico della scienza.
è anche il primo vero teorico della scienza.
Secondo Aristotele abbiamo una
comprensione scientifica di qualcosa, quando ne conosciamo le cause o i princípi,
quando insomma siamo in grado di rispondere alla domanda sul perché c’è l’oggetto
o il processo in questione.
comprensione scientifica di qualcosa, quando ne conosciamo le cause o i princípi,
quando insomma siamo in grado di rispondere alla domanda sul perché c’è l’oggetto
o il processo in questione.
Si parla di “teleologia”, quando con una
domanda sul perché si mira a stabilire che esistono in natura oggetti e processi, la cui
esistenza si lascia spiegare unicamente in virtù del fatto che essi contribuiscono al raggiungimento
di uno scopo, del fatto che, in altre parole, essi sono orientati verso un
fine.
Quando ci chiediamo: “perché il cuore pompa sangue?”, la risposta comincia con
la formula “affinché…” o con un’altra espressione linguistica dal valore finale. Una
tale spiegazione con “affinché” o con un’espressione iniziale equivalente, tuttavia, non
si riferisce in alcun modo per Aristotele a un’essenza razionale che agisce dall’esterno
sull’organismo.
E’ a questa tradizione aristotelica, quella in cui si muovono oggi le spiegazioni teleologiche,
che risalgono alla teoria evoluzionistica darwiniana. Indubbiamente nella
maggior parte dei casi non viene più usato al riguardo il termine “teleologico”. Per
evitare confusioni, si parla piuttosto di spiegazione “funzionale”
domanda sul perché si mira a stabilire che esistono in natura oggetti e processi, la cui
esistenza si lascia spiegare unicamente in virtù del fatto che essi contribuiscono al raggiungimento
di uno scopo, del fatto che, in altre parole, essi sono orientati verso un
fine.
Quando ci chiediamo: “perché il cuore pompa sangue?”, la risposta comincia con
la formula “affinché…” o con un’altra espressione linguistica dal valore finale. Una
tale spiegazione con “affinché” o con un’espressione iniziale equivalente, tuttavia, non
si riferisce in alcun modo per Aristotele a un’essenza razionale che agisce dall’esterno
sull’organismo.
E’ a questa tradizione aristotelica, quella in cui si muovono oggi le spiegazioni teleologiche,
che risalgono alla teoria evoluzionistica darwiniana. Indubbiamente nella
maggior parte dei casi non viene più usato al riguardo il termine “teleologico”. Per
evitare confusioni, si parla piuttosto di spiegazione “funzionale”
da Finalismo, meccanismo, funzionalismo:
che cosa è una spiegazione biologica
Gereon Wolters
che cosa è una spiegazione biologica
Gereon Wolters
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