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domenica 29 settembre 2019

orfismo e metempsicosi


“L’orfismo è il più grande fenomeno religioso di carattere mistico che si affacci alla Grecia del sec. VI, in quel secolo così importante per la storia religiosa del mondo, giacché in esso vediamo sorgere Confucio e Lao-Tse in Cina, il Buddha nell’India, Ezechiele tra gli Israeliti, Zarathustra nell’Iran, Pitagora tra gli Elleni”
Nicola Turci, “Le religioni misteriosofiche del mondo antico”,1923 


" I racconti ‘orfici’ che ci sono giunti ritengono che nel corpo dell’uomo ‘abiti’ un’anima immortale, capace sin da ‘viva’ di conoscere il mondo divino da cui proviene e a cui tende a ritornare dopo la Morte. Essi ripercorrono sostanzialmente la via della cosmogonia esiodea. Infatti l’idea di fondo è la stessa: quella che il mondo ‘ordinato’ che noi conosciamo è nato  da un caos originario che si è andato evolvendo verso il mondo attuale.
Per gli orfici tre sono le forze primordiali: la Vita (Zas, da zèn = vivere), il Tempo(Chrόnos) e la Materia (Chtoniè). Sono queste le potenze che ordinano il Mondo, dopo, però, una lotta tra Chronos ed il Serpente del Male, Ophioneus, che è il principio del caos (Orig., C. Celsum, 6, 42, [40]).
Il corpo  ‘racchiude’, ‘vincola’, ‘limita’ un principio spirituale che è di origine divina; è così la ‘tomba’, il ‘carcere’, dell’anima.
L’uomo che vuole conoscere la sua vera natura deve separare la sua coscienza dal corpo e dai suoi bisogni, e per ciò stesso allontanarsi da ogni passione giacché l’essenza di essa è quella di un forza sottile, invisibile ma violenta, capace di sottomettere la coscienza alla sola dimensione materiale, tutta espressa nei bisogni corporei.
Lo spirito non deve essere ‘violentato’ dal corpo.
Per questo la parola ‘passione’ indica il subire violenza ed il soffrire; la libertà interiore, insomma, si ottiene solo con la vittoria del principio spirituale su ogni malvagità ‘titanica’. Di conseguenza vita morale e vita spirituale coincidono.
L’Uomo ha ‘dimenticato’ la sua vera natura nel momento in cui la sua anima è precipitata in un corpo, cioè nella densità e oscurità della Materia: per questo l’unico rimedio possibile è nel Ricordo, nella Memoria.
Si può capire così il senso profondo del gioco di parole tipico dell’orfismo per il quale il corpo soma (σωμα) è anche sèma (σήμα), cioè ‘tomba’.
Da tale tomba l’anima può e deve svincolarsi e ‘risorgere’
Per ‘purificarsi’, cancellare quel peccato originale, l’uomo deve dunque affrancarsi dal corpo, dai suoi limiti, dalle sue passioni, dalla sua cieca e abbrutente concupiscenza.
L’uomo deve vivere una vita ‘pura’, cioè moralmente ispirata al Bene, iniziaticamente volta a riconoscere il seme divino che è in lui.
Ma tale ‘purificazione’ che è anche una ‘liberazione’ dal carcere corporeo non può avvenire, di norma, in una sola esistenza.
L’anima che precipita nel buio della materia per ascendere di nuovo ha bisogno di numerose esistenze.
La metempsicosi è inevitabile ma deve essere intesa come un cammino che può volgere ad una meta positiva poiché la liberazione, quando viene conseguita compiutamente, solleva l’anima alla Gioia Suprema propria dell’uomo che conquista la condizione degli dèi: quella della Immortalità e della Felicità.
In Terra solo l’iniziato può ‘indiarsi’ ed avere, nell’estasi, cioè quando l’anima riesce ad uscire dal corpo, baluginii di quella Luce.
Tuttavia, solo uscendo radicalmente dal ciclo delle nascite (ho kyklos tès ghenéseos) che procede secondo la ruota del Destino (ho tés Moiras trochόs) egli può riconoscersi ‘Figlio di Dio’".

L'orfismo inserì il dualismo iranico nel quadro del culto dionisiaco. 
Dioniso divenne il principio del bene e i Titani che lo uccisero quello del male. L'uomo, formato dalle ceneri dei Titani, che avevano ucciso e divorato Dioniso, porta in sé un dualismo: il bene, che venne mangiato dai Titani e il male che procede da loro.
Platone recepì dall'orfismo la credenza della reincarnazione, ma rifiutò nel “Simposio” il mito orfico, classificando Orfeo non come un vero amante. Un vero amante si sarebbe dato la morte per scendere nell'Ade dall'amata Euridice, uccisa dal morso di un serpente. La sua morte per mano dei Titani è anti-eroica, perché ha voluto forzare le leggi dell'Ade con l'incantesimo musicale, egli è uno che usa la parola nella ricerca della doxa (la gloria), e non nell'episteme (la conoscenza). Platone accolse il dualismo orfico tra l'anima con il corpo, ma in maniera temperata, non riconduce il corpo ad un principio creatore malvagio, ma ad una condizione di esistenza punitiva per peccati antecedenti, cosa che è presente nell'orfismo, ma, appunto, in aggiunta alla concezione di un corpo proveniente da una realtà malvagia. Ovviamente, il mito di Orfeo che scende nell'Ade era letto dagli orfici come desiderio di forzare i cancelli dell'Ade con l'incanto musicale, che è un potere senza violenza. Tutto fallì perché Orfeo si voltò indietro per vedere se Euridice lo seguiva e così mancò al patto stabilito con il dio Ade presso il quale aveva agito la moglie Persefone, incantata e commossa dal canto di Orfeo.


Con riferimento al Dioniso, dio dell'uva e del vino, nacquero tali culti misterici, che rientrano nell' ambito della religiosità greca, anche se il culto ha origini traciche (nasce nella Tracia).

Il mito di Dioniso è uno dei più ricchi e complessi: secondo una narrazione era figlio di Semele e di Zeus, nato dalle ceneri della madre e portato sull'Olimpo da Zeus. Qui la gelosia di Era, moglie di Zeus, lo fece impazzire e da allora peregrinò nelle regioni dell'Africa e dell'Asia, seguito da satiri e menadi. In questo girovagare incontrò Arianna, abbandonata da Teseo, la sposò e ottenne per lei l'immortalità da Zeus. Infine giunse in Frigia dove la dea Cibele lo iniziò ai misteri.

Secondo un altro racconto, invece, Era, gelosa, incaricò i Titani di ucciderlo e, benché Dioniso si fosse tramutato in toro, quelli portarono a termine l'impresa, concludendola anche con un macabro pasto, ma alcuni resti furono raccolti da Apollo che li pose nel suo tempio a Delfi. Defunto, Dioniso scese agli inferi in cerca della madre Semele, la ricondusse sulla terra e poi sull'Olimpo.

Tutti questi miti della vita di Dioniso spiegano i caratteri della venerazione di questo dio e dei culti che a lui si richiamano. Innanzi tutto Dioniso è visto come dio liberatore dell'energia vitale, colui che torna dall'oltretomba alla vita. Inoltre la follia del dio era rivissuta attraverso l'ebbrezza come mistica esaltazione ed estasi: nelle cerimonie i seguaci (baccanti) addobbati con pelli di animali, incoronati con corone di pampini, danzavano e suonavano al ritmo del ditirambo e al grido di «eueu».
«L'estasi era considerata una sorta di preludio alla partecipazione del fedele allo spirito divino..., gli adoratori erano convinti infatti che "l'ossesso" fosse posseduto dal dio, come fa intendere il verbo enthusiasmein, che significa essere posseduti dal dio». Un altro elemento del culto dionisiaco è l'omofagia, cioè il cibarsi di carni crude di animali, dilaniati a mani nude, anche in questo caso per ricordare la vita del dio e simboleggiare l'unione con lui.

venerdì 27 settembre 2019

la produzione di Hegel


schema preparato da  Roberta Di Mauro, Julian Brunetto, Martina Coco


classe 5 C



lunedì 16 settembre 2019

leggere sull'adolescenza

"IL GIOVANE HOLDEN"
Romanzo classico sull'adolescenza


Il giovane Holden di Jerome David Salinger è il romanzo che ho scelto di leggere in quest'ultimo mese estivo,  un libro di cui avevo spesso sentito parlare, poiché ha avuto molto successo, ma che non avevo ancora avuto l'occasione di leggere.
Desideravo abbandonarmi ad una lettura piacevole e interessante, appropriata al periodo della vita nel
quale mi ritrovo, ovvero l'adolescenza. Questo è uno dei motivi principali per il quale ho deciso di leggere proprio questo romanzo classico, adatto a mio parere non solo agli adolescenti. Il giovane Holden mi era stato anche più volte consigliato e presentato come un libro divertente e sarcastico: in effetti all'interno del romanzo vi è un'evidente nota sarcastica, ma divertente non è l'unico aggettivo di cui ci si può avvalere per definire questo romanzo.  
Salinger, tramite il giovane sedicenne, Holden, è stato in grado di descrivere e raffigurare in un unico personaggio, il protagonista, le emozioni e le sensazioni provate da un qualsiasi adolescente. Il libro in sé, nonostante non vi sia un'evoluzione o importanti avvenimenti che sconvolgono la vicenda narrata, è incentrato proprio sulla personalità del protagonista. Ed è proprio il suo carattere impulsivo che al termine della lettura mi è rimasto più impresso e mi è impossibile dimenticarlo. "Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira", questa, è una delle tante frasi di  Holden nel testo.  In questo caso però, al termine della lettura, una chiacchierata vorreste farla con piacere piuttosto che con l'autore, Salinger, con lo stesso Holden. Inoltre, ciò che mi ha lasciato questa lettura è stata l'importanza e il valore dei fratelli. Holden ha un profondo legame con i tre fratelli, per lui rappresentano dei veri e propri punti di riferimento in un mondo in cui non ha ancora trovato il suo posto. L'amatissimo fratello Allie era morto tre anni prima e spesso nei suoi pensieri si rivolge direttamente a lui, quasi fosse ancora vivo e stessero realmente dialogando. Il fratello maggiore D.B. viene spesso nominato da Holden, ma non compare mai nel corso della vicenda. Holden tuttavia nutre una vera stima nei suoi confronti, nonostante non appoggi alcune sue scelte. Phoebe è l'unica sorella che appare e con cui parla davvero, l'affetto che prova verso di lei è incondizionato. Spesso la descrive sveglia e intelligente e lei è stata
l'unica della famiglia a cui ha rivelato di essere stato espulso dall'ennesima scuola a causa del suo basso rendimento. 
Ciò che mi ha più sorpreso in questo romanzo è stato il fatto che, nonostante sia stato scritto
molti anni fa e non è ambientato nei nostri giorni, ricorre ad un linguaggio semplice e abbastanza scorrevole, rendendo l'autore stesso quasi contemporaneo. Inoltre, sono anche evidenti degli stereotipi che tuttora persistono nella nostra società, di cui Holden mostra di avere una grande
consapevolezza. Mi ha sorpreso anche un aspetto del carattere di Holden: egli  si atteggia
spesso come un duro e come un ragazzo che ha compreso ogni cosa dalla vita, ma in effetti ha paura di crescere e diventare adulto ed è proprio per nascondere le proprie insicurezze che si finge spesso un uomo maturo, grazie soprattutto alla sua altezza che glielo permette e a qualche capello bianco. Holden non vuole diventare come gli adulti, prova infatti un senso di ribellione verso l'ipocrisia degli uomini, ogni uomo per lui è "ipocrita" (è proprio questa la parola più frequente e più utilizzata da Holden). Talvolta però Holden sembra fin troppo infantile, infelice e malinconico nei suoi discorsi. Egli stesso si definisce pazzo e depresso. Questo è uno degli aspetti del libro che non ho apprezzato poiché lui non riesce a vivere pienamente e serenamente la propria adolescenza. Un altro aspetto che non mi è piaciuto, come avevo già anticipato sopra, è che in alcuni momenti la storia mi è quasi sembrata statica, non vi era nessun avvenimento che sconvolgeva realmente la vicenda. 

"Il giovane Holden" è accessibile a tutti. Soprattutto lo consiglio a coloro che stanno attraversando dei periodi della vita nei quali si sentono soli e non trovano la giusta strada, anche perchè tratta non solo dell'adolescenza ma di tanti altri aspetti ad essa attinenti.

Maria Rita Puccio, 4 A

la mia lettura estiva



Questa estate ho scelto di leggere La Metamorfosi di Kafka poiché ero alla ricerca di un racconto che trattasse delle problematiche della società e dell'uomo contemporaneo, tematiche a me molto care; inoltre, ero piuttosto incuriosita dalla bizzarra metamorfosi in scarafaggio oggetto della narrazione e volevo capire di che cosa effettivamente si trattasse e come il protagonista avrebbe affrontato la situazione. 

Ho davvero apprezzato questo racconto poiché, anche se breve, ha perfettamente sottolineato, attraverso la metafora della metamorfosi, il rapporto tra l'uomo e la società utilitaristica del '900 e di come quest'ultima abbia una grande influenza nei rapporti sociali e sopratutto familiari. Inizialmente credevo che la vicenda si sarebbe concentrata in parte sul motivo della trasformazione del protagonista. Invece sono rimasta colpita non solo dal fatto che lo scrittore non ne abbia dato alcuna spiegazione ma, anche e soprattutto, dalla reazione del protagonista, il quale non dimostra alcun tipo di stupore o preoccupazione per la sua nuova ripugnante forma d'insetto, per il fatto che non avrebbe più vissuto la sua vita come prima. L'unico grande problema che si pone è il fatto di non poter andare a lavorare, e anche i suoi familiari sono scossi solo da questo problema, in particolare il padre. Infatti, come si prospetta nel corso della storia, i cari del protagonista si allontaneranno da lui fino a lasciarlo solo a morire, non perché sia diventato uno scarafaggio, bensì perché era oramai diventato un fardello per tutti.

La vicenda mi ha trasmesso un forte senso d'angoscia anche perchè è interamente ambientata in una stanza, la quale diventa man mano sempre più cupa,sporca ed asfissiante e il povero insetto non ha modo di uscire o di chiedere aiuto poiché nessuno lo capisce, o meglio ancora, nessuno si dimostra interessato a comprendere i suoi bisogni. 

Ma è stato proprio grazie a questa "immagine" che ho compreso il messaggio implicito dello scrittore, ovvero che nella società un uomo non ha la propria individualità, nessuno può credere di essere unico o speciale, poiché per essa o si è utili o si è inesistenti, dunque non si può pensare che essa ci aspetti nel suo sviluppo, bensì siamo noi a dover star dietro ai suoi cambiamenti ed imposizioni.
Se questo infatti non accade nessuno si creerebbe problemi a scartarci fuori da essa, facendoci credere di non valere niente e, in casi estremi, lasciandoci all'autodistruzione, all'annichilimento delle nostre forze e speranze fino alla morte: una morte qualunque di una persona qualunque che non verrà ricordata, perché non ha dato abbastanza. 
Anche se il tutto appare incredibilmente pessimista,in fin dei conti contiene a mio parere la verità. 

Per concludere, non c'è nulla che io non abbia apprezzato in questo racconto e lo consiglierei a chi cerca storie non troppo lunghe ma di grande impatto, anche perchè lo stile di scrittura è davvero accessibile, semplice e scorrevole. Inoltre, alla fine lascia grande spazio alla libera interpretazione
ed alle riflessioni personali.

Martina Papa, 5C

sabato 7 settembre 2019

che cos'è la filosofia


Pubblichiamo il video di Gabriella Giudici (4:16)
per presentare la filosofia, le sue origini, il suo orizzonte
gnoseologico, etico e politico

venerdì 6 settembre 2019

Il mito di Sisifo, Camus e Dostoevskij

 "Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.
Biso­gna immaginare Sisifo felice"




post di Giusy Lo Faro, 5 C

Ho scelto Il mito di Sisifo come lettura estiva  perché avevo già letto alcune opere di Albert Camus e la curiosità mi ha spinta ad approfondire la conoscenza del pensiero di questo autore. 
Uno dei temi trattati da Camus, soprattutto in questo saggio filosofico, è quello del suicidio, accompagnato dalle molteplici domande che l'uomo si pone sulla propria esistenza ed una di queste è "vale la pena vivere questa vita che possediamo, nonostante la sua assurdità?". 
La singolare risposta di Camus la considero attuale: infatti egli crede che l'uomo possa vivere felice, ma per farlo deve alienare il proprio essere, non vivendo a pieno ciò che realmente è. Crede inoltre che la felicità sia il fine ultimo dell'uomo, impossibile, però, da raggiungere attraverso il rispetto delle leggi morali ed etiche. 
Sisifo riveste il ruolo di "eroe assurdo", non solo per le passioni che lo tormentano, ma anche a causa dell'animo ribelle che lo conduce a non sottostare agli ordini degli dei, rinnegando la morte a nome della propria vita. La condanna a questo suo atto sarà pronunciata da Zeus, che lo costringerà a portare sulla cima di un monte un enorme macigno ed è qui che, a mio parere, assume significato la citazione emblematica di tutto il saggio: "anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Biso­gna immaginare Sisifo felice". Con ciò credo che l'autore voglia far intendere al suo  lettore che la felicità assoluta non risiede nella risposta ad ogni nostro quesito esistenziale, ma è possibile ritrovarla nella sperimentazione, per quanto assurda possa essere la vita che siamo condannati a vivere.
Ciò che più mi ha colpita di quest'opera è stato ritrovare un'analisi approfondita di uno dei personaggi appartenenti ai Demoni di Dostoevskij,  il signor Kirillov, un ingegnere costruttore dei piú insigni.
Camus sottolinea la scelta del suicidio intrapresa dal personaggio, ma qual è il punto comune che lega Kirillov e Sisifo? Anche in questo atto è possibile ritrovare la figura dell'eroe assurdo. Kirillov pone a se stesso due quesiti: nel primo si chiede se lui e gli altri uomini siano soltanto marionette manovrate da Dio, mentre nel secondo si chiede se la divinità in questione esista realmente. Crede inoltre che l'unico modo per poter dimostrare la verità, ovvero l'inesistenza di Dio, consista nel  porre fine alla propria vita. A questo punto vi è il momento della "divinizzazione dell'uomo", così definita dallo stesso Kirillov, che consiste nel rendere l'uomo suo stesso padrone, mosso dalla sua stessa volontà e non da quella altrui, soprattutto di Dio.

Ammetto che si tratta di una lettura abbastanza complicata ed impegnativa, ma lo sforzo allieta il lettore, attraverso gli "intrighi" filosofici dello scrittore. 

Un saggio che invita a riflettere tutti, soprattutto chi vive la propria vita a passo con il tormento.


per collegare con F. M. Dostoevskij

da  F. M. Dostoevskij, I demoni, Garzanti, Milano, 1977, vol. I, pagg. 93, 115-118, 239-241 e vol. II, pagg. 655-659


“Io... io lo so ancora poco... due pregiudizi li trattengono, due cose; due soltanto; una molto piccola, l’altra molto grande. Ma anche la piccola è molto grande.”


“Qual è, dunque, quella piccola?”
“Il dolore.”
“Il dolore? Possibile che sia cosí importante... in questo caso?”
“È la primissima cosa. Vi sono due categorie: quelli che si uccidono o per una gran tristezza, o per la rabbia, o sono pazzi, o che so io... quelli si uccidono di colpo. Quelli pensano poco al dolore, ma si uccidono di colpo. Mentre quelli che lo fanno a mente lucida, quelli pensano molto.”
“Vi sono, forse, di quelli che lo fanno a mente lucida?”
“Moltissimi. Se non ci fosse il pregiudizio, sarebbero di piú; moltissimi; tutti.”
[...] “Bene, e l’altra causa, quella grande?”
“L’altro mondo!”
“Cioè, il castigo?”
“Questo è indifferente. L’altro mondo; solo l’altro mondo.”
“Non vi sono forse degli atei che non credono affatto nell’altro mondo?”
Di nuovo non rispose.
“Giudicate forse secondo voi stesso?”
“Ognuno non può giudicare che secondo se stesso,” disse arrossendo. “La piena libertà ci sarà allora, quando sarà indifferente vivere o non vivere. Ecco lo scopo di tutto.”
“Lo scopo? Ma allora nessuno, forse, vorrà piú vivere?”
“Nessuno,” disse risolutamente.
“L’uomo ha paura della morte, perché ama la vita, ecco come la intendo io,” osservai “e cosí ha ordinato la natura.”
“È vile, e sta qui tutto l’inganno!” scintillarono i suoi occhi. “La vita è dolore, la vita è paura, e l’uomo è infelice. Ora tutto è dolore e paura. Ora l’uomo ama la vita, perché ama il dolore e la paura. E cosí hanno fatto. La vita si concede a prezzo di dolore e di paura, e sta qui tutto l’inganno. Ora l’uomo non è ancora quell’uomo. Vi sarà l’uomo nuovo, felice e superbo. A chi sarà indifferente vivere o non vivere, quello sarà l’uomo nuovo! Chi vincerà il dolore e la paura, quello sarà Dio. Mentre l’altro Dio non vi sarà.”
“Dunque, l’altro Dio c’è pure, secondo voi?”
“Non c’è, ma c’è. Nel masso non c’è il dolore, ma nella paura del masso c’è il dolore. Dio è il dolore della paura della morte. Chi vincerà il dolore e la paura, quello diverrà Dio. Allora vi sarà la vita nuova, l’uomo nuovo, tutto sarà nuovo.

giovedì 5 settembre 2019

le mie letture estive


"Il libro è deposito della memoria, antidoto al caos dell'oblio, dove la parola giace, ma insonne, pronta a farsi incontro con passo silenzioso a chi la sollecita. 
Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace"

Giovanni Pozzi, mistico italo-svizzero




Leggere alimenta il pensiero e guida la parola, dandole forma e contenuto. Apre le porte alle emozioni, aiuta a trovare una strada, ricompone ferite sommerse e silenti

Ecco per tutti alcune riflessioni degli studenti sulle letture estive


UOMINI SOLI di Attilio Bolzoni

Attilio Bolzoni, giornalista di “Repubblica”, scrive di mafia dagli anni Settanta e
ha conosciuto molti dei protagonisti dei suoi libri. In questo testo si racconta la
vita di Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino, tutti uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la
criminalità organizzata. Le storie ripercorrono gli anni più duri della lotta contro
la mafia della Sicilia; da La Torre, che fu il primo a parlare di “Mafia”, a
Borsellino, che prima della sua morte aveva scoperto l’esistenza di una
trattativa Stato-Mafia. Tutti i protagonisti delle storie sono stati uccisi da Cosa
Nostra e tutti sono stati lasciati soli dallo Stato e, spesso, dal popolo.
Ho scelto di leggere questo libro spinto dalla curiosità verso il tema della lotta
contro le mafie. L’autore nel libro riesce a raccontare la vita degli “uomini soli”
in modo molto dettagliato, riuscendo (la maggior parte delle volte) a rendere
comunque piacevole la lettura. A tratti commovente, è una lettura da
consigliare a chi vuole intraprendere per la prima volta la conoscenza
dell’argomento o a chi la vuole approfondire. Ciò che rimane di più dopo la
lettura del libro è un grande sconforto, accompagnato dalla voglia di cambiare
qualcosa. (Matteo La Rosa, 4 A)


La Metamorfosi di Franz Kafka
“Quando Gregor Samsa una mattina nel suo letto si svegliò da sogni inquieti,        si ritrovò trasformato in un immane insetto”

Sono proprio queste le prime righe del celebre racconto di Franz Kafka, uno degli incipit più noti della letteratura del Novecento. Il periodo non costituisce né una connotazione simbolica, né una metafora, ma un dato surreale all’interno della dimensione reale. Gregor Samsa è un commesso viaggiatore, conduce una vita ordinaria, vive con i genitori e la sorella e rappresenta l’unico membro della famiglia finanziariamente indipendente, motivo per il quale assume un ruolo decisivo ed impegnativo all’interno del nucleo familiare. L’apparente quiete e la quotidianità della famiglia Samsa sono destinate a frantumarsi in una grigia e piovosa mattina dopo incessanti incubi del giovane Gregor che, al suo risveglio, comprende che i sogni angosciosi, i tormenti notturni e le preoccupazioni sono diventati realtà. Una metamorfosi narrata all’inizio del racconto, ma che in realtà potrebbe rappresentare il punto di arrivo di un’esistenza difficile, grigia e pesante. Sono proprio questi i motivi che mi hanno condotta ad immergermi nella lettura del racconto; realtà e assurdità narrati insieme danno vita a questo noto romanzo

L’aspetto che più mi ha sorpresa  è il modo in cui Gregor Samsa vive con estrema naturalezza il suo stato, un’accettazione ed una naturalezza che non ritroviamo nella famiglia del giovane, avvolti al contrario da spavento e ripugnanza. Io stessa ho avvertito una dimensione di lentezza, un progressivo e inarrestabile esaurimento della volontà di vivere, di cambiare, di trovare una soluzione che riporti la vita del giovane Gregor alla normalità. Improvvisamente la quotidianità del giovane si spezza, il suo adesso è un viaggio immobile e statico con unica meta l’autodissoluzione. Gregor è oramai proiettato in un universo paradossale ed è consapevole di non possedere più alcuna libertà; la sua camera piena di affetti personali diventa esilio e tomba. L’elemento che più mi ha colpita è la filosofia con cui Gregor Samsa affronta questa ripugnante metamorfosi, che sembra rappresentare insieme colpa e liberazione. Nonostante le terribili fattezze di Gregor, la sorella Grete Samsa, almeno per un certo periodo, mantiene un rapporto umano con l’insetto; è lei che riordina la stanza del fratello, gli porta del cibo e manifesta qualche affettuosa osservazione, riuscendo ad andare oltre all’orrore, allo spavento e alla diversità prendendosi cura del fratello nonostante la sua terribile trasformazione.
Sebbene La metamorfosi rappresenti un capolavoro dello scrittore praghese Kafka, non condivido l’accettazione del giovane Gregor Samsa della sua condizione ed il prevalere del senso di colpa, l'autodistruzione e l’assente speranza. L’atteggiamento premuroso della sorella Grete che, subendo il potere del tempo, muta diventando indifferenza ed intolleranza; l’insensibilità della famiglia, l’abbandono di un figlio, l’incomprensione, sono tutti elementi e comportamenti che, a mio avviso, trascinano il lettore in una pesante angoscia. Io stessa condivido il giudizio negativo che Kafka ribadisce più volte in alcune lettere riguardo il finale agghiacciante del racconto: la famiglia Samsa ritrova, dopo la scomparsa di Gregor, un gusto per la vita, calma ed apparente equilibrio e tranquillità, il tutto adornato da una disumana indifferenza per la perdita di un familiare. 
Un finale definito da Kafka “illeggibile”. Credo sia un finale privo di sensibilità e tutto il racconto rappresenta un climax  di indifferenza, privo di speranza, un viaggio che avrebbe condotto alla morte solitaria del giovane costretto a vivere i suoi ultimi attimi privo d’amore e all’interno del corpo di un terribile insetto. La Metamorfosi è un racconto breve ma davvero molto intenso, motivo per il quale consiglierei sicuramente questa lettura a chi, come me, vuole addentrarsi in qualcosa di “diverso”, riflettendo sul mondo che ci circonda, i rapporti umani, l’angoscia e il senso del dovere, la società materialista e consumista in cui viviamo. (Roberta Di Mauro, VC)


Preghiera del mare di Khaled Hosseini


Ho scelto di leggere questo libro perché inizialmente mi ha colpito il titolo e man 
mano che lo sfogliavo ho visto delle immagini che mi hanno fatto capire l’argomento
trattato: l’immigrazione, una delle problematiche più gravi che affliggono nel nostro
paese. Il libro mette in risalto il punto di vista di un padre che sta lasciando il
suo paese insieme alla moglie e al figlio.
“Preghiera del mare” è una lettera di un padre che scrive al figlio ed è proprio per
questo che mi ha colpito particolarmente, lasciandomi un mix di rabbia, tristezza e
frustrazione. Per le ingiustizie che queste persone devono subire, per il fatto di
dover mettere in pericolo le loro vite per salvarsi da una condizione già pericolosa.
Oltre a queste sensazioni sono rimasta sorpresa che un libro 
apparentemente così
semplice, che alterna immagini e frasi brevi, 
mi abbia invece lasciato così tanto, facendomi 
riflettere su una realtà di cui sentiamo parlare quasi tutti i giorni ma su cui
spesso sorvoliamo, l’immigrazione con tutti i problemi che comporta;
ma è stato anche spunto di riflessione su quello che può provare un padre per un
figlio, la speranza di riuscire a vederlo fuori da ogni pericolo, il dolore del distacco
dalle origini e la paura di metterlo in altri pericoli. 
E’ proprio per tutti questi motivi
che lo consiglierei ad un amico. (Maria Marino, 4 A)


LA TEORIA DEL TUTTO di STEPHEN HAWKING

Sono sempre stato un appassionato di fisica, di tutto ciò che la riguarda e, in particolare, dell’astrofisica. A scuola quest’anno abbiamo studiato, tra le altre cose, proprio questo ramo della fisica e quindi, quando mi sono trovato a dover scegliere quale libro leggere durante l’estate, sono stato  attratto particolarmente da “La teoria del tutto” di Stephen Hawking.
Molto chiaro e dettagliato nelle spiegazioni, Hawking inizia il libro con un excursus storico riguardo lo studio dell’universo, citando anche diversi filosofi tra cui Aristotele, per poi concluderlo con una serie di sue teorie e ragionamenti che comprendono principalmente la relatività generale e la meccanica quantistica. Interessante è come, nei discorsi di Hawking, sia sempre presente l’elemento metafisico, ovvero l’intervento di Dio all’inizio dell’universo. Tale intervento, però, non viene messo in discussione, ma si ragiona su come sia avvenuto.
Questo libro mi ha sicuramente chiarito le idee su diversi concetti riguardo gli studi sull’origine dell’universo ma, purtroppo, non sono ancora in grado di capire alcuni riferimenti a leggi o concetti teorici che non ho ancora studiato. E’ mia intenzione, tuttavia, approfondire tali teorie anche al di fuori dello studio prettamente scolastico.
Consiglio questo libro a chiunque sia già arrivato a studiare la meccanica quantistica in modo che possa capirlo a fondo, ma in generale a qualsiasi appassionato di astrofisica. “La chiarezza di Hawking nello spiegare la complessità del cosmo -infatti- è unica. (Gaetano Grasso, 4 A)

Psicopatologia della vita quotidiana 
di Sigmund Freud
Ho deciso di leggere il testo di Freud dal titolo 'Psicopatologia della vita quotidiana' perché mi hanno incuriosito i temi di cui egli tratta. Credo che studiare e approfondire le conoscenze sul funzionamento della mente umana sia molto affascinante: l'approccio psicoanalitico è uno dei più interessanti per farlo.
In questo testo Freud parla, attraverso argomenti scientifici, dei lapsus e dei fenomeni ad essi collegati. Il dato fondamentale è che tali atti avvengono senza una diretta, cosciente intenzione da parte della persona che le compie. Il libro è suddiviso in diversi capitoli: alcuni si concentrano sulla dimenticanza (dei nomi propri, parole straniere e sequenze di parole), un'altra parte è dedicata ai lapsus verbali e a quelli legati alla lettura e alla scrittura; le parti finali sono dedicate alle sbadataggini, agli atti mancati e alla credenza alle superstizioni.
Devo dire che mi ha molto sorpreso scoprire come la nostra mente possa avere un meccanismo di costruzione dei significati come quelli riassunti da Freud secondo l'approccio psicoanalitico. Prendendo, fra i molti, un esempio, quello dall'avvocato che raccontava alcune delle confidenze che i suoi clienti gli raccontavano, egli voleva dire che essi gli riferiscono "i loro più intimi guai", ma quello che realmente disse fu "i loro interminabili guai". Questo lapsus rivela che all'avvocato non faceva spesso piacere ascoltare ciò che i clienti avevano da raccontargli perché gli facevano perdere tempo. L'inconscio del professonista aveva fatto affiorare un contenuto che egli non voleva far sapere intenzionalmente.
Premettendo che il libro mi è molto piaciuto, vorrei segnalare un problema relativo alla traduzione. Il testo originale in tedesco spesso nasconde delle sfumature e dei dettagli che, attraverso la traduzione, perdono un po' la loro pienezza originale. Naturalmente questo è un aspetto che può essere segnalato in diversi altri titoli della letteratura mondiale.
Mi sento di consigliare vivamente la lettura di questo grande classico di Freud: la psicoanalisi è davvero interessante per il sul procedere in questo campo complesso quale è quello della mente (Greta Famà, 5 C)

la follia è sorella infelice della poesia, sa guardare lontano (Brentano)

Hunger Games di Suzanne Collins
“Hunger Games” è un romanzo di Suzanne Collins. La vicenda si svolge in un futuro post apocalittico nello stato di Panem. Il governo ha sede a Capitol City, attorno alla quale si trovano tredici Distretti. Anni prima vi era stata una ribellione  dei Distretti, fallita miseramente. Il governo, per punirli, distrusse il tredicesimo Distretto e inventò gli Hunger Games. Ogni anno da ciascun Distretto vengono scelti un ragazzo e una ragazza che dovranno partecipare a questi Hunger Games, un gioco mortale: dei 24 partecipanti, solo uno sopravviverà e vincerà, uccidendo tutti gli altri ragazzi.  Ho scelto di leggere questo libro perché’  avevo già visto il film che mi era piaciuto molto. Durante la cerimonia per scegliere i partecipanti agli Hunger Games, all’inizio del romanzo, viene estratto il nome di Prim, sorellina di Katniss, protagonista del romanzo. Mi ha sorpreso il fatto che Katniss, per salvare la bambina, si offra volontaria al suo posto, dimostrando la sua forza e il suo coraggio. Ho riscontrato un po’ troppa superficialità nel descrivere e trattare i personaggi importanti del romanzo. Consiglio Hunger Games ai ragazzi, perché presenta una lettura molto scorrevole, senza grandi colpi di scena, ma allo stesso tempo capace di rapirti (Simone Cavallaro 4A) 
                                                                                                                                                        
“Il Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx



“Proletari di tutti i paesi, unitevi!” (Karl Marx. Il Manifesto del Partito Comunista, 1848)

“Il Manifesto del Partito Comunista”  venne pubblicato a Londra, in lingua tedesca, nel 1848, da Marx ed Engels. Si tratta di un testo programmatico, di mobilitazione politica, dunque scritto nella forma di un programma politico e filosofico, ma acquista maggiore importanza dal punto di vista storico, dovutamente alla vicenda che ne riguarda la genesi. La pubblicazione dell'opera coincide infatti con i moti rivoluzionari del ‘48. Di fronte all’affermazione delle grandi ideologie socialiste e rivoluzionarie di questo periodo, Marx ed Engels propongono una novità ancora più radicale: essi si fanno promotori di un nuovo socialismo, quello scientifico, che a differenza del socialismo utopistico, basato su teorie e principi astratti, ha un solido fondamento economico e filosofico. Il nucleo centrale sul quale si fonda il socialismo scientifico, e dunque l'intera opera, consiste nella visione materialistica della storia, intesa come un continuo susseguirsi di "lotte di classe".
Nel corso della storia abbiamo assistito ad una semplificazione dei rapporti sociali creati dallo stesso lavoro dell'uomo. Se dal rapporto schiavo-padrone siamo passati al rapporto tra feudatari e servi della gleba medievale, nella società moderna dell'800 i protagonisti rimasti a combattere questa lotta sono rappresentati da sole due grandi classi: la borghesia e il proletariato.
Marx inizia la sua analisi a partire dalla borghesia e ne descrive i meriti e limiti. Marx ammette che la borghesia, ovvero quella minoranza di persone che detiene la proprietà privata dei mezzi di produzione, è senza dubbio una classe rivoluzionaria; si è resa promotore di guerre per ottenere libertà economiche e diritti politici, i capitalisti borghesi hanno unificato il mondo, hanno creato un mercato globale, hanno favorito lo sviluppo del commercio, della navigazione e dell'industria. (“La grande industria ha creato il mercato mondiale, il cui avvento era stato preparato dalla scoperta dell'America. Il mercato mondiale ha dato uno smisurato impulso allo sviluppo del commercio, della navigazione, delle comunicazioni terrestri. Tale sviluppo ha a sua volta retroagito sulla crescita dell'industria”).
Insomma, la borghesia ha sempre avuto un ruolo rivoluzionario nella storia, ma alla sua ascesa è corrisposto inevitabilmente lo sviluppo del proletariato, quella massa di lavoratori salariati che è costretta a lavorare nelle fabbriche per guadagnarsi da vivere, in quanto i capitalisti, senza i proletari, non avrebbero guadagnato nulla. L'espansione del capitalismo ha dunque causato la proletarizzazione universale, ovvero la trasformazione in proletari di tutti coloro che non appartengono alla borghesia. Secondo Marx, pertanto, la sconfitta della borghesia e la vittoria del proletariato sono inevitabili, poiché più cresce la forza della borghesia più essa deve sfruttare per mantenersi, dunque cresce anche il suo antagonista. La borghesia, scrive Marx, ha creato i suoi stessi “becchini”, i suoi “seppellitori”. (“La borghesia non ha solo forgiato le armi che la uccidono; ha anche prodotto gli uomini che imbracceranno queste armi: i lavoratori moderni, i proletari”).
Al proletariato spetta infatti il compito di impadronirsi del potere politico, abolire il capitalismo, realizzando così la missione storica dell’emancipazione umana, dunque della liberazione dell'uomo dall'alienazione portata dal lavoro. L'obiettivo dell'opera è dunque quello di indurre il proletariato ad abbracciare la missione di “seppellitore” del moderno mondo borghese. (“Con lo sviluppo della grande industria viene dunque sottratta sotto i piedi della borghesia la base stessa su cui essa produce e si appropria dei prodotti. Essa produce soprattutto i suoi propri becchini. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono ugualmente inevitabili”).
Nella lotta di classe, le classi oppresse devono perciò muoversi per riassumere libertà e dignità.
“Il Manifesto del Partito Comunista” è un'opera che consiglio davvero a tutti, un’opera che mi ha particolarmente affascinato per la sua attualità e lungimiranza, un'opera valida anche e soprattutto oggi, quando, a quasi 200 anni dalla sua pubblicazione, la crisi capitalistica e la condizione di miseria per milioni di giovani e di lavoratori, hanno reso attuale la questione del socialismo. Sono molto soddisfatta della scelta di quest’opera, e mi auguro di poter approfondire l’argomento nel corso di quest’anno scolastico ( Daniela Nizeti Panebianco, 5C)