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domenica 29 settembre 2019

orfismo e metempsicosi


“L’orfismo è il più grande fenomeno religioso di carattere mistico che si affacci alla Grecia del sec. VI, in quel secolo così importante per la storia religiosa del mondo, giacché in esso vediamo sorgere Confucio e Lao-Tse in Cina, il Buddha nell’India, Ezechiele tra gli Israeliti, Zarathustra nell’Iran, Pitagora tra gli Elleni”
Nicola Turci, “Le religioni misteriosofiche del mondo antico”,1923 


" I racconti ‘orfici’ che ci sono giunti ritengono che nel corpo dell’uomo ‘abiti’ un’anima immortale, capace sin da ‘viva’ di conoscere il mondo divino da cui proviene e a cui tende a ritornare dopo la Morte. Essi ripercorrono sostanzialmente la via della cosmogonia esiodea. Infatti l’idea di fondo è la stessa: quella che il mondo ‘ordinato’ che noi conosciamo è nato  da un caos originario che si è andato evolvendo verso il mondo attuale.
Per gli orfici tre sono le forze primordiali: la Vita (Zas, da zèn = vivere), il Tempo(Chrόnos) e la Materia (Chtoniè). Sono queste le potenze che ordinano il Mondo, dopo, però, una lotta tra Chronos ed il Serpente del Male, Ophioneus, che è il principio del caos (Orig., C. Celsum, 6, 42, [40]).
Il corpo  ‘racchiude’, ‘vincola’, ‘limita’ un principio spirituale che è di origine divina; è così la ‘tomba’, il ‘carcere’, dell’anima.
L’uomo che vuole conoscere la sua vera natura deve separare la sua coscienza dal corpo e dai suoi bisogni, e per ciò stesso allontanarsi da ogni passione giacché l’essenza di essa è quella di un forza sottile, invisibile ma violenta, capace di sottomettere la coscienza alla sola dimensione materiale, tutta espressa nei bisogni corporei.
Lo spirito non deve essere ‘violentato’ dal corpo.
Per questo la parola ‘passione’ indica il subire violenza ed il soffrire; la libertà interiore, insomma, si ottiene solo con la vittoria del principio spirituale su ogni malvagità ‘titanica’. Di conseguenza vita morale e vita spirituale coincidono.
L’Uomo ha ‘dimenticato’ la sua vera natura nel momento in cui la sua anima è precipitata in un corpo, cioè nella densità e oscurità della Materia: per questo l’unico rimedio possibile è nel Ricordo, nella Memoria.
Si può capire così il senso profondo del gioco di parole tipico dell’orfismo per il quale il corpo soma (σωμα) è anche sèma (σήμα), cioè ‘tomba’.
Da tale tomba l’anima può e deve svincolarsi e ‘risorgere’
Per ‘purificarsi’, cancellare quel peccato originale, l’uomo deve dunque affrancarsi dal corpo, dai suoi limiti, dalle sue passioni, dalla sua cieca e abbrutente concupiscenza.
L’uomo deve vivere una vita ‘pura’, cioè moralmente ispirata al Bene, iniziaticamente volta a riconoscere il seme divino che è in lui.
Ma tale ‘purificazione’ che è anche una ‘liberazione’ dal carcere corporeo non può avvenire, di norma, in una sola esistenza.
L’anima che precipita nel buio della materia per ascendere di nuovo ha bisogno di numerose esistenze.
La metempsicosi è inevitabile ma deve essere intesa come un cammino che può volgere ad una meta positiva poiché la liberazione, quando viene conseguita compiutamente, solleva l’anima alla Gioia Suprema propria dell’uomo che conquista la condizione degli dèi: quella della Immortalità e della Felicità.
In Terra solo l’iniziato può ‘indiarsi’ ed avere, nell’estasi, cioè quando l’anima riesce ad uscire dal corpo, baluginii di quella Luce.
Tuttavia, solo uscendo radicalmente dal ciclo delle nascite (ho kyklos tès ghenéseos) che procede secondo la ruota del Destino (ho tés Moiras trochόs) egli può riconoscersi ‘Figlio di Dio’".

L'orfismo inserì il dualismo iranico nel quadro del culto dionisiaco. 
Dioniso divenne il principio del bene e i Titani che lo uccisero quello del male. L'uomo, formato dalle ceneri dei Titani, che avevano ucciso e divorato Dioniso, porta in sé un dualismo: il bene, che venne mangiato dai Titani e il male che procede da loro.
Platone recepì dall'orfismo la credenza della reincarnazione, ma rifiutò nel “Simposio” il mito orfico, classificando Orfeo non come un vero amante. Un vero amante si sarebbe dato la morte per scendere nell'Ade dall'amata Euridice, uccisa dal morso di un serpente. La sua morte per mano dei Titani è anti-eroica, perché ha voluto forzare le leggi dell'Ade con l'incantesimo musicale, egli è uno che usa la parola nella ricerca della doxa (la gloria), e non nell'episteme (la conoscenza). Platone accolse il dualismo orfico tra l'anima con il corpo, ma in maniera temperata, non riconduce il corpo ad un principio creatore malvagio, ma ad una condizione di esistenza punitiva per peccati antecedenti, cosa che è presente nell'orfismo, ma, appunto, in aggiunta alla concezione di un corpo proveniente da una realtà malvagia. Ovviamente, il mito di Orfeo che scende nell'Ade era letto dagli orfici come desiderio di forzare i cancelli dell'Ade con l'incanto musicale, che è un potere senza violenza. Tutto fallì perché Orfeo si voltò indietro per vedere se Euridice lo seguiva e così mancò al patto stabilito con il dio Ade presso il quale aveva agito la moglie Persefone, incantata e commossa dal canto di Orfeo.


Con riferimento al Dioniso, dio dell'uva e del vino, nacquero tali culti misterici, che rientrano nell' ambito della religiosità greca, anche se il culto ha origini traciche (nasce nella Tracia).

Il mito di Dioniso è uno dei più ricchi e complessi: secondo una narrazione era figlio di Semele e di Zeus, nato dalle ceneri della madre e portato sull'Olimpo da Zeus. Qui la gelosia di Era, moglie di Zeus, lo fece impazzire e da allora peregrinò nelle regioni dell'Africa e dell'Asia, seguito da satiri e menadi. In questo girovagare incontrò Arianna, abbandonata da Teseo, la sposò e ottenne per lei l'immortalità da Zeus. Infine giunse in Frigia dove la dea Cibele lo iniziò ai misteri.

Secondo un altro racconto, invece, Era, gelosa, incaricò i Titani di ucciderlo e, benché Dioniso si fosse tramutato in toro, quelli portarono a termine l'impresa, concludendola anche con un macabro pasto, ma alcuni resti furono raccolti da Apollo che li pose nel suo tempio a Delfi. Defunto, Dioniso scese agli inferi in cerca della madre Semele, la ricondusse sulla terra e poi sull'Olimpo.

Tutti questi miti della vita di Dioniso spiegano i caratteri della venerazione di questo dio e dei culti che a lui si richiamano. Innanzi tutto Dioniso è visto come dio liberatore dell'energia vitale, colui che torna dall'oltretomba alla vita. Inoltre la follia del dio era rivissuta attraverso l'ebbrezza come mistica esaltazione ed estasi: nelle cerimonie i seguaci (baccanti) addobbati con pelli di animali, incoronati con corone di pampini, danzavano e suonavano al ritmo del ditirambo e al grido di «eueu».
«L'estasi era considerata una sorta di preludio alla partecipazione del fedele allo spirito divino..., gli adoratori erano convinti infatti che "l'ossesso" fosse posseduto dal dio, come fa intendere il verbo enthusiasmein, che significa essere posseduti dal dio». Un altro elemento del culto dionisiaco è l'omofagia, cioè il cibarsi di carni crude di animali, dilaniati a mani nude, anche in questo caso per ricordare la vita del dio e simboleggiare l'unione con lui.

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