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domenica 30 agosto 2020

L'immigrazione perenne degli esseri umani

 



post di Maria Marino

classe 5 A

Ho scelto questa lettura perché l’immigrazione è uno dei problemi del nostro paese, che si ritrova ad affrontare continui sbarchi di persone che lasciano la loro terra  per trovare condizioni di vita migliori qui in Italia. Oggi sono soprattutto africani e siriani che arrivano in massa nel nostro paese affrontando viaggi che sembrano proprio un’odissea. In passato tuttavia anche parte del popolo italiano, in massa sopra grandi navi, “sporchi come maiali”, additati come “una maledetta razza di assassini”, si è trasferito non sempre legalmente nella grande America, con la speranza di arricchirsi.

Quando gli immigrati eravamo noi vendevamo i bambini “ai novelli negrieri, i quali a loro volta affittavano ai vetrai questi schiavi bambini incassando lo stipendio di tutti”; gestivamo la tratta delle bianche e il business della prostituzione; seminavamo il terrore anarchico e venivamo linciati come ladri di posti di lavoro.

Questo saggio mi ha lasciato la consapevolezza di quanto poco oggi sappiamo della nostra storia ma anche di quanta sofferenza c’è dietro il coraggio di una persona che cerca di migliorare la propria vita, al costo di forti umiliazioni.

L'aspetto che più mi ha sorpreso è stata la nostra somiglianza con gli immigrati di oggi. Isolati, additati, violenti, etichettati come mafiosi, costretti spesso alla musica di strada. Interessanti sono stati  i vari inserti: quello che riguarda le vignette sarcastiche sugli italiani in America, spesso raffigurati come girovaghi musicisti accompagnati da una scimmietta, oppure come persone le cui salme erano degne solo dei bidoni dell’immondizia. Un altro inserto riguarda dei passi di vari articoli di giornali con titoli molto ostili e spietati, per esempio “i peggiori rifiuti d’Europa”; “pigri, venali e camorristi”; “madri maledette dai figlioletti venduti”; “convinti che tutto sia loro dovuto”; “credono che bagno sia una brutta parola”; “lo stesso coltello per tagliare il pane e la gola”. Un terzo inserto riguarda un piccolo dizionario dei nomignoli più insultanti che ci sono stati dati nei paesi in cui è stata forte la presenza dei nostri emigrati: Babis (rospi) in Francia, Guinea (africani) in Usa, Ding (cane selvatico australiano) in Australia, Ithaker (vagabondi come Ulisse) in Germania.

Non c’è una cosa in particolare che non mi sia piaciuta. Magari, non essendoci una storia raccontata, in certi momenti la lettura potrebbe risultare un po’ pesante. Ma, vista l’attualizzazione del tema, nel complesso  il saggio risulta interessante.

Consiglierei questo libro ad un amico per le nuove conoscenze e quindi per la consapevolezza che lascia dopo la lettura, resa ancor più concreta dagli inserti presenti.

essere senza destino



 post di Denis Impieri

classe 5 A

Nel corso di questa estate ho letto il libro dell’autore ungherese  Imre Kertész Essere senza destino, nel quale viene descritta la sua tragica esperienza nei campi di concentramento all’età di 15 anni. La curiosità nel leggere questo libro è nata dal fatto di poter conoscere e approfondire le dinamiche e gli avvenimenti che gli ebrei hanno dovuto sopportare e subire in quello che poi, l’Olocausto, è diventato l’evento più straziante e terrificante che ancora continuiamo a ricordare per evitare di cadere in quell’errore che ha portato la morte di milioni di persone, attraverso  sottomissioni e  umiliazioni fuori da ogni logica. Leggendo il romanzo si riesce a capire sin dalle prime pagine la realtà  come viene proposta da un ragazzo di 15 anni che ha dovuto affrontare la vita così come gli è stata data, senza avere alcuna possibilità di riscatto o un motivo che giustificasse tutto quello che accadeva. Una tra le cose che mi hanno sorpreso di più è stata la sua volontà e determinazione nell’affrontare le circostanze e nel vivere tutto come se fosse “naturale”. Questa parola, naturale, inizialmente avevo difficoltà a comprenderla, perché era posta in qualsiasi nuova esperienza del ragazzo come: “è naturale che tutti quelli con la stella gialla devono andare in un campo di lavoro” ma ho poi capito che per  naturale egli intendeva ciò che all’epoca veniva presentato come qualcosa di comune e giusto. Il romanzo sicuramente mi ha lasciato con diversi interrogativi sui motivi che hanno portato a compiere azioni spregevoli su una “razza ritenuta inferiore”, ma che comunque erano e rimanevano degli esseri umani. Ho letto il romanzo  con particolare attenzione e non trovo qualcosa che non mi sia piaciuto. Per questo lo consiglio, per poter sensibilizzare tutti i ragazzi soprattutto in questi ultimi anni, poichè i telegiornali ci consegnano notizie atroci sugli errori umani che ancora attraversano il mondo e le nostre vite e coinvolgono spesso molti miei coetanei.

1984, la distopia che diventa denuncia



 post di Marina Cozzubbo

5 A

“1984” di George Orwell nasce dalle ceneri della seconda guerra mondiale da poco conclusasi con il suo tragico e triste primato. Scritto nel 1948 (è evidente che lo scrittore inverte le ultime due cifre dell’anno di pubblicazione), tre anni dopo “Animal Farm”, “1984” ha lo scopo apparente di mettere in guardia, spiegando i meccanismi con cui viene esercitata una certa “pressione” dal sistema, con la conseguente oppressione dell’essere umano che porta alla disumanizzazione e all’annientamento dell’individualità.

Nel 1984 la Terra è divisa in tre potenze guidate da regimi totalitari: Eurasia, Estasia e Oceania, coinvolte in una guerra nucleare. Oceania è guidata da un Partito Unico, secondo l’ideologia del Socing (socialismo estremo). I cittadini sono sottoposti a un continuo controllo sulle azioni e sui pensieri: dovunque sono disseminate telecamere e microfoni finalizzati a individuare ogni minima forma di dissenso nelle espressioni o nelle parole, mentre manifesti e schermi mostrano l’immagine baffuta del “Big Brother”, il volto del partito, i cui occhi sembrano seguire ognuno con il monito «Big Brother is watching you». Il volto con cui il Partito si mostra al popolo è un omone con dei folti baffi chiamato “Grande Fratello”, che, è chiaramente somigliante al dittatore sovietico Stalin. Paradossalmente, questi è onnipresente e invisibile; per mezzo di schermi, telecamere e microfoni installati nelle case e per le vie della città, ogni singolo individuo viene ascoltato e osservato ininterrottamente. Allo stesso tempo, il leader del Partito è una presenza estremamente misteriosa: nessuno pare averlo mai incontrato di persona, nonostante il suo aspetto sia ben noto all’intera comunità. Il suo viso, difatti, è ovunque. Il Partito – analogamente al Partito Comunista guidato da Stalin – adotta un massiccio sistema di propaganda per indottrinare il popolo.

Le strutture di governo sono quattro ministeri: quello della Verità che si occupa «della stampa, dei divertimenti, delle scuole e delle arti», in realtà falsifica i mezzi d’informazione; quello della Pace che si occupa della guerra; quello dell’Amore che «mantiene l’ordine e fa rispettare la legge», che si occupa di reprimere il dissenso; quello dell’Abbondanza, «responsabile dei problemi economici» che mira a mantenere la povertà tra i cittadini per indebolirne le capacità di reazione. Lo scopo è indurre il popolo ad “ubbidire senza pensare”, uno scopo perseguito con mezzi che vanno dal controllo del ruolo di ciascuno nella società all’inibizione delle capacità di ragionamento. La distruzione dell’individuo avviene con il suo continuo assorbimento in eventi collettivi organizzati dal governo, tanto che anche passeggiare da soli diventa pericoloso. Tuttavia nella massa è impedita una vera forma di comunicazione: la lingua del regime è il Newspeak, un linguaggio artificiale epurato da ogni riferimento al pensiero astratto, ridotto a un vocabolario base di connotazione infantile. Se il pensiero è parola, il Newspeak appiattisce il pensiero stesso, rende i cittadini incapaci di discernere il bene dal male. Tutti sono manipolati dalla logica del bipensiero, per cui un concetto può essere anche il suo perfetto contrario e negare sé stesso, come nello slogan «la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». L’affermazione del Newspeak è accompagnata dalla distruzione delle opere letterarie del passato e la loro sostituzione con poesie e romanzi prodotti in serie da macchinari.

In questo contesto alquanto tetro si sviluppa la vicenda di Winston Smith, un impiegato al ministero della Verità che vive con malessere la sua condizione nel regime. Presto i suoi sentimenti a lungo repressi e il suo desiderio di libertà prendono forma nella redazione di un diario e nell’amore per Julia, una ragazza che condivide i suoi stessi sogni. La volontà di godere della libertà di vivere e amare li spinge ad unirsi ad un gruppo segreto di dissidenti. Il capo del gruppo si rivelerà tuttavia essere una spia del governo. Sottoposti a torture fisiche e mentali, i due si tradiscono a vicenda. Il lavaggio del cervello è stato compiuto, non rimane che l’amore e l’ammirazione per il Grande Fratello.

“1984” di Orwell è definito romanzo distopico. Se l'utopia è la prospettiva ideale, un mondo ipotetico troppo perfetto per potersi realizzare, la distopia è il suo contrario: la proiezione negativa portata all’estremo. L’ambientazione dei romanzi distopici è sempre un futuro in cui vengono esasperate le problematicità della società attuale, spesso, infatti, dietro a questi romanzi si cela una critica nei confronti del mondo in cui viviamo.

Il romanzo 1984 contiene tutte le conclusioni di George Orwell sulle società totalitarie. Il mondo che ricrea in questo romanzo ha ispirato il termine orwelliano utilizzato per riferirsi a queste società. In esso, affronta concetti come la manipolazione del linguaggio, il controllo mentale e l’abuso di potere. Attraverso la distopia, lo scrittore è riuscito a delineare un futuro terrificante al quale non vorremmo mai arrivare. Nella società distopica di Orwell è imposto il pensiero unico grazie al “Ministero della Verità”; eppure Winston trova un angolino cieco alle telecamere e inizia a tenere un diario, oltre ad innamorarsi e fare sesso con una donna, Julia, nonostante il sesso sia visto dal Grande Fratello solo come atto volto alla procreazione.  Quando Julia e Winston vengono catturati, il partito applica, oltre a torture fisiche, un processo di condizionamento chiamatola logica del Bispensiero, secondo cui bisogna imparare a sostenere contemporaneamente tesi antitetiche: ri-apprendimento, comprensione ed accettazione per costruire una realtà alternativa.

ll romanzo condensa i tratti della letteratura distopica: così come la guerra ha frantumato in un’umanità distrutta ogni speranza nel progresso, così la letteratura non può più alimentarsi di un immaginario utopico, ma ha l’esigenza di cercare la verità svelando i meccanismi perversi della società postbellica. La Seconda Guerra Mondiale ha segnato una cesura con il passato. Le nuove tecnologie ed i mezzi di comunicazione sono stati utilizzati dagli schieramenti non per creare ponti, non per “comunicare”, ma per occultare ed uccidere. L’uomo, da membro di una società, si è ritrovato ad essere un ingranaggio all’interno di una “macchina della morte” mossa dagli interessi di partiti senza volto. Il romanzo di Orwell è spesso definito come fantascientifico, ma è evidente, in effetti, che esso affondi le sue radici nella storia contemporanea.

1984 non è fantascienza, è denuncia. È l’urlo del pensiero critico contro un Newspeak che, oggi come allora, si sta impadronendo dei mezzi di comunicazione.  

Con 1984 Orwell ha lasciato ai posteri immagini di un futuro cupo, e a me un messaggio di speranza: la letteratura e la cultura sono davvero l’unica utopia possibile ed è solo scrivendo, leggendo e pensando che il “suo” 1984 non si avvererà mai.


post di Alfio Gallo

5 A

Ho deciso di leggere questo romanzo perché ne avevo sentito parlare  bene da molte persone, sia a scuola che tra amici. In molti ne erano stati affascinati per diversi motivi e così ho decsio che prima o poi lo avrei letto. Alla fine le mie aspettative non sono state deluse.

È indubbiamente sorprendente come lo scrittore abbia ideato e creato l’organizzazione politica di un possibile stato totalitario basato sul “socing” (ovvero “socialismo inglese”) con propri ministeri, organizzazioni cittadine e slogan del partito. La scelta di narrare le vicende dal “basso”, ovvero attraverso gli occhi di un cittadino, è propedeutica allo scopo principale del romanzo: la critica verso il regime totalitario. Infatti agli occhi di un uomo ancora legato ai ricordi del passato sono visibili le assurdità a cui  sta andando incontro pur di apparire fedele al partito. Mi è rimasto particolarmente impresso il modo in cui Orwell descrive quella pressione psicologica che viene attuata sui singoli cittadini dal partito, così efficace da far piegare le menti e capace di intaccare la stessa natura umana e l’integrità mentale, tutto allo scopo di creare uomini completamente fedeli al partito e così di garantirne la perpetuità.

Questo è un libro che, a mio parere, vale davvero la pena leggere perché tratta argomenti di una certa importanza e spesso può dar spunto a discussioni su argomenti che potrebbero rivelarsi  attuali. Sebbene la narrazione possa sembrare pesante e poco scorrevole in alcuni punti, il racconto non manca di parti veramente interessanti e di altrettanti colpi di scena che spingono a continuare la lettura.


 post di Carlo Baldelli

classe 5 A

Ciò che descrive Orwell è un futuro distopico in cui le ideologie fasciste e comuniste sono portate ai loro estremi: una società in cui ogni attitudine al pensiero e la libertà individuale sono state estirpate e in cui la storia è stata definitivamente cancellata in favore di un eterno presente. "Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato" è solo uno degli slogan del Partito, che rappresenta in modo semplice quanto sia efficace la condizione di sottomissione a cui gli uomini sono soggetti. 

Ciò che mi ha lasciato questa lettura è stata una maggiore consapevolezza dell'importanza delle libertà umane e di come queste possano fare la differenza tra uno stato totalitario e un moderno stato democratico, ma al tempo stesso mi ha fatto rendere conto di quanto possa essere fragile l'uomo. "Davanti al dolore non ci sono eroi" è una delle frasi che mi è rimasta più impressa, perché non solo ci fa malinconicamente riflettere sulla debolezza di un singolo individuo di fronte alla maggioranza, ma anche sulla necessità dell'uomo si associarsi in comunità in cui vi sia il rispetto delle libertà di natura. 

Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal modo in cui una società del genere è stata rappresentata in modo così realistico ed immersivo. Winston Smith, un uomo di mezza età, fragile e vigliacco, di cui non ci vengono fornite molte informazioni, è uno degli eroi più improbabili della narrativa moderna, ma è anche uno dei più convincenti. È grazie a lui che possiamo immergerci nel romanzo e farci sembrare credibile un mondo che non ci appartiene, in cui noi siamo "l'errore nel sistema". 

Non c'è nulla che non mi sia piaciuto del libro; ha tensione, colpi di scena e un' ottima trama e,nonostante il finale possa sembrare un po' troppo malinconico, esso è in effetti l'unica conclusione plausibile e coerente agli obbiettivi di Orwell. 

"1984" descrive un mondo che non si è mai formato, ma che per i contemporanei di Orwell era l'unico futuro realizzabile: pertanto ha in sé le ideologie e la morale di un'intera generazione che non è troppo distante dalla nostra. Per questi motivi "1984" è un libro che vale la pena leggere, 'a mani basse' un capolavoro immortale della narrativa moderna.


post di Flavio Zinno

classe 4 E

“L’Utopia di Platone è più terrificante di quella di 1984 di Orwell, perché Platone auspica che si realizzi quel che Orwell teme possa avvenire” afferma Arthur Koestler. Orwell ricrea in 1984 alcuni tratti della società comunista auspicata da Platone; Orwell, infatti, struttura la società in Alti, Medi e Bassi come Platone in Governanti, Guerrieri e Lavoratori; inoltre, in entrambe le società le unioni matrimoniali vengono stabilite dallo Stato solo per la procreazione, è vietata la passione amorosa e sessuale e i figli sono ritirati dallo Stato per essere educati al bene del Grande Fratello e non della famiglia. È dunque evidente come sia presente una critica verso la filosofia platonica e verso qualsiasi altra filosofia di pensiero di un regime totalitario di destra o di sinistra.

Ciò che mi ha lasciato questa lettura è una profonda consapevolezza di quanto sia fresca l’aria di libertà che abbiamo l’opportunità di respirare e che tante volte non apprezziamo, di quanto sia fragile un singolo uomo, nonostante l’immensa determinazione che possa avere, davanti al dolore e rispetto ad una mentalità collettiva profondamente chiusa. Ho apprezzato i passi in cui viene spiegata la formazione del Socing e della società di “1984” che corrisponde in qualche modo alla nascita dei movimenti politici estremi che abbiamo vissuto durante il ventesimo secolo. Ma soprattutto ho apprezzato la scrittura di Orwell semplice e allo stesso tempo complessa che, soprattutto in questo libro, rispetto a “La fattoria degli animali”, ti immerge in una realtà profondamente avversa trasmettendoti la stessa pressione psicologica che il protagonista deve subire, dimostrandosi un libro profondo anche dal punto di vista psicologico e metafisico. 

Non manca niente: l’amore, la filosofia, la storia, la trama, la tensione, l’ambientazione, i colpi di scena. “1984” è sicuramente il libro più bello che ho letto fino ad adesso, uno dei libri più belli che siano stati scritti e un manuale che tutti devono leggere per avere la consapevolezza dell’inferno che abbiamo rischiato che si realizzasse e che ancora oggi si potrebbe realizzare.

 


domenica 23 agosto 2020

Holden e tutti noi

 

Il giovane Holden

post di Valeria Signorino, 4 E


Durante le vacanze estive si sta spesso al mare, sotto l’ombrellone, con gli occhiali da sole e con il telefono, pur non vedendo nulla per la troppa luce. Allora perché si continua a guardarlo? Perché non preferire un buon libro? È tutta un’altra storia: il rumore delle onde e il chiacchierare della gente diventano la colonna sonora del film che stai girando, mentre leggi; la tua mente è il set, il regista e il produttore. Puoi creare un capolavoro cinematografico, che solo tu puoi vedere. E se ti piace lo vuoi far scoprire a qualcun altro, sperando che ciò che si è letto, che si è osservato, possa piacere agli altri. 

Ciò è successo a me, con il romanzo di formazione di Salinger. Il giovane Holden, famosissimo classico della letteratura, scritto negli anni cinquanta, tratta di un periodo della vita di un diciassettenne americano, costretto a trasferirsi per l’ennesima volta in un’altra scuola, dopo vari problemi. Sono stata incuriosita proprio dalla semplicità (apparente) dalla trama e mi sono decisa a leggerlo: una delle letture più interessanti e coinvolgenti, fino ad ora affrontate. Mi sono innamorata dell’atmosfera che si respira, l’inverno, la neve e il cielo scuro, che rispecchiano il senso di vuoto che pervade il ragazzo; ho apprezzato moltissimo il protagonista, Holden Caulfield, e il suo sviluppo. Mi ha sorpreso scoprire quanti temi siano trattati, temi che sono vicini a tutti gli adolescenti: la voglia di fuggire, la solitudine, il disprezzare certi comportamenti ritenuti normali dalla società, la paura dei genitori e l’alleanza con i fratelli. Mi ha fatto sentire a casa, capita e accolta. Non c’è niente che non mi sia piaciuto, perché tutto era perfettamente in armonia con ciò che accadeva. Anche se i finali aperti di solito non li apprezzo, qui trovo sia stato quasi inevitabile una simile conclusione: uno squarcio di vita, lo squarcio decisivo per la crescita di Holden; e poi basta. 

Tutto l’importante era in quel momento.


post di Gabriella Novellini

Ho scelto questa lettura perché mi interessava leggere qualcosa che riguardasse l'adolescenza e il romanzo mi sembrava molto adatto. Ho trovato il suo protagonista veramente interessante. Holden mi ha colpito soprattutto per la personalità originale, tanto che spesso dimostra di avere un modo di pensare diverso da quello della maggior parte dei ragazzi della sua età. Non è facile definire il suo carattere poiché ci sono degli aspetti della sua personalità molto diversi tra loro. Per esempio, se con gli amici e i compagni si dimostra spesso scontroso, con la sorellina è molto dolce e protettivo. Anche quando si riferisce al fratellino Allie mostra di essere un ragazzo molto sensibile.

All'inizio della lettura non credevo che il personaggio di Holden si sarebbe rivelato così complesso. Man mano che si prosegue con la lettura si scoprono aspetti nuovi e alla fine ci si affeziona parecchio a questo ragazzo. Inoltre mi è piaciuto molto il suo modo di parlare direttamente al lettore. Holden racconta infatti le sue vicende in prima persona e riferendosi spesso a chi sta leggendo per renderlo partecipe. Si è creata così una sorta di “amicizia” immaginaria, in cui Holden era l'amico che si confidava e raccontava le sue vicende mentre io lo stavo ad ascoltare. Holden infatti usa un linguaggio molto colloquiale, senza usare termini ricercati, proprio come se stesse parlando a un amico.

Mi ha sorpreso parecchio ciò che ha detto Holden riguardo la lettura: “Leggo un sacco di libri di guerra e di gialli e via discorrendo, ma non è che mi lasciano proprio senza fiato. Quelli che mi lasciano senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.” Non avevo mai sentito dire a nessuno una cosa del genere.

Del romanzo mi è piaciuto praticamente tutto. Ho trovato il finale un po' affrettato, ma tenendo conto che a Holden non è mai piaciuto dilungarsi troppo nei dettagli credo che sia perfetto e che coincida con il carattere del protagonista.

E' un libro che vale sicuramente la pena di leggere in quanto la lettura è piacevole e scorrevole.