5 A
“1984”
di George Orwell nasce dalle ceneri della seconda guerra mondiale da poco
conclusasi con il suo tragico e triste primato. Scritto nel 1948 (è evidente
che lo scrittore inverte le ultime due cifre dell’anno di pubblicazione), tre anni
dopo “Animal Farm”, “1984” ha lo scopo apparente di mettere in guardia,
spiegando i meccanismi con cui viene esercitata una certa “pressione” dal
sistema, con la conseguente oppressione dell’essere umano che porta alla disumanizzazione e all’annientamento dell’individualità.
Nel
1984 la Terra è divisa in tre potenze guidate da regimi totalitari: Eurasia,
Estasia e Oceania, coinvolte in una guerra nucleare. Oceania è guidata da un
Partito Unico, secondo l’ideologia del Socing (socialismo estremo). I cittadini sono sottoposti a un
continuo controllo sulle azioni e sui pensieri: dovunque sono disseminate
telecamere e microfoni finalizzati a individuare ogni minima forma di dissenso
nelle espressioni o nelle parole, mentre manifesti e schermi mostrano l’immagine
baffuta del “Big Brother”, il volto del partito, i cui occhi sembrano seguire
ognuno con il monito «Big Brother is
watching you». Il volto con cui il Partito si mostra al popolo
è un omone con dei folti baffi
chiamato “Grande Fratello”, che, è chiaramente somigliante al dittatore
sovietico Stalin.
Paradossalmente, questi è onnipresente e invisibile; per mezzo di schermi,
telecamere e microfoni installati nelle case e per le vie della città, ogni
singolo individuo viene ascoltato e osservato ininterrottamente. Allo stesso
tempo, il leader del Partito è una presenza estremamente
misteriosa: nessuno pare averlo mai incontrato di persona, nonostante il suo
aspetto sia ben noto all’intera comunità. Il suo viso, difatti, è ovunque. Il
Partito – analogamente al Partito
Comunista guidato da Stalin –
adotta un massiccio sistema di propaganda per indottrinare il popolo.
Le
strutture di governo sono quattro ministeri: quello della Verità che si occupa «della
stampa, dei divertimenti, delle scuole e delle arti», in realtà falsifica i
mezzi d’informazione; quello della Pace che
si occupa della guerra; quello dell’Amore
che «mantiene l’ordine e fa rispettare la legge», che si occupa
di reprimere il dissenso; quello dell’Abbondanza,
«responsabile dei problemi economici» che mira a mantenere la povertà
tra i cittadini per indebolirne le capacità di reazione. Lo scopo è indurre il
popolo ad “ubbidire senza pensare”, uno scopo perseguito con mezzi che vanno
dal controllo del ruolo di ciascuno nella società all’inibizione delle capacità
di ragionamento. La distruzione
dell’individuo avviene con il suo continuo assorbimento in eventi
collettivi organizzati dal governo, tanto che anche passeggiare da soli diventa
pericoloso. Tuttavia nella massa è impedita una vera forma di comunicazione: la
lingua del regime è il Newspeak,
un linguaggio artificiale epurato da ogni riferimento al pensiero astratto,
ridotto a un vocabolario base di connotazione infantile. Se il pensiero è
parola, il Newspeak appiattisce il pensiero stesso, rende i cittadini incapaci
di discernere il bene dal male. Tutti sono manipolati dalla logica del bipensiero, per cui un concetto può
essere anche il suo perfetto contrario e negare sé stesso, come nello slogan «la
guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». L’affermazione
del Newspeak è accompagnata dalla distruzione delle opere letterarie del
passato e la loro sostituzione con poesie e romanzi prodotti in serie da
macchinari.
In
questo contesto alquanto tetro si sviluppa la vicenda di Winston Smith, un impiegato al
ministero della Verità che vive con malessere la sua condizione nel regime.
Presto i suoi sentimenti a lungo repressi e il suo desiderio di libertà
prendono forma nella redazione di un diario e nell’amore per Julia, una ragazza che condivide i
suoi stessi sogni. La volontà di godere della libertà di vivere e amare li
spinge ad unirsi ad un gruppo segreto di dissidenti. Il capo del gruppo si
rivelerà tuttavia essere una spia del governo. Sottoposti a torture fisiche e
mentali, i due si tradiscono a vicenda. Il lavaggio del cervello è stato
compiuto, non rimane che l’amore e l’ammirazione per il Grande Fratello.
“1984”
di Orwell è definito romanzo distopico. Se l'utopia è la prospettiva ideale, un mondo ipotetico troppo
perfetto per potersi realizzare, la distopia è il suo contrario: la proiezione negativa portata
all’estremo. L’ambientazione dei romanzi distopici è sempre un futuro in cui
vengono esasperate le problematicità della società attuale, spesso, infatti,
dietro a questi romanzi si cela una critica nei confronti del mondo in cui
viviamo.
Il
romanzo 1984 contiene tutte le conclusioni di George
Orwell sulle società totalitarie. Il mondo che ricrea in questo
romanzo ha ispirato il
termine orwelliano utilizzato per riferirsi a queste società.
In esso, affronta concetti come la manipolazione del linguaggio, il controllo
mentale e l’abuso di potere. Attraverso la distopia, lo scrittore è riuscito a
delineare un futuro terrificante al quale non vorremmo mai arrivare. Nella
società distopica di Orwell è imposto il pensiero unico grazie al “Ministero della Verità”; eppure
Winston trova un angolino cieco alle telecamere e inizia a tenere un diario,
oltre ad innamorarsi e fare sesso con una donna, Julia, nonostante il sesso sia
visto dal Grande Fratello solo come atto volto alla procreazione. Quando Julia e Winston vengono catturati, il
partito applica, oltre a torture fisiche, un processo di condizionamento
chiamato “la logica del Bispensiero, secondo
cui bisogna imparare a sostenere contemporaneamente tesi antitetiche:
ri-apprendimento, comprensione ed accettazione per costruire una realtà
alternativa.
ll romanzo
condensa i tratti della letteratura distopica: così come la guerra ha
frantumato in un’umanità distrutta ogni speranza nel progresso, così la letteratura non può più alimentarsi di un
immaginario utopico, ma ha l’esigenza di cercare la verità svelando i
meccanismi perversi della società postbellica. La Seconda Guerra
Mondiale ha segnato una cesura con il passato. Le nuove tecnologie ed i mezzi
di comunicazione sono stati utilizzati dagli schieramenti non per creare ponti,
non per “comunicare”, ma per occultare ed uccidere. L’uomo, da membro di una
società, si è ritrovato ad essere un ingranaggio all’interno di una “macchina
della morte” mossa dagli interessi di partiti senza volto. Il romanzo di Orwell è spesso definito come fantascientifico, ma è evidente,
in effetti, che esso affondi le sue radici nella storia contemporanea.
1984 non è fantascienza, è denuncia. È l’urlo del pensiero critico contro un Newspeak che, oggi come allora, si sta impadronendo dei mezzi di comunicazione.
Con 1984 Orwell
ha lasciato ai posteri immagini di un futuro cupo, e a me un messaggio di
speranza: la letteratura e la cultura sono davvero l’unica utopia
possibile ed è solo scrivendo, leggendo e pensando che il “suo” 1984 non si
avvererà mai.
post di Alfio Gallo
5 A
Ho deciso di leggere questo romanzo perché ne avevo sentito parlare bene da molte persone, sia a scuola che tra amici. In molti ne erano stati affascinati per diversi motivi e così ho decsio che prima o poi lo avrei letto. Alla fine le mie aspettative non sono state deluse.
È indubbiamente sorprendente come lo scrittore abbia ideato e
creato l’organizzazione politica di un possibile stato totalitario basato sul “socing”
(ovvero “socialismo inglese”) con propri ministeri, organizzazioni cittadine
e slogan del partito. La scelta di narrare le vicende dal “basso”,
ovvero attraverso gli occhi di un cittadino, è propedeutica allo scopo
principale del romanzo: la critica verso il regime totalitario. Infatti agli
occhi di un uomo ancora legato ai ricordi del passato sono visibili le
assurdità a cui sta andando incontro pur di apparire fedele al partito. Mi
è rimasto particolarmente impresso il modo in cui Orwell descrive quella
pressione psicologica che viene attuata sui singoli cittadini dal partito, così
efficace da far piegare le menti e capace di intaccare la stessa natura umana e
l’integrità mentale, tutto allo scopo di creare uomini completamente fedeli al
partito e così di garantirne la perpetuità.
Questo è un libro che, a mio parere, vale davvero la pena
leggere perché tratta argomenti di una certa importanza e spesso può dar spunto
a discussioni su argomenti che potrebbero rivelarsi attuali. Sebbene la
narrazione possa sembrare pesante e poco scorrevole in alcuni punti, il racconto
non manca di parti veramente interessanti e di altrettanti colpi di scena che
spingono a continuare la lettura.
Ciò che descrive Orwell è un futuro distopico in cui le ideologie fasciste e comuniste sono portate ai loro estremi: una società in cui ogni attitudine al pensiero e la libertà individuale sono state estirpate e in cui la storia è stata definitivamente cancellata in favore di un eterno presente. "Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato" è solo uno degli slogan del Partito, che rappresenta in modo semplice quanto sia efficace la condizione di sottomissione a cui gli uomini sono soggetti.
Ciò che mi ha lasciato questa lettura è stata una maggiore consapevolezza dell'importanza delle libertà umane e di come queste possano fare la differenza tra uno stato totalitario e un moderno stato democratico, ma al tempo stesso mi ha fatto rendere conto di quanto possa essere fragile l'uomo. "Davanti al dolore non ci sono eroi" è una delle frasi che mi è rimasta più impressa, perché non solo ci fa malinconicamente riflettere sulla debolezza di un singolo individuo di fronte alla maggioranza, ma anche sulla necessità dell'uomo si associarsi in comunità in cui vi sia il rispetto delle libertà di natura.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal modo in cui una società del genere è stata rappresentata in modo così realistico ed immersivo. Winston Smith, un uomo di mezza età, fragile e vigliacco, di cui non ci vengono fornite molte informazioni, è uno degli eroi più improbabili della narrativa moderna, ma è anche uno dei più convincenti. È grazie a lui che possiamo immergerci nel romanzo e farci sembrare credibile un mondo che non ci appartiene, in cui noi siamo "l'errore nel sistema".
Non c'è nulla che non mi sia piaciuto del libro; ha tensione, colpi di scena e un' ottima trama e,nonostante il finale possa sembrare un po' troppo malinconico, esso è in effetti l'unica conclusione plausibile e coerente agli obbiettivi di Orwell.
"1984" descrive un mondo che non si è mai formato, ma che per i contemporanei di Orwell era l'unico futuro realizzabile: pertanto ha in sé le ideologie e la morale di un'intera generazione che non è troppo distante dalla nostra. Per questi motivi "1984" è un libro che vale la pena leggere, 'a mani basse' un capolavoro immortale della narrativa moderna.
post di Flavio Zinno
classe 4 E
“L’Utopia di Platone è più terrificante di quella di 1984 di Orwell,
perché Platone auspica che si realizzi quel che Orwell teme possa avvenire”
afferma Arthur Koestler. Orwell ricrea in 1984 alcuni tratti della società
comunista auspicata da Platone; Orwell, infatti, struttura la società in Alti,
Medi e Bassi come Platone in Governanti, Guerrieri e Lavoratori; inoltre, in
entrambe le società le unioni matrimoniali vengono stabilite dallo Stato solo
per la procreazione, è vietata la passione amorosa e sessuale e i figli sono
ritirati dallo Stato per essere educati al bene del Grande Fratello e non della
famiglia. È dunque evidente come sia presente una critica verso la filosofia
platonica e verso qualsiasi altra filosofia di pensiero di un regime
totalitario di destra o di sinistra.
Ciò che mi ha lasciato questa lettura è una profonda consapevolezza di quanto sia fresca l’aria di libertà che abbiamo l’opportunità di respirare e che tante volte non apprezziamo, di quanto sia fragile un singolo uomo, nonostante l’immensa determinazione che possa avere, davanti al dolore e rispetto ad una mentalità collettiva profondamente chiusa. Ho apprezzato i passi in cui viene spiegata la formazione del Socing e della società di “1984” che corrisponde in qualche modo alla nascita dei movimenti politici estremi che abbiamo vissuto durante il ventesimo secolo. Ma soprattutto ho apprezzato la scrittura di Orwell semplice e allo stesso tempo complessa che, soprattutto in questo libro, rispetto a “La fattoria degli animali”, ti immerge in una realtà profondamente avversa trasmettendoti la stessa pressione psicologica che il protagonista deve subire, dimostrandosi un libro profondo anche dal punto di vista psicologico e metafisico.
Non manca niente: l’amore, la filosofia, la
storia, la trama, la tensione, l’ambientazione, i colpi di scena. “1984” è
sicuramente il libro più bello che ho letto fino ad adesso, uno dei libri più
belli che siano stati scritti e un manuale che tutti devono leggere per avere
la consapevolezza dell’inferno che abbiamo rischiato che si realizzasse e che
ancora oggi si potrebbe realizzare.
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