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giovedì 12 settembre 2013

la forza della virtù



Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te è uno dei principi etici fondamentali. Ma sarebbe ugualmente giustificabile asserire: tutto ciò che fai agli altri lo fai pure a te stesso

Erich Fromm, Dalla parte dell'uomo


I buoni esempi ritornano, come procedendo in giro, a chi li dà, nello stesso modo che i cattivi esempi ricadono sui loro autori (...) Le virtù non si praticano in vista del premio: il premio di un'azione virtuosa sta nell'averla compiuta

Seneca, Lettere a Lucilio

Il tipo responsabile è cosciente del contenuto reale della sua libertà. E uso reale in  due sensi: quello di autentico e vero, ma anche quello di "proprio del re", che prende decisioni senza che nessuno sopra di lui gli dia degli ordini.

.....è per questo che virtù deriva etimologicamente da vir, la forza virile del guerriero che si impone nel combattimento contro la massa


Fernando Savater, Etica per un figlio

sabato 7 settembre 2013

Caro Epicuro



post di Lidia Raiti
classe 4 B

Carissimo Epicuro,

mi sono molto rallegrata nel ricevere la tua lettera e sono lusingata dal fatto che tu abbia deciso di condividere con me le tue riflessioni.
Essendo amici di vecchia data sono sicura che non ti offenderai se confuterò alcuni punti della tua lettera bensì farai tesoro di un punto di vista differente dal tuo.
Invidio molto il tuo modo di guardare alla vita, poiché hai saputo viverla apprezzandone l’essenza e non con il timore di perderla da un momento all’altro. Come spesso mi dicevi, la vita è come un banchetto dal quale si può essere scacciati all’improvviso, quindi bisogna apprezzarne ogni portata.
Su questo punto di vista non potresti trovarmi più d’accordo! Purtroppo però ogni tanto balena nella mia mente la paura della morte, non tanto per  la sofferenza che potrebbe comportare bensì  per timore di non poter vedere e conoscere quanto più possibile di questo mondo.
Volevo inoltre dirti che non mi è molto chiara la tua concezione di divino e per questo mi piacerebbe approfondirla meglio in seguito. Purtroppo io ho le idee un po’ confuse a riguardo ma posso affermare quasi con certezza che non siamo guidati da un Dio-burattinaio bensì da un Uno che interviene moderatamente nella nostra vita senza quindi togliercene il comando.
Continuando a leggere ho potuto capire che la felicità serve ai giovani come agli anziani per fare maturare o ringiovanire la mente e, se non erro, per te la felicità e la filosofia si identificano nella stessa cosa in quanto hanno la medesima funzione. Correggimi se sbaglio!
Per questo motivo tutti dovrebbero “praticare” la felicità e quindi la filosofia per poter raggiungere così la saggezza che è indispensabile per una vita felice.
Sarebbe un piacere continuare questa corrispondenza con te così da poter trattare questi concetti complessi in una semplice lettera fra amici.

A presto,

Lidia

mercoledì 4 settembre 2013

la libertà







"La libertà non è una filosofia e neppure un'idea: è un movimento della coscienza che ci porta, in certi momenti, a pronunciare due monosillabi: Sì e No.

Nella loro brevità, istantanea come la luce del lampo, si dipinge il segno contraddittorio della natura umana"

Octavio Paz, L'altra voce

Sulle letture estive

Epicuro, Epistola a Meneceo.
Riflessioni e considerazioni.
post di Roberto Testa
                                                                        classe IV H



http://www.percorsiinteriori.it/filosofia/Lettera_felicita.htm

Epicuro, primo filosofo del periodo ellenistico, nacque a Samo nel 341 a.C.
Nella lettera scritta ad un caro amico, Meneceo, riusciamo a comprendere bene i punti principali del suo pensiero filosofico.
I temi principali dell’epistola sono la Filosofia e la Felicità, la prima dal punto di vista della moralità, la seconda del bene.

Epicuro inizia dicendo che non esiste età per la pratica della filosofia e per la ricerca della felicità, che non si è mai troppo grandi o troppo giovani per la salute dell’anima e quindi della persona. Suggerisce subito all’amico, e a tutti, cosa poter fare per essere felici, spiegando passo per passo il suo pensiero.
Il primo argomento che tocca è la concezione della divinità : il divino per lui è indistruttibile e beato, quindi immortale, per cui è sempre felice, ed è qui che lega l’idea di felicità a quella di immortalità; va contro la tradizione greca, dicendo che gli dei non sono quelli che descrive il popolo e la tradizione, ma sono diversi, forniti di una grande conoscenza e di altrettanta virtù.
Il secondo tema è quello riguardante la vita e la morte, dicendo subito che il bene e il male appartengono al mondo sensibile, si possono sentire, mentre la morte no. Non bisogna temere la morte, né cercare in tutti modi di aggiungere tempo alla vita (cosa in poche parole impossibile) e neppure vivere la vita in attesa della morte, perché è inutile affliggersi per una cosa che non sentiremo e che in un certo senso aspettiamo. La vita è mortale e la “nullità” della morte per noi deve essere motivo di gioia, non dobbiamo temerla, perché non la sentiremo e quindi non ci sarà. “Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi”; non è il peggiore dei mali, come molti credono.
Passa poi ai desideri..i più importanti sono quelli che mirano al benessere del corpo, alla felicità e alla serenità dell’animo : li desideriamo soprattutto quando soffriamo, sentendo il loro bisogno. Il desiderio spesso corrisponde al piacere, per natura il piacere è buono e la sofferenza è male, però non sempre è così, quindi ci invita a considerare eventuali danni e guadagni che possono portare e a dipendere meno dai bisogni, perché spesso non possiamo “gustarli” nella giusta maniera, suggerendoci di vivere di poco e di essenziale, per vivere in salute e apprezzare veramente le poche cose che abbiamo senza dipendere da loro. Il bene è un piacere quando aiuta l’animo a stare tranquillo e sereno, non quando porta piaceri che poi svaniscono facilmente come ad esempio i banchetti, il vino, il godersi le donne (o gli uomini). Bisogna stare attenti a selezionare bene, con saggezza, ciò che veramente può portarci felicità, che, secondo Epicuro è il condurre una vita saggia, bella e giusta : tutto ciò si ottiene attraverso l’esercizio della filosofia.
Conclude dicendo che non esiste uomo più lodevole di quello che rispetta tutti i suoi punti, quindi, riassumendo, che : ha un’opinione corretta riguardo le divinità, non ha paura della morte, conosce la natura del bene, capisce che bisogna avere i beni essenziali e sa che se il male dura poco affligge di più rispetto a quello che dura più a lungo; inoltre, aggiunge, che le cose accadono o per necessità, o per fortuna, o per scelta nostra, e che quest’ultima si può controllare attraverso appunto la saggezza. Aggiunge che gli dei non regalano il bene o il male agli uomini, ma che li avviano soltanto alla conquista di questi ultimi, e gli uomini alimentano la loro speranza attraverso le preghiere.

L’ultimo consiglio all’amico e a tutti: è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Consiglia di meditare su queste cose e su cose del genere e di parlarne con i propri simili, perché se si segue questo suo pensiero, e se è questa la felicità che si sta cercando, questi beni faranno sentire l’uomo immortale e quindi felice.

Vorrei concludere la mia riflessione con un breve pensiero personale : l’idea di felicità di Epicuro mi è veramente piaciuta, concordo molto con le sue parole ed ogni giorno mi impegno per essere come l’uomo che lui ha descritto, seppure io abbia conosciuto da poco questo filosofo.
Inoltre la sua proposta mi ricorda abbastanza l’idea di felicità di Aristotele : l’esercizio della filosofia, l’utilizzo della ragione aiutano a vivere bene, in un modo giusto e bello, elevandosi al più alto livello, quasi divino.

lunedì 2 settembre 2013

sulla lettura


post di Roberto Testa

"Capisci di aver letto un buon libro quando giri l'ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico"[P.Sweeney]

"La libreria va pensata come una farmacia. Per i dolori dell’esistenza"

(R. Cotroneo)

"Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere". [D. Pennac]

Diritti imprescrittibili del lettore:

1. Il diritto di non leggere.
2. Il diritto di saltare le pagine.
3. Il diritto di non finire il libro.
4. Il diritto di rileggere.
5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa.
6. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa).
7. Il diritto di leggere ovunque.
8. Il diritto di spizzicare.
9. Il diritto di leggere ad alta voce.
10. Il diritto di tacere.

{Daniel Pennac, Come Un Romanzo}

domenica 1 settembre 2013

La percezione estetica




Quando si parla di terapia psicologica si pensa che il problema del paziente sia dentro di lui, si parla di dinamiche intra-psichiche, intra-soggettive. Con le terapie di gruppo e della famiglia il disturbo viene estensivamente collocato nelle relazioni sociali del soggetto, nell'intento di individuare problemi inter-soggettivi. In entrambi i casi la realtà psichica rimane confinata nel soggettivo, mentre il mondo si considera esterno e materiale, privo di vita e di valore, escluso da ogni efficace e rigorosa applicazione terapeutica. 
Ma siamo certi di essere sulla giusta strada? Possiamo curare l'uomo togliendo l'anima al mondo che lo circonda? Possibile che l'anima sia confinata solo nell'essere umano e tutto il resto sia vuota, vana materia? Non sarebbe questo un vivere errando perennemente inquieti all'interno di un cimitero?

E' questa la provocazione di James Hillman, con cui voglio chiudere (dopo averli nello stesso modo aperti) questi pochi interventi di un' estate ormai agli sgoccioli. Non è facile mettere da parte la dimensione del soggetto che Cartesio, Locke e Kant ci hanno trasmesso, ma è certamente interessante provare a guardare le cose da un altro punto di vista e coltivare una percezione estetica delle cose.


"Il mondo esiste in forme, colori, atmosfere, qualità tattili: un'ostensione di cose che si autorappresentano. Tutte le cose mostrano un volto(...) In quanto forme espressive, le cose parlano; mostrano nella forma lo stato in cui sono. Si annunciano, testimoniano della propria presenza: "Guardate, siamo qui". Questa immaginativa richiesta di attenzione è il segno di un mondo infuso d'anima. Non solo: a sua volta, il nostro riconoscimento immaginativo, l'atto fanciullesco di immaginare il mondo, anima il mondo e lo restituisce all'anima (...)"



“Nella psicologia di Aristotele l’organo dell’ aisthesis è il cuore, i percorsi degli organi di senso arrivano lì: è lì che l’anima “prende fuoco”. Il pensiero di quel cuore è intrinsecamente estetico e sensorialmente legato al mondo. Questo legame tra il cuore e gli organi di senso non è semplice sensazionismo meccanico: è un legame estetico. E infatti, in greco, l’attività di percepire o di sentire è aisthesis, la cui radice significa “assumere” e “inspirare” - un rimaner senza fiato, la risposta estetica primaria.” 
 

James Hillman, Anima Mundi