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sabato 13 settembre 2014

Seneca e la felicità


“Gallione, fratello mio, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre. È infatti così difficile raggiungerla che più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata; e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria …”
“… dobbiamo avere innanzitutto ben chiaro quel che vogliamo, dopodiché cercheremo la
via per arrivarci, e lungo il viaggio stesso, se sarà quello giusto”.


Seneca  inizia così ad illustrarci la Felicità, la felicità che risulta per tutti “difficile da raggiungere”. Egli ci conduce verso la giusta via, che sarà l’unica e la sola a portarci verso la nostra meta, ma ciò si realizzerà solamente attraverso una breve vita. 
Seneca è capace di offrirci le corrette direttive per raggiungere al meglio uno stato di serenità e di felicità, invitandoci  a rimanere lontano dall’influenza della moltitudine, che sarà capace di deviare le nostre scelte, ribadendo che siamo noi gli artefici della nostra vita.

Michela


«Nessuno è infelice se non per colpa sua»

 Con queste parole Seneca vuole dirci che l’essere infelici è una colpa personale e la strada per raggiungere il benessere è quindi solitaria, basata sul nostro saper riconoscere la via del bene e quella del male.
La ricerca e la scoperta della felicità sono entrambe difficili ad attuarsi e raggiungersi, poiché più cerchiamo di avvicinarla, più ce ne allontaniamo, se non sappiamo scegliere adeguatamente il giusto percorso. Dobbiamo quindi imparare a conoscere bene i nostri desideri e, durante il viaggio per la loro realizzazione, misurare bene ogni nostro passo affidandoci a qualcuno che ha già intrapreso il nostro cammino. Mai però seguire, come un branco di pecore, coloro che ci precedono e che ci portano dove vanno tutti, non dove vogliamo arrivare.
Ognuno deve vivere seguendo la propria natura: vivere secondo natura è vivere felici

Margherita Alessio



L'uomo felice è artefice della propria vita, in quanto non si lascia condizionare dalle cose esteriori perchè punta su se stesso e le proprie capacità ed è pronto ad accettare tutti i risultati che conseguono dalle sue azioni.
Clara


In opposizione agli ideali dell'epicureismo, per Seneca e gli stoici, il piacere non deve essere il divertimento momentaneo e passeggero dei sensi, ma la felicità duratura di un'anima impegnata nel proprio perfezionamento morale.
Il piacere cessa, si consuma nell'uso stesso; il sommo bene invece è immortale.
Il filosofo vive l'oggi e non si cura del futuro poichè fugge il timore del futuro riducendo il proprio orizzonte all'attimo presente e annullando del tutto le proprie speranze sul futuro.
Così il sapiente può celebrare la sua vittoria sul tempo e tendere al bramato premio, compenso per colui che riesce ad amare il propio destino, che consiste nel liberarsi delle leggi dell'umanità e vivere alla stregua di un dio.


Marika

Nel dialogo il filosofo fa una distinzione tra l’uomo “comune” e l’ uomo saggio. L’uomo comune infatti non potrà mai raggiungere uno stato di tranquillità poiché è assalito dai piaceri e alle ricchezze di cui è schiavo e di cui non può farne a meno .Il saggio invece non rifiuta questi appagamenti bensì li sfrutta. Anche il saggio possiede ricchezze ma a differenza del comune uomo, li mescola alla liberalità affinché ne possano usufruire tutti coloro che non hanno avuto questa fortuna 

Daniel 



Come gli stoici, Seneca afferma che vivere felici e vivere secondo natura sono la stessa cosa. Ciò è possibile solo se la mente è sana, amante di tutto ciò che adorna la vita ma con distacco, disposta a servirsi dei doni della fortuna ma senza farsene schiava; felice è colui per il quale non esistono il bene ed il male ma soltanto uomini buoni e uomini cattivi, che segue solo ciò che è onesto e si compiace unicamente della virtù.

Dobbiamo affidarci solo alle nostre personali capacità, indifferenti di fronte alle alterne vicende della sorte; dobbiamo, insomma, essere noi gli artefici della nostra vita e della nostra condotta.
Fabiola
L'uomo felice è artefice della propria vita, in quanto non si lascia mai vincere né condizionare dalle cose esteriori, perché punta su se stesso e sulle proprie capacità, pronto ad accettare tutti i risultati che conseguono dalle sue azioni; quindi è felice chi attraverso la ragione si è liberato dai timori e dai desideri,(ciò non vuol dire che anche gli animali sono felici in quanto sono privi di tristezza e paura, poiché essi non hanno il senso della felicità). Per avere una vita felice la mente deve essere
 
"Sana, forte,energetica,paziente e capace di affrontare qualsiasi situazione interessata al corpo e a quanto lo riguarda, ma senza ansie e preoccupazioni; amante di tutto ciò che adorna la vita, ma con distacco; disposta a servirsi dei doni della fortuna, ma senza esserne dipendente”.
Giorgia

Ma cos’è oggi per noi precisamente la felicità? E come possiamo raggiungerla? Esiste un percorso da seguire o forse la felicità è a portata di mano ma noi noi riusciamo a vederla? Essere felici è uno stato duraturo o un attimo fugace che scompare immediatamente? E dunque quando si è veramente felici?
 Credo che nessuno sappia rispondere con vera convinzione a questi interrogativi in quanto nella vita frenetica di oggi non si può conoscere il vero valore della felicità perchè non si conosce nemmeno il valore delle cose  poichè siamo troppo accecati dall'invidia che ci porta alla ricerca del nuovo che porta la "falsa felicità momentanea" e non sappiamo apprezzare quel poco che abbiamo tra le mani che invece potrebbe renderci felici.
Scrisse Seneca: «Nessuno è infelice se non per colpa sua». Questo aforisma indica una responsabilità e conseguentemente una colpa personale nell’essere infelici. Il problema è dunque nostro, del nostro continuo barcollare tra l'avere e il desiderare,di come inquadriamo la nostra vita, di come permettiamo ad altri di distruggere il nostro equilibrio.
Serena



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