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giovedì 10 settembre 2015

ECCE HOMO - COME SI DIVENTA CIÒ CHE SI È


post di Stefania Garozzo
5 E

 


Sin dal primo capitolo, Nietzsche attribuisce il suo ‘Ecce homo’ alla malattia cui è stato costretto nell’estate del 1879. Solo con gli occhi del malato, infatti, si può guardare a concetti più sani e murarsi in sé stessi. Questa è la prima accortezza dell’istinto, durante quella che il filosofo definisce ‘gravidanza spirituale’. La malattia costringe al capovolgimento delle proprie abitudini e obbliga all’immobilità, all’ozio; comanda di dimenticare e induce a pensare. 

Allo stesso modo gli ultimi giorni estivi, che ho dedicato alla lettura di questo libro, mi hanno portato alla riflessione affrontando un percorso per ritrovare me stessa. Come si evince infatti dal titolo ‘Ecce homo: come si diventa ciò che si è’, è un viaggio spirituale volto alla ricerca della propria essenza. Dobbiamo prima perderci, rovesciare i principi comunemente accettati per guardare al mondo reale senza che su di esso gravi la menzogna degli ideali. Quella di Nietzsche è una vera e propria ‘crociata dell’amoralità’ e il suo intento è la trasvalutazione dei valori, primi fra tutti quelli cristiani che distolgono l’uomo nella ricerca della verità, ingannandolo con nozioni grossolane. Il filosofo propone dunque il concetto di ‘superuomo’, affermazione suprema, uomo ben riuscito ‘par excellence’, superamento della morale comune guidato dallo spirito dionisiaco e dalle sensazioni  fisiche. 
Ma cos’è il superuomo di Nietzsche se non un ideale?
Pieno di contraddizioni, spesso di difficile comprensione e da molti frainteso, dal testo sorge dunque spontanea una riflessione sulla natura dell’autore: è forse semplice spirito di contraddizione o puro genio e sregolatezza? Penso che Nietzsche sia prima di tutto un uomo dalla personalità spesso controversa, piena di chiaroscuri e a volte contraddittoria. Possiamo trovarci d’accordo o come me, di tanto in tanto in disaccordo, con molte delle sue affermazioni ma non possiamo non riconoscerne la grandezza. Come Manzoni per Napoleone nel ‘5 maggio’, mi chiedo quando il mondo potrà di nuovo accogliere una personalità di tale importanza. Nietzsche sembra sempre avere un’idea sicura e all’apparenza inattaccabile su ogni aspetto della vita, ciò che non lo uccide, lo fortifica ma egli stesso accenna alla dualità che lo caratterizza, si definisce ‘decadent’ e al tempo stesso ‘inizio’.

Nel suo ‘Ecce homo’ Nietzsche non nasconde la totale repulsione per l’ambiente chiuso della Germania di fine Ottocento tanto da diventare quasi antitedesco. Si sente incompreso da un paese che non si dimostra all’altezza della sua sensibilità, che non capisce i suoi scritti, che lo sottovaluta. Molto spesso frainteso, mi chiedo come le sue teorie abbiano potuto influenzare il successivo nazismo. Le sue espressioni, nella feroce critica, hanno talvolta saputo strapparmi un sorriso ‘basta il clima tedesco per scoraggiare intestini forti e anche eroici’.

‘Ecce homo’ è un libro che mi ha lasciato tanto, mi ha insegnato a non accontentarmi delle apparenze e delle conoscenze dogmatiche, a non aver paura di scavare sempre più a fondo per elaborare una visione del tutto personale della mia realtà, mi ha talvolta portato in un universo parallelo e indotto a riflettere su chi sono stata, chi sono e chi vorrò essere.

Spero di non averti deluso Friedrich, e di essermi avvicinata, almeno in parte, al tuo lettore ‘ideale’, un mostro di coraggio e di curiosità, con qualcosa di duttile, astuto, cauto, un avventuriero e uno scopritore nato.


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