post di Stefania Garozzo
5 E
Sin dal primo capitolo, Nietzsche attribuisce il suo ‘Ecce
homo’ alla malattia cui è
stato costretto nell’estate del 1879. Solo con gli occhi
del malato, infatti, si può guardare a concetti più
sani e murarsi in sé stessi. Questa è
la prima accortezza dell’istinto, durante quella che il filosofo
definisce ‘gravidanza spirituale’. La malattia
costringe al capovolgimento delle proprie abitudini e obbliga all’immobilità,
all’ozio; comanda di dimenticare e induce a pensare.
Allo
stesso modo gli ultimi giorni estivi, che ho dedicato alla lettura di questo
libro, mi hanno portato alla riflessione affrontando un percorso per ritrovare
me stessa. Come si evince infatti dal titolo ‘Ecce homo: come si
diventa ciò che si è’, è
un viaggio spirituale volto alla ricerca della propria essenza. Dobbiamo
prima perderci, rovesciare i principi comunemente accettati per guardare al
mondo reale senza che su di esso gravi la menzogna degli ideali. Quella di
Nietzsche è una vera e propria ‘crociata
dell’amoralità’ e il suo intento è la trasvalutazione
dei valori, primi fra tutti quelli cristiani che distolgono l’uomo
nella ricerca della verità, ingannandolo con nozioni grossolane.
Il filosofo propone dunque il concetto di ‘superuomo’,
affermazione suprema, uomo ben riuscito ‘par excellence’,
superamento della morale comune guidato dallo spirito dionisiaco e dalle
sensazioni fisiche.
Ma cos’è
il superuomo di Nietzsche se non un ideale?
Pieno di contraddizioni, spesso di difficile comprensione e da
molti frainteso, dal testo sorge dunque spontanea una riflessione sulla natura dell’autore: è forse semplice spirito di
contraddizione o puro genio e sregolatezza? Penso che Nietzsche sia prima di
tutto un uomo dalla personalità spesso controversa, piena di
chiaroscuri e a volte contraddittoria. Possiamo trovarci d’accordo
o come me, di tanto in tanto in disaccordo, con molte delle sue affermazioni ma
non possiamo non riconoscerne la grandezza. Come Manzoni per Napoleone nel ‘5
maggio’, mi chiedo quando il mondo potrà
di nuovo accogliere una personalità
di tale importanza. Nietzsche sembra sempre avere un’idea
sicura e all’apparenza inattaccabile su ogni aspetto della vita, ciò
che non lo uccide, lo fortifica ma egli stesso accenna alla dualità
che lo caratterizza, si definisce ‘decadent’
e al tempo stesso ‘inizio’.
Nel suo ‘Ecce homo’
Nietzsche non nasconde la totale repulsione per l’ambiente chiuso
della Germania di fine Ottocento tanto da diventare quasi antitedesco. Si sente
incompreso da un paese che non si dimostra all’altezza della sua
sensibilità, che non capisce i suoi scritti, che lo sottovaluta. Molto
spesso frainteso, mi chiedo come le sue teorie abbiano potuto influenzare il
successivo nazismo. Le sue espressioni, nella feroce critica, hanno talvolta
saputo strapparmi un sorriso ‘basta il clima
tedesco per scoraggiare intestini forti e anche eroici’.
‘Ecce homo’
è un libro che mi ha lasciato tanto, mi
ha insegnato a non accontentarmi delle apparenze e delle conoscenze dogmatiche, a non aver paura di scavare sempre più
a fondo per elaborare una visione del tutto personale della mia realtà,
mi ha talvolta portato in un universo parallelo e indotto a riflettere su chi
sono stata, chi sono e chi vorrò essere.
Spero di non averti deluso Friedrich, e di essermi avvicinata,
almeno in parte, al tuo lettore ‘ideale’, un mostro di
coraggio e di curiosità, con qualcosa di duttile, astuto,
cauto, un avventuriero e uno scopritore nato.
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