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lunedì 7 settembre 2015

cecità

di Silvia Vitale, 5 E

“Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono”




“Cecità” di Jose Saramago credo sia un capolavoro. 

L’opera, con il suo linguaggio semplice, mira al dunque, apre la mentre e ci fa interrogare sulla condizione umana e sulla razionalità. Essa va a colpire fondamentalmente la società moderna, che è super organizzata ed efficiente ma anche meschina e cieca, poiché dopo che il “mal bianco” ha colpito tutti gli uomini esce fuori la loro natura animale. 
I protagonisti sono costretti a vivere segregati all’interno di un fatiscente manicomio; tra di essi c’è la figura principale della moglie del dottore che in realtà conserva il dono della vista e decide di seguire il marito fingendosi cieca. La donna, che inizialmente tiene celato il suo segreto , resta spiazzata da ciò che è costretta a vedere: esseri umani che si lasciano andare, che non hanno più una dignità , nessuno ha il senso dell’organizzazione del gruppo, ognuno pensa per sé e per il suo stomaco. Tutti pensano alla propria sopravvivenza anche a scapito della vita degli altri.  

Dopo aver salvato il suo gruppo da un incendio, riescono ad arrivare sani e salvi per le strade della città dove la situazione non è migliore: feci e bisogni sono ovunque, i negozi sono stati distrutti , la spazzatura è ammassata nelle strade, tutti i ciechi lottano anche per un pezzo di pane duro.... si riscopre allora  l’importanza del cibo o di un singolo bicchiere d’acqua e anche la pioggia diventa come un manna dal cielo, un elemento che li purifica da ogni sporcizia fisica ma anche nell’anima, fino a riportarli alla vista . 

La donna con la sua vitalità rappresenta la forza della ragione , dell’amore e della pietà , lei è un dono di speranza per i ciechi che  scoprono una nuova visione della vita ma anche nuove emozioni. 

Il lieto fine ci insegna che, anche dopo aver toccato il fondo, non bisogna perdere la speranza, ma  continuare a lottare sempre.

Silvia Portale, 5 E

La cecità altro non è che una metafora del buio della mente. Saramago sottolinea in primo luogo l’indifferenza della società, l’egoismo che la caratterizza. Proprio il non assegnare un’ambientazione ed un tempo definiti fa si che questa critica venga mossa universalmente e possa riguardare tutti. Secondariamente denuncia la sopraffazione come mezzo di sopravvivenza e la dittatura come norma di vita, con tutte le coseguenze da ciò scaturite. 

Saramago scrive a tinte fosche la psiche, l’istinto e la realtà dell’uomo che annulla millenni di evoluzione biologica, sociale e culturale, quando la paura e la lotta per la sopravvivenza sono gli unici elementi che gli permettono di continuare a respirare.
“Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”

2 commenti:

  1. Mi associo a Francesco Virga. Ancora una volta, con la tua sensibilità, sei riuscita a cogliere e mettere a fuoco il messaggio profondo di una grande opera letteraria che vuole essere anche occasione di forte denuncia sociale. Ad maiora semper!

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