Il
Centro Astalli di Catania è un’associazione di volontari che opera
senza scopo di lucro a favore dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti forzati (diversi
dai migranti
economici che fuggono da un paese povero in cerca di fortuna e di maggior guadagno), quelle persone costrette a scappare "controvoglia",
principalmente a causa di guerre e conflitti nel paese d’origine. La maggior
parte di essi proviene dall’Afghanistan
e dal Pakistan, mentre dall’Eritrea e dalla Somalia giungono soprattutto donne
a causa di una guerra endemica che dura
da anni. Molti migranti arrivano anche dal Mali, paese afflitto da
un’efferatissima guerra interna che costringe la popolazione all’arruolamento
forzato, anche con il ricorso alla tortura. Altra causa di fuga è la politica omofoba dei governi
poiché in molti paesi gli omosessuali
sono duramente torturati fino alla morte o costretti a un lungo periodo di
detenzione. Ma fuggono anche donne pluriviolentate e costrette a prostituirsi, giovani
avviati all’ accattonaggio forzato. Fatto non trascurabile è l’assenza di dati
anagrafici dei migranti: sapere che ci sono uomini che non sanno quando sono
nati e che dunque non esistono per lo Stato da cui fuggono, è stata per noi una
dolorosa scoperta che riteniamo dovrebbe far riflettere sulle discriminazioni
presenti in molte aree del mondo e allontanare tanti assurdi pregiudizi.
dalla relazione di Fabio Lazzaro e Desiree Sgroi, classe 4 L *
Elvira Iovino, Mamadou e gli studenti del liceo Leonardo in visita al Centro Astalli |
La storia di Mamadou
Mamadou nasce in Mali nel 1986. Sua madre era del nord del paese, quindi di pelle bianca, suo padre del sud, quindi di pelle nera. I suoi genitori avevano un magazzino di vestiti. Come tutti i bambini aveva un sogno: voleva diventare un militare, come la maggior parte degli adulti della sua famiglia. Il suo sogno però non si avverò perché il suo paese fu travolto da una efferata ribellione dei bianchi sui neri che colpì particolarmente la famiglia "mista" di Mamadou, su cui pesava inoltre un grosso debito contratto con lo Stato per via del magazzino. Mamadou si vide costretto a lasciare il suo paese per sfuggire alla tortura e alla morte. Così scappò in Libia e qui si fermò per racimolare la somma che gli veniva chiesta per attraversare il mare e lasciare l'Africa. Infatti, dopo essere giunto in Libia tra dolori e sofferenze, Mamadou venne rinchiuso in prigione. Dopo sei mesi un colonnello offrì la libertà e la possibilità di raggiungere le coste europee dietro un pagamento di 4000 dollari. Raccolta la somma di denaro, dopo tre anni raggiunse Malta, dove fu organizzato un viaggio per l’Italia su un barcone. Fu una traversata terribile: partirono in 84 ma toccarono la riva solo 24, i restanti 60 compagni morirono lungo il tragitto.
Era il 2008 quando Mamadou arrivò in Italia, provato dalla fuga drammatica e privo di documenti. Da quel momento non ha più sentito la sua famiglia, anzi per l’esattezza li ha sentiti soltanto una volta subito dopo lo sbarco. Poi più nulla, nel Mali la guerra continua ancora e ogni giorno si contano nuove vittime, fra cui potrebbero esserci anche i suoi familiari. Nel 2010, non avendo ancora ottenuto un permesso di soggiorno nel nostro paese, Mamadou decise di partire per la Francia, dove imparò il francese ma non riuscì a trovare lavoro. Con questa speranza in seguito decise di rientrare in Italia.
Attualmente non ha lavoro.
Mamadou è uno dei tanti migranti forzati seguiti dal Centro Astalli di Catania, il centro di accoglienza che ha provveduto a trovargli un’abitazione in un immobile sequestrato alla mafia. Sono inoltre in corso delle pratiche per cercargli un'attività che gli permetta di guadagnare qualcosa. Mamadou passa le sue giornate al Centro Astalli, dove studia italiano e insieme agli altri migranti aiuta i volontari e partecipa ai momenti di ricreativi e di informazione nel territorio.
Proprio per la sua storia così precaria ed incerta, Mamadou non può avere progetti precisi per il futuro, spera solo di integrarsi in Italia nel migliore dei modi e di trovare un lavoro adatto a lui.
a cura di Giuliana Mangano, classe 4 L
"Sappiamo che il
fenomeno dell’immigrazione non cesserà fin quando le altre nazioni non
interverranno, schierandosi dalla parte dei cittadini, lottando con loro per i
diritti, per la dignità e per la stessa vita. Tuttavia ciò non è facilmente
raggiungibile: bisognerebbe creare nel frattempo un ponte umanitario, una sorta
di corridoio protetto, per limitare le
morti durante i viaggi oltremare. È doveroso infatti riconoscere ciò che queste
persone sono costrette a subire. Se pensassimo meglio ai disagi e alle sofferenze da loro subiti nonchè ai disastri che accadono durante i viaggi, capiremmo subito il bisogno di
benessere, ma soprattutto la speranza che li induce a compiere questa
scelta.
Quest’esperienza ci ha portato a riflettere:
uomini,
donne, bambini si imbarcano con la consapevolezza di poter trovare la morte.
Noi viviamo in una società spesso indifferente a tutto ciò che accade ogni
giorno fuori dalle nostre città avvolte dal benessere, e i possibili disastri,
non solo naturali, il più delle volte non ci toccano minimamente. Molti di noi
si sono chiesti perché queste persone preferiscono fuggire piuttosto che
restare a combattere per i loro diritti e soprattutto per la loro vita. Sono
realtà a noi estranee, non comprensibili a pieno né facilmente, ma possiamo
comprensibilmente ritenere che sia proprio
l’umana speranza di una vita migliore, per quanto incerta, a spingerli
ad allontanarsi dal loro paese frammentato e distrutto dalle guerre".
Desiree Sgroi e Fabio Lazzaro, 4 L
Roberta Grancagnolo e Rosaria La Rosa, classe 4 B
Grazie alla visita al Centro Astalli di Catania, siamo riuscite a comprendere quanto duro, crudele e disumano sia stato il viaggio a cui questi ragazzi si sono sottoposti per arrivare nel nostro Paese. Abbiamo appreso quanto forte fosse il desiderio di scappare da quella terra in cui ogni loro diritto era negato con la forza e con la violenza. Pur di fuggire si sono sottoposti ad un viaggio tra morte, fame, sete, stupri e torture di ogni tipo. Ma una delle cose più crudeli è che questi viaggi sono resi possibili da persone spregevoli, che li vendono come schiavi, come se fossero merce, carne da macello.
Sicuramente questa esperienza ci è molto servita per ben comprendere i disagi e le sofferenze che ogni migrante subisce ogni giorno sulla sua pelle, facendoci apprezzare quello che noi diamo per scontato e che altri pagano invece con sangue e lacrime.
Roberta Grancagnolo e Rosaria La Rosa, classe 4 B
* in occasione della visita effettuata al Centro Astalli dalle classi 4 B e 4 L il 12 dicembre 2013
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