di Alessia Guarrera, 4 C
Esattamente cinquecento anni fa vedeva la luce Utopia,
libretto rinascimentale opera dell’inglese Thomas More. Come meglio festeggiare
questa ricorrenza se non concedendo un’attenta lettura e delle accurate riflessioni
a quest’opera filosofica, nonché la fondamentale del suo autore?
Ecco uno dei motivi per cui ho scelto di dedicare qualche
giornata della mia calda estate a questo libro. Inoltre, da considerarsi anche
questo come motivo della mia scelta, ho preferito concedermi questo tipo di
viaggio. Certamente non è stato un viaggio fisico, bensì un viaggio mentale in
un’isola immaginaria abitata da una società ritenuta dall’autore giusta e
perfetta.
Grazie a questo libro ho potuto conoscere e apprezzare gli
ideali di Thomas More, per cui egli stesso affrontò la morte, anche se non sono
del tutto d’accordo con la sua concezione di perfezione e giustizia.
Tuttavia, da lettrice moderna avverto la sua protesta e la
sua condanna contro una società gravata da parassiti e oziosi.
In antitesi, nell’isola di Utopia ogni abitante è utile alla
collettività. In questo modo, considerando che sia uomini che donne esercitano
un lavoro manuale, le ore di lavoro si riducono. Di conseguenza tutti, liberi
dalla fatica corporale, possono impegnarsi utilmente in cose piacevoli e
proficue: ad esempio le lettere.
Finalmente la cultura non è più un privilegio di pochi. Tra
le righe di queste descrizioni fantastiche non c’è miseria, disuguaglianza
(anche se ancora vige la schiavitù), conflitto, odio o bisogno di possesso.
A Utopia è completamente assente la proprietà privata (una
scelta già evidente e sicuramente precomunista). Tutto
appartiene a tutti ed è lo stato che distribuisce per esempio il cibo o le
abitazioni, anche in base ai "turni" di lavoro nelle campagne.
Gli abitanti dell’isola si rispettano e rispettano a loro
volta la natura. Stimano i beni materiali né più né meno di quanto valgono.
D’altronde la natura ha fornito ciò che è di primaria necessità in grande
abbondanza, nascondendo quello che è vano e inutile.
Infatti, ho apprezzato molto la scelta degli utopiani di
servirsi dell’oro e dell’argento per fabbricare ceppi e grosse catene per
legare gli schiavi. In questo modo, quelli che normalmente si identificano come
metalli preziosi, gli utopiani li caratterizzano con il marchio dell’infamia e
dell’ignominia. Mi hanno strappato anche qualche sorriso quei brani in cui More
racconta della visita degli ambasciatori di altri stati a Utopia.
Essi, assai superbi, si presentarono in pompa magna ornati
da capo a piedi di vesti e accessori d’oro. Ovviamente erano lontani
dall’ammirazione che volevano suscitare. Infatti agli occhi degli utopiani
risultarono vergognosi e ignobili. Ho
invece apprezzato meno la costrizione di dover mettere al mondo dai dieci ai
sedici figli per famiglia, né più né meno. Questo dimostra come gli utopiani
non siano del tutto liberi di scegliere sul proprio corpo, che viene così eccessivamente
strumentalizzato. Inoltre gli utopiani, anche se liberi di professare qualsiasi
religione, non sono liberi di non professarne.
A mio parere, More dà troppo poco valore all’essere
razionale e ha paura del giudizio divino. Ad ogni modo i suoi ideali di quasi
completa uguaglianza e rispetto tra gli uomini restano ben saldi tra le pagine
del libro Utopia.
Con il tempo la nostra società sta cercando di conquistarli, ma penso che non sarà mai
possibile cancellare l’odio o altri sentimenti “negativi”, poiché nell’animo
umano convivono sia l’odio che l’amore, l’egoismo e l’altruismo. D’ altro canto
dipende dal singolo individuo domare i sentimenti e, considerando che siamo
tutti diversi, non potrà mai esistere una società completamente perfetta.
Come More, anch’io ho la mia isola perfetta nel vasto mare
della mente.
Consiglio questo libro perché fa tanto riflettere e spinge al cambiamento verso un mondo migliore, con l’aspirazione all’irraggiungibile perfezione.
Consiglio questo libro perché fa tanto riflettere e spinge al cambiamento verso un mondo migliore, con l’aspirazione all’irraggiungibile perfezione.
settembre 2016
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