Nel Simposio di Platone tocca a sei intellettuali dell'epoca occuparsi di un argomento tanto delicato quanto fondamentale nella vita di ogni essere umano: l'Amore.
Come definirlo, come cercarlo, come e perchè desiderarlo?
E poi, come riconoscerlo?
Provano a rispondere Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone ed infine Socrate.
Ciascuno presenta Amore con i suoi pregi ed i suoi difetti, natura divina per alcuni, per altri insieme nobile e carnale, forza dominatrice della natura, desiderio di completarsi o di raggiungere l'immortalità
infine per i due miti più suggestivi presenti nell'opera: quello dell'androgino e quello di Eros.
Tocca ad Aristofane presentare Amore con il mito dell'androgino.
Vi era infatti un tempo in cui esistevano tre generi: Maschio, Femmina e anche Androgino, che aveva entrambi i connotati. Avevano una forma rotonda, perfetta, quattro gambe e quattro braccia e due teste.
Il maschio discendeva dal Sole, la femmina dalla Terra e l’androgino dalla Luna, che partecipa sia all’Idea del Sole che della Terra. L’androgino era felice, poiché completo.
Ma Zeus e gli Dei erano gelosi della loro felicità, e si riunirono a consiglio: non potendo annientarli come avevano fatto con i giganti, né lasciarli vivere a quel modo, tracotanti e ribelli, Zeus decise di spaccarli in due. Avrebbero camminato eretti e indeboliti, solo su due gambe.
"(...)E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche. I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi. Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio primitivo, si innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro ardore, la loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili. […]
Queste persone - ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante(...)"
Queste persone - ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante(...)"
Platone, Il Simposio
Cosa vuole dirci Platone con questo mito?
Come rappresenteresti tu l'Amore?
Proviamo a rispondere.....
Con tale mito Platone cerca di spiegare in maniera semplice e quasi giocosa l'amore, e il bisogno irrazionale che ogni uomo sente di ricercare la propria metà, che sia di sesso opposto o uguale.
RispondiEliminaPer rappresentare l'amore prenderei ad esempio il sole e la luna, immaginerei che tra di loro ci fosse stata affinità, che un tempo potessero illuminare la terra contemporaneamente, insieme, completandosi l'un l'altro. E che ora invece si cercassero di continuo e fossero condannati ad un'eternità l'uno senza l'altro, ma che al tramonto e all'alba avessero un istante per potersi completare.