l'uso del mito in Platone, 2'
Platone, da filosofo, rifiuta la poesia come espressione artistica e dunque lontana dalla verità, illusione ingannevole. Eppure nei suoi dialoghi fa frequente ricorso ai miti, alcuni inventati, altri recuperati dalla tradizione culturale
Dunque per un verso Platone rappresenta il passaggio definitivo dal mythos, racconto favolistico, al trionfo del pensiero razionale, al Logos.
Per un altro verso, pur attaccando il valore conoscitivo dei miti, li dissemina nell’intera sua opera di conoscenza.
Da qui una domanda: i miti sono dunque utili per la conoscenza della verità o vanno scartati perchè ingannevoli? Sono filosofici o poetici?
Da Platone impariamo che non c’è una frattura radicale tra mito e pensiero razionale. Quindi il mito, produzione poetica, può essere anche introdotto nel discorso razionale, a sostegno del logos.
Diverse sono le funzioni DEI MITI nei differenti dialoghi platonici, che l’autorevole studioso Mario Vegetti presenta, in base al contesto, in queste tre categorie:
come strategie didattiche che, attraverso le immagini, fanno meglio compendere il messaggio filosofico
come occasioni persuasive per far risaltare le finalità morali e politiche della sua filosofia
come indicazioni di un percorso inaccessibile alla filosofia, per cui completano in un certo senso la filosofia laddove essa è costretta a fermarsi
"Io vedo tre diverse funzioni attribuite da Platone al mito.
Una direi è la funzione propriamente filosofica, l'uso filosofico del mito, cioè il mito, vale a dire il ricorso a immagini, serve per illustrare più efficacemente il significato di dottrine che possono anche essere conosciute per mezzo di concetti; penso ad esempio al famoso mito della caverna con cui nel Settimo Libro della Repubblica si illustra il processo della conoscenza attraverso vari gradi; di per sé in questo caso il ricorso al mito non è indispensabile, perché questo processo può venire descritto anche per mezzo di concetti, tuttavia per renderlo più comprensibile, per esprimersi più efficacemente Platone ricorre al mito che in questo caso però ha soltanto il valore di una allegoria, di un paragone, di un'immagine, per questo io parlo dell'uso filosofico; qui il mito non è che un discorso che espone attraverso immagini un contenuto propriamente filosofico.
C'è poi un uso che chiamerei meta-filosofico del mito, cioè il mito usato per alludere a qualche cosa che va oltre le capacità della filosofia, che sta per così dire al di sopra, al di là della filosofia, per questo lo chiamo meta-filosofico, ad esempio il destino delle anime dopo la morte. Secondo Platone questo non è oggetto di conoscenza filosofica, non è possibile dire con certezza quale sarà questo destino. Tuttavia è necessario in qualche modo immaginarcelo e questo ci è consentito dal mito. Il mito in questo caso è un discorso che va oltre la filosofia, che non è filosofico, che è rischioso quindi, che può anche non essere vero, ma è un rischio come dice Platone nel Fedone, che deve essere corso, un rischio che è bello. Di questo tipo sono i miti appunto delle anime nel Fedone e il mito di Er nella Repubblica.
E infine c'è un terzo uso del mito che io chiamerei pre-filosofico o infra-filosofico ed è appunto quello del Timeo, e cioè laddove si ha a che fare con oggetti che non sono suscettibili di conoscenza rigorosa, di conoscenza scientifica, ci si deve accontentare di un discorso verosimile, qual è appunto il mito, proprio perché siamo ad un livello inferiore rispetto a quello della filosofia, il livello del mondo sensibile.
Condivido il pensiero di Platone e di Enrico Berti, a mio parere il mito è un modo molto utile, semplice ed efficace di comunicare determinate cose, anche se talvolta esse rimangano nel dubbio, come affermava il filosofo nella meta-filosofia. Però mi sorge una domanda : il caso chiamato "pre-filosofico" o "intra-filosofico" è una forma di mito dogmatico che non si può comprendere soltanto perché il nostro livello è sensibile ed inferiore rispetto a quello della filosofia? E la nostra conoscenza razionale non c'è?
RispondiEliminaVorrei un attimo soffermarmi riflettendo sull’uso del mito in Platone e in particolare nella filosofia. La filosofia si ritrova in un certo senso a “contraddirsi”: essendo nata come uno sviluppo dei pensieri religiosi ed essendosi allontanata dai racconti inventati, dai miti, e dalle storie popolari, ora pare strano leggere di un filosofo che si serve del mito per spiegare quelle cose che vanno oltre il ragionamento. A pensarci bene, il mito è “una buona scusa”, per dare l’imput ad un ragionamento più complesso. Ci sono argomenti, a mio avviso, le cui riflessioni e considerazioni fanno arrivare ad altre osservazioni che fanno sempre più allontanare dal tema centrale. Il mito, quindi, cerca di colmare quel vuoto in modo che ognuno possa arrivare a ricavare considerazioni concrete e spontanee. Secondo me, quindi possiamo intendere l’uso del mito nella filosofia di Platone come il meccanismo mediante il quale l’uomo riesce a colmare le sue incertezze e i suoi dubbi e riesce a costruire una riflessione fondata su considerazioni concrete.
RispondiEliminaDavide Leonardi
Per rispondere a Roberto va precisato che nel Timeo i temi affrontati includono la meccanica dell’Universo e la natura del mondo fisico. Il mito di Fetonte parla del ruolo che i pianeti hanno sulla traiettoria delle comete,il mito di Atlantide racconta invece di un'isola, sede di una evoluta e ricca civiltà, secondo una ricostruzione che Platone attribuisce a dei sacerdoti egizi, che combatté una guerra mortale con Atene (la virtù trionfava sulla corruzione). E successivamente venne sprofondata nell'Oceano dall'ira Di Zeus.Accanto a questi miti va citato quello del Demiurgo, diverso tuttavia dai precedenti per la funzione mediatrice esercitata tra idee e materia. Ricordiamo inoltre che nel Timeo non è Socrate a fare la parte del mediatore come nella Repubblica, ma Crizia.
RispondiEliminaUn mito molto interessante, che ho avuto il piacere di leggere, è quello della Caverna e mi ha attratto molto una citazione di Platone, anche se forse sarebbe più adatto inserire questo commento nel post "le idee e il loro mondo di Platone" : Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto.
RispondiEliminaNon si tratta di un ritorno al mito prefilosofico, in cui la fantasia assumeva la funzione esplicativa principale. Significa piuttosto che la ragione va alla ricerca di una spiegazione totale, ma non la può trovare, nonché bloccata dai limiti razionali. Il mito platonico quindi evidenzia la presenza del “mistero”, inteso come ciò che non è comprensibile dagli uomini. Posso concludere dicendo che il sapere umano non si può mai possedere fino in fondo e che, di conseguenza, Platone fa uso di questo strumento (il mito) per giustificare tutti quei concetti (filosofici e non) che vanno oltre la conoscenza.
EliminaCarmelo