Viene attribuita a Protagora la formula classica del relativismo "l'uomo misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono". Ed è certamente vero che il filosofo greco intendeva colpire l'assolutismo di Parmenide e liberare il processo della conoscenza dai paletti dell'unica verità indubitabile e intramontabile, inaugurando, suo malgrado, la plurisecolare diatriba tra relativismo ed antirelativismo in ambito teoretico e pratico.
Proprio in questa cornice teoretica e pratica si può leggere l'intervento di Ilvo Diamanti pubblicato oggi su Repubblica sul significato di essere oggi CONSERVATORE. Il termine in sè non è indicatore assoluto di una posizione retrograda sul piano della conoscenza e dello sviluppo civile, come spesso si ritiene. Il suo uso può essere anzi occasione per ribadire cosa è importante custodire per non cadere nel baratro della nullità e della superfluità di ogni azione o comportamento umano. Per creare civiltà e pensare ad un futuro umanamente possibile.
"Conservatori. È l'accusa che Mario Monti ha rivolto a Stefano Fassina, Nichi Vendola. E a Susanna Camusso. I quali, da tempo, avevano imputato al Professore, questo stesso peccato capitale. Monti: colpevole di essere un "conservatore". Perché i conservatori, in Italia, sono impopolari. E stigmatizzati. Da sinistra, ma anche da destra. Nessuno che ammetta di esserlo.
Ebbene, vorrei fare coming out. Io sono un conservatore. Non riesco ad ad accettare i sentieri imboccati dal cambiamento. Molti, almeno. Il paesaggio urbano che mi circonda. E mi assedia. La plaga immobiliare che avanza senza regole e senza soste. L'indebolirsi delle relazioni personali e dei legami comunitari. Il declino dei riferimenti di valore - perfino di quelli tradizionali. La famiglia ridotta a un centro servizi, a un bunker sotto assedio. La retorica dell'individualismo esibizionista e possessivo. Che ci vuole tutti imprenditori - di se stessi. La Rete come unico "spazio" di comunicazione. Gli smartphone che rimpiazzano il dialogo fra persone. I tweet al posto delle parole. La relazione senza empatia. Le persone sparse che parlano - e ridono, imprecano, mormorano - da sole.
In tanti intorno a un tavolo, oppure seduti, uno vicino all'altro. Eppure lontani. Ciascuno per conto proprio, a parlare con altri. In altri luoghi - distanti. Tempi strani, nei quali tanti si sentono "spaesati", perché il "paese" appare un residuo del passato. E la "comunità": un fantasma della tradizione.
Il lavoro senza regole e senza continuità. La flessibilità senza fine e senza un fine. Cioè: la precarietà. La politica senza società, il partito personale, riassunto in un volto e in un'immagine. Dove i consulenti di marketing hanno sostituito i militanti. E al posto delle sezioni si usano i sondaggi (d'altronde, quando si dà la possibilità ai cittadini di esprimersi si recano a milioni, alle urne, di domenica e persino a capodanno).
Insomma: i personaggi, gli interpreti e i luoghi della modernità liquida. Non mi piacciono. Li conosco ma non mi ci riconosco. Magari li subisco - in silenzio. Ma preferisco - di gran lunga - "conservare" quel che resta: del territorio, della comunità, delle relazioni personali, dell'economia "giusta", della politica come identità. Il "nuovo" come valore in sé non mi attira.
Lo ammetto: sono un conservatore. E ne vado orgoglioso. "
Insomma: i personaggi, gli interpreti e i luoghi della modernità liquida. Non mi piacciono. Li conosco ma non mi ci riconosco. Magari li subisco - in silenzio. Ma preferisco - di gran lunga - "conservare" quel che resta: del territorio, della comunità, delle relazioni personali, dell'economia "giusta", della politica come identità. Il "nuovo" come valore in sé non mi attira.
Lo ammetto: sono un conservatore. E ne vado orgoglioso. "
Ilvo Diamanti
Carissima Grazia,
RispondiEliminacondivido a tal punto da riproporlo sul blog del CESIM!
Grazie!
Viviamo nell'era del consumismo e dello spreco.Tutto usa e getta.Anche i sentimenti,anche i valori.
RispondiEliminaIl valore è quello dei soldi,vale tutto perchè tutto ha un costo. Siamo sommersi dalle tecnologie e tante volte ne siamo anche dipendenti e come scrive Ilvo Diamanti siamo sempre più distanti anche se siamo seduti vicini. Ci conosciamo sempre meno e finiremo chiusi ognuno nella propria stanza davanti a un monitor. Essere conservatore posto in questi termini non lo trovo affatto un modo di essere sbagliato anzi lo condivido in pieno.