logo

logo

domenica 20 settembre 2020

post di  Denise Saccà 



 Il processo" di Kafka è uno di quei libri che si distinguono dai classici romanzi, e che sicuramente lasciano molto spazio alla riflessione. Mio padre ha sempre utilizzato il termine "kafkiano" per indicare un qualcosa o una situazione che è paradossale o assurda. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto ad andare a fondo e capire perché questo neologismo è nato proprio grazie ad uno scrittore. È stato proprio mio padre a suggerirmi, tempo fa, di leggere uno dei libri di Kafka, dicendomi che così avrei capito, ma avvertendomi allo stesso tempo che non sarebbe stata una lettura troppo semplice, o una storia con un lieto fine, ma piuttosto qualcosa di più enigmatico.

Prendendo tutto in considerazione, mi è piaciuto molto il modo in cui il protagonista, il signor K., si sia evoluto: inizialmente interessato a conoscere le accuse che muovevano contro di lui e il motivo per il quale doveva essere sottoposto a processo, nonostante era certo di essere innocente; alla fine invece si dimostra quasi stanco e rassegnato, ecco perché accetta la sentenza del Tribunale e non oppone resistenza al momento della condanna. Credo che uno dei sentimenti del signor K. descritto meglio sia il "senso di colpa" che lo affligge, questa continua angoscia causata dalla consapevolezza di essere punito per qualcosa che non ha fatto e di cui è ignaro. Tutto questo è concentrato nella frase che pronuncia poco prima di morire, "come un cane", facendo riferimento alla vergogna che rimarrà di lui dopo l'esecuzione. Il fatto che il processo fosse una sorta di grande allegoria della vita dell'uomo, mi ha fatto riflettere. È vero, noi siamo sempre alla ricerca della verità, spesso crediamo di conoscerla, di averla compresa, ma questa invece ci sfugge e ci inganna, come se fosse un enigma indecifrabile.
Devo ammettere che, quando ho iniziato la lettura di questo libro, il primo capitolo mi ha subito coinvolta, ma andando avanti mi rendevo conto sempre di più che il racconto rimaneva sempre fermo ad uno stesso punto. Era come se la storia non prendesse delle svolte, piuttosto veniva approfondita o con l'ingresso di altri personaggi o cambiando il luogo della narrazione, il che inizialmente mi sembrava un po' noioso.
Una cosa che non mi è piaciuta molto e che non mi aspettavo è che tutto era concentrato solo sul processo, ed erano pochi i momenti in cui si trattavano altre vicende, come la vita del protagonista, i suoi amici o delle conversazioni su temi che non facessero riferimento al tribunale.
Ad essere sincera, forse preferisco storie più romanzate, ma sono comunque contenta di aver letto questo libro, che nonostante la sua ambiguità, mi ha permesso di comprendere alcune cose sul pensiero umano. Consiglio "Il processo" ai ragazzi della mia età e agli adulti, anche se secondo me non è un tipo di lettura che può piacere a chiunque. Comunque sono sicura valga la pena tentare!



Nessun commento:

Posta un commento

scrivi qui il tuo commento, sarà visibile dopo l'approvazione