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domenica 3 maggio 2020

Nietzsche e Freud tra filosofia e arte



UMBERTO GALIMBERTI PRESENTA LA PSICOANALISI, 6'

MUNCH, 1906-  Friedrich Nietzsche



Et quid amabo nisi quod aenigma est?
Giorgio De Chirico, Autoritratto, 1911



«Che cosa dovrei amare, se non l’enigma delle cose?»

così scriveva l’artista sotto il suo primo autoritratto del 1911, la cui analisi dischiude la possibilità di entrare nell’universo contorto di de Chirico. 

L’enigma: questo è il vero punto di interesse della sua speculazione. 

La realtà, infatti, si presenta come un nodo da sciogliere. Non si tratta però di dover trovare un senso ultimo e stabilito a priori ad una realtà che di senso non ne ha

De Chirico fa proprio il rifiuto nietzscheano della Metafisica nella sua accezione tradizionale, ovvero come ricerca di ciò che sta “al di là di questo mondo”. 

L’unica Metafisica contemplabile è quella che si occupa di questa realtà, che va a cercare il senso immanente ed imminente delle cose, nelle cose stesse. Ecco perché protagonisti indiscussi dei dipinti di de Chirico sono oggetti quotidiani.
Tornando all’autoritratto sopracitato, il pittore si è rappresentato nel vano di una finestra, con lo sguardo perso in un cielo color verde spento, senza nuvole e senza vita. Gli occhi sono privi di pupille: essi rimandano ad una condizione di cecità esteriore e al contempo alla veggenza, tema con radici che affondano nella cultura classica e fil rouge della produzione di de Chirico.

Seppur cieco di fronte all’apparenza materiale del presente, l’occhio – metafisico – deve essere capace di cogliere l’intima essenza delle cose. Questo è il vero contenuto della pittura metafisica, della quale questo ritratto si può infatti considerare come una sorta di manifesto.

La posa scelta dal pittore è quella del malinconico e allo stesso tempo allude a quella con cui Friedrich Nietzsche si faceva abitualmente fotografare o ritrarre ( come nel dipinto di Munch in alto)
De Chirico, infatti,  dichiara apertamente il debito nei confronti di quest’ultimo:

Schopenhauer e Nietzsche per primi 
mi insegnarono il non senso della vita 
e come tale non senso potesse venir rappresentato.




Pablo PicassoRitratto di Ambroise Vollard, 1909-1910

Per restituire agli occhi e alla ragione la realtà nella sua essenza, gli artisti del cubismo la scompongono nelle sue innumerevoli facce e poi la ricompongono accostandole sulla tela. 

Nella bidimensionalità della tela vediamo la realtà globalmente, come accade nella nostra coscienza, osservandola da tutti i lati possibili. Conscio e inconscio non sono due sfere distinte per Picasso ma forze in continuo conflitto, inseparabili.

Nel suo “Ritratto di Ambroise Vollard”  sembra fondersi  in una sola immagine una pluralità di momenti della percezione, che corrisponde ad altrettanti punti di vista, al fine di ottenere una visione complessiva, tipica del cubismo analitico. 

Inoltre, la scomposizione della figura umana suggerisce le stratificazioni e le ambiguità dell'identità individuale, strattonata da Io, Es e Super Io verso il mondo esterno.

Riaffiorano in questo dipinto  le espressioni freudiane:

L'Io è servo di tre padroni

l'Io non è padrone in casa propria

Espressionismo, Surrealismo, Pittura Metafisica, Cubismo

sono state grandi interpretazioni artistiche del pensiero di Nietzsche e Freud



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