De hominis dignitate
"Il sommo Padre, Dio creatore, aveva foggiato, secondo le leggi di un’arcana sapienza, questa dimora del mondo, quale ci appare, tempio augustissimo della divinità [...]. Stabilì finalmente l’ottimo artefice che a colui, cui nulla poteva dare di proprio, fosse comune tutto ciò
che singolarmente aveva assegnato agli altri. Accolse perciò l’uomo come opera di natura
indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: «Non ti ho dato, Adamo, né
un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né nessuna prerogativa tua, perché
quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto, secondo il
tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. La natura determinata degli altri è contenuta
entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto,
secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché
di là tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né
terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti
plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose
inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori
che sono divine».
O suprema liberalità di Dio padre! o suprema e mirabile felicità
dell’uomo! a cui è concesso di ottenere ciò che desidera, di essere ciò che vuole [...].
Chi non ammirerà questo nostro camaleonte? o, piuttosto, chi ammirerà altra cosa più di lui? [...]
Chi, dunque, non ammirerà l’uomo?"
G. Pico della Mirandola,
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