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domenica 20 ottobre 2013

la dotta ignoranza

 
tra finito ed infinito non esiste proporzione matematica

la conoscenza umana mai potrà coincidere con la verità assoluta, che è Dio
 
 
 
L’intelletto finito non può intendere in modo preciso la verità delle cose per via di
somiglianza. La verità non è né un più né un meno, consiste in qualcosa di indivisibile e
non può con precisione misurarla tutto ciò che esiste come diverso dal vero: così come il
circolo il cui essere consiste in qualcosa di indivisibile, non può misurare il non circolo.
L’intelletto, dunque, che non è la verità, non comprende mai la verità in modo 
così preciso da non poterla comprendere più precisamente ancora all’infinito, perché sta alla
verità come il poligono sta al cerchio. Quanti più angoli avrà il poligono inscritto, tanto
più sarà simile al cerchio: tuttavia, non sarà mai uguale, anche se avremo moltiplicato i
suoi angoli all’infinito, a meno che non si risolva nell’identità con il circolo. È evidente,
dunque, che non sappiamo altro del vero se non che non è comprensibile in maniera
precisa, così com’è, perché la verità si comporta con la più assoluta necessità, che non
può essere né più né meno di quel che è, mentre il nostro intelletto si comporta come
possibilità. La quiddità
delle cose, che è la verità degli enti, è inattingibile nella sua
purezza ed è cercata da tutti i filosofi, ma da nessuno trovata così com’è. 
E quanto più
profondamente saremo dotti di questa ignoranza, tanto più ci avvicineremo alla verità.
 
 
(N. Cusano,De docta ignorantia(1440) ; trad. it. di G. Federici Vescovini,La dotta ignoranza, in N. Cusano,
Opere filosofiche, Torino, Utet, 1972, pp. 57-58, 61)



dotta ignoranza e cosmo indefinito in Cusano (1401-1464)

anima copula mundi e forza dell'amore in Ficino (1433-1499)




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