post a cura di
N. Musumeci, A. Clementini, R. Bonaventura, M. Caggegi, A. Amoruso, G. Argento, E. Caruso
classe 4° G
L’India al tempo di Gandhi
La conquista della penisola indiana, iniziata alla metà del Settecento con la graduale conquista del Bengala Moghul ma completata solo dopo il 1840, con la sconfitta del forte stato Sikh, fu realizzata inizialmente da una società privata sotto controllo parlamentare, la Compagnia delle Indie Orientali. Questa impostò un meccanismo di egemonia coloniale di carattere prettamente economico-finanziario, consistente nello sfruttamento delle risorse fiscali dell'India per mantenere la Compagnia, le sue basi commerciali in Asia e le sue conquiste territoriali. Grazie al saldo attivo dell'India nel commercio interasiatico, attuato esportando in Cina, nel sudest asiatico e altrove oppio e cotonate, la Compagnia poteva acquistare tè, porcellane e seta da rivendere in Europa, tenuto conto del fatto che sino al pieno dispiegarsi della rivoluzione industriale in Gran Bretagna nessuna merce europea era in grado di essere competitiva in Asia. Dopo tale data, i filati e le cotonate di Manchester dilagarono in India (ove non esisteva alcuna barriera doganale alle merci inglesi), distruggendovi in pochissimo tempo l'artigianato cotoniero. Ciò costrinse l'India a spingere a fondo nella esportazione di prodotti primari a basso valore aggiunto (juta, tè, cotone greggio) ma soprattutto a estendere l'export di oppio da introdurre clandestinamente in Cina. Il monopolio governativo dell'oppio rappresentò, per tutto il XIX secolo, una delle colonne dell'economia indiana e la seconda fonte fiscale per l'amministrazione dell'impero coloniale indiano dopo l'imposta fondiaria.
La vita
Mohandas Karamchand Gandhi, padre dell’indipendenza indiana, nasce a Porbandar in India il 2 ottobre 1869 in una ricca famiglia indiana. Già da ragazzo dà una tale importanza alla libertà personale da tentare il suicidio con un suo coetaneo a 14 anni, non sopportando un'esistenza in cui non vi sarebbe stato spazio per l'indipendenza personale. Dopo aver studiato nelle università di Ahmrdabad e di Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l’avvocatura a Bombay. Ed è proprio in veste di avvocato che nel 1893, a ventiquattro anni, si reca in Sudafrica con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana. Abituato ad essere considerato ed a vivere come un rispettato cittadino, sia in India che in Inghilterra, qui, Gandhi si scontra con un'altra realtà in cui migliaia di immigrati indiani sono vittime della segregazione razziale. L’indignazione per quelli che considera enormi ingiustizie e atti illegali da parte delle autorità britanniche lo spinge alla lotta politica.
In questa prima fase della sua battaglia pensa che una corretta informazione e l'opinione del popolo siano la chiave per cambiare le cose: riesce a coinvolgere in questo suo progetto anche giornalisti inglesi che scrivono su giornali inglesi. Dopo un anno di permanenza in Sudafrica, ed avendo risolto la questione legale per cui vi si era recato, Gandhi decide di tornare in India ma la sua gente lo prega di restare ancora un mese, in modo da organizzare i corsi di inglese che egli aveva iniziato a favore degli immigrati indiani analfabeti. Gandhi acconsente e questo "mese" si prolunga per circa vent'anni! Mahatma Gandhi fonda nel 1904 il "Natal Indian Congress", un'associazione per proteggere gli interessi degli indiani in Sudafrica e organizza una colonia agricola dove trasferisce la tipografia del giornale "Indian Opinion" fondato nello stesso anno. In questa colonia Gandhi divide il terreno in appezzamenti di poco più di un ettaro, vi insedia i suoi compagni di lotta e fa sì che ognuno si guadagni la vita con il lavoro dei campi. In risposta a nuove misure di polizia, emanate dal governo del Sudafrica contro gli indiani immigrati, Mahatma Gandhi tiene un famoso comizio il 1° settembre 1906, nel quale lancia il nuovo metodo di lotta a livello di massa, metodo che diverrà l’arma dei deboli. Il satyagraha letteralmente "fermezza nella verità" è il nuovo metodo di lotta propugnato da Gandhi e basato sulla resistenza non violenta e sulla totale non-collaborazione nei confronti delle autorità inglesi del Sudafrica. Migliaia di persone mettono in atto le regole del satyagraha ed in poco tempo le prigioni sono strapiene. Nel 1907 le Autorità maturano l’idea che eliminando Gandhi la ribellione sarebbe svanita nel nulla: lo arrestano e gli intimano di lasciare il paese entro 48 ore. Naturalmente Gandhi preferisce la prigione ma le sue idee fanno breccia ed alla fine il governo sudafricano attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani: elimina parte delle vecchie leggi discriminatorie, riconosce ai nuovi immigrati la parità dei diritti e la validità dei matrimoni religiosi. Nel 1914 Gandhi lascia il Sudafrica e trascorre qualche mese in Inghilterra dove organizza gli immigrati indiani. Ma il clima inglese non è adatto a lui, che si ammala di pleurite.
Tornato in India il 1° gennaio del 1915, Gandhi trova un clima di grande scontento contro l'Amministrazione Inglese. La nuova riforma agraria è palesemente a favore dei proprietari terrieri inglesi che, con l'introduzione delle monoculture, lasciano i contadini ed i piccoli artigiani alla fame . Alle proteste pacifiche degli indiani si contrappone l'arroganza degli inglesi culminata con una carneficina ad Amritsar (Jalianwalla Bagh) e due mesi di legge marziale. Nel 1919 Gandhi, diventato il leader del Partito del Congresso, partito che si batte per la liberazione dal colonialismo britannico, indìce una campagna di disobbedienza civile.
La prima grande campagna di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte, porta Gandhi in carcere.
Nel 1921 ha luogo la seconda grande campagna di disobbedienza civile per rivendicare il diritto all’indipendenza. Anche questa volta Gandhi viene arrestato e condannato a sei anni di carcere. Rilasciato dopo due anni trascorsi in carcere, Gandhi trova il movimento completamente demotivato e decide di lanciare una nuova campagna di disobbedienza civile. Vestito come il più povero degli indiani, con i quali si identifica, il 12 marzo 1930 Gandhi si dirige a piedi verso la costa, iniziando così la marcia di disobbedienza contro la tassa sul sale. Inizialmente seguito soltanto da alcuni studenti, durante il viaggio, conclusosi il 5 Aprile, al piccolo gruppo si aggiunge sempre più gente, parecchie migliaia e, all'arrivo al mare, Gandhi invita tutti a raccogliere loro stessi il sale in spregio al monopolio tenuto dagli inglesi.
Gli inglesi cercano di disperdere la folla, arrestano Gandhi e poi sua moglie che ne aveva preso il posto ed ancora ad uno ad uno tutti i suoi collaboratori. Alla fine 50.000 indiani riempiono le carceri. Mahatma, "Grande Anima”, come viene soprannominato dal poeta indiano Tagore, resta agli arresti fino al gennaio dell'anno dopo, quando le autorità decidono non solo di rilasciarlo ma addirittura modificano le leggi sul monopolio del sale e liberano i detenuti. In questa occasione Gandhi raggiunge un vago accordo sulle linee generali della nuova costituzione. Negli anni '30 Mahatma Gandhi fa numerosi scioperi della fame per varie cause, come le leggi elettorali a favore degli intoccabili e contro l'oppressione inglese in India. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Gandhi decide di non sostenere l’Inghilterra se questa non garantisce all’India l’indipendenza e finisce in carcere. Nel 1945 i musulmani avanzano la richiesta della creazione di uno stato musulmano separato dall'India, formato dalle province a prevalenza musulmana. Gandhi è fortemente contrario ma questa tesi ha la maggioranza dei consensi ed il 15 agosto 1947 l'India si spezza in due Stati distinti: il Pakistan e L'Unione Indiana. Naturalmente ci sono dispute per definire i confini e queste scatenano un guerra tra musulmani e hindù, guerra che, alla fine del 1947, provoca un milione di morti e circa 5 milioni di profughi. In questa situazione, in cui la violenza ha la meglio sui principi che egli ha predicato tutta la vita, Gandhi lotta con tutte le sue forze, buttandosi in uno sciopero della fame in cui rischia di morire, per porre fine ai combattimenti a Calcutta.
In seguito Gandhi si sposta, ormai vecchio e solo, a Delhi, dove le violenze degli estremistii hindù continuano numerose. Qui Mahatma Gandhi ogni sera prega all'aperto. Il 30 gennaio 1948, durante il solito incontro di preghiera, un fanatico hindù lo uccide.
Satyagraha
Nel corso delle sue lotte civili Gandhi non venne mai meno ai principi del satyagraha, osservandoli con rigore e dedizione: divenne egli stesso il simbolo della non-violenza. Satyagraha deriva dai termini sanscriti satya (verità) ed agraha (fermezza, forza), e quindi potrebbe essere tradotto come “forza della verità”. Come ogni satiagrahi (colui che pratica il satyagraha) Gandhi visse in modo semplice rispettando con umiltà undici principi: non violenza, verità, non rubare, castità, rinunciare ai beni materiali, lavoro manuale, moderazione nel mangiare e nel bere, impavidità, rispetto per tutte le religioni, swadeshi (uso dei prodotti fatti a mano), sradicamento dell'intoccabilità.
Nell’ ambito del conflitto politico Gandhi rifiutò il machiavellismo, poiché credeva in una forte identità tra fine e mezzo: secondo il suo punto di vista per raggiungere una giusta meta sono infatti necessari strumenti pacifici e non-violenti. Il satyagrahi infatti non mira all’annientamento fisico del nemico ma a convincerlo dell’erroneità delle sue idee, tentando di farlo ragionare e di fargli cambiare opinione. Il Mahatma agì sempre coerentemente con questa affermazione ed educò i suoi seguaci alla sopportazione. Gandhi infatti può essere considerato un uomo che rivoluzionò il concetto stesso di Rivoluzione: le sue strategie per raggiungere l’indipendenza non furono la guerriglia o il brigantaggio ma la disobbedienza civile ed il boicottaggio delle merci estere. Per Gandhi era lecito non obbedire a leggi considerate ingiuste ma bisognava lo stesso assumersi le proprie responsabilità e scontare le pene previste per quel tipo di reato. Gli esempi più famosi infatti sono gli innumerevoli anni che passarono in carcere Gandhi stesso ed i suoi compagni. E’ bene sottolineare anche che durante la Marcia dal Sale del 1930 diverse migliaia di indiani, dopo aver raccolto il sale dalle saline del Gujarat (che erano di proprietà dell’impero britannico), sopportarono le percosse da parte della polizia inglese senza tirarsi indietro. Di fronte a quella moltitudine di gente determinata ed irremovibile gli ufficiali non solo rimasero sconvolti ma affermarono in seguito di aver provato una sensazione di impotenza indescrivibile.
Gandhi esortò gli indiani a tornare a cucire a mano i propri indumenti, valorizzando dunque l’appartenenza alla tradizione indiana. Ma c’era anche un obiettivo economico dietro questa scelta: tentare di bloccare il circolo commerciale inglese che opprimeva gli indiani: i mercanti inglesi compravano grossi lotti di cotone a basso costo, prodotto nelle piantagioni indiane, e poi rivendevano i prodotti confezionati in Inghilterra a prezzi di gran lunga maggiori.
Come ben si vede la non-violenza di Gandhi non è da confondersi con nessun tipo di atteggiamento passivo o rinunciatario: Gandhi infatti non predicò mai un atteggiamento passivo, incitando piuttosto sempre all’azione, all’azione giusta, perché supportata da concetti che trovano la loro origine in una tradizione spirituale millenaria, quella dell’India classica. Egli fu un vero e proprio guerriero della Verità.
Recensione del film Gandhi
Il film si apre con il Mahatma Gandhi che si accascia a terra morente, ucciso da un fanatico hindù. Lo spettatore si pone subito una domanda: “chi è quest’ uomo la cui morte ha scatenato la commozione di tutti i presenti?”. Dalla scena successiva in poi ci si ritrova a seguire passo dopo passo la vita di Gandhi, sin dall’inizio del suo fervore rivoluzionario in Sudafrica. Dopo aver acquistato notorietà grazie ai suoi metodi rivoluzionari “alternativi”, decide di ritornare in patria, in quell’India sofferente sotto il governo inglese. Da questo momento in poi la macchina da presa non si scollerà più dal Mahatma, mostrando la complessità della sua personalità, le sue paure e le sue insicurezza ma anche la sua forza, la sua resistenza “sovrannaturale” e la sua dedizione all’affermazione della Verità. La pellicola si conclude con la stessa scena con cui è iniziata, seguendo una struttura circolare, con l’immagine di Gandhi che muore affidando la propria anima a Dio: “He Ram (Oh Dio)”.