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domenica 5 giugno 2016

il femminicidio nell'inferno dei viventi




"Sono anni che ci si indigna ogniqualvolta una donna viene massacrata, uccisa, bruciata, deturpata, violentata. Ci si indigna e si ripete "mai più". Ci si indigna e si chiede la testa del colpevole. Ci si indigna e ci si ripromette di mettere mano una volta per tutte alla prevenzione delle violenze di genere, non solo insegnando ai più piccoli a riscrivere la grammatica delle relazioni affettive, ma anche occupandosi, attraverso l'educazione o attraverso le diagnosi precoci, delle fratture identitarie che attraversano tutti quegli uomini e tutti quei ragazzi che pensano di poter trattare le donne come semplici "cose". Ci si indigna, quindi. E, nell'indignarsi, siamo tutti bravi. Ma poi, passata l'indignazione, che cosa si fa? Come ci si comporta quando si assiste a un atto di violenza o ci si ritrova anche solo di fronte a insulti sessisti e omofobi? Come si risponde a chi ci chiede aiuto? Si riesce a non pensare sempre e solo alla propria incolumità?



"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà", scrive Italo Calvino. "Se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni e che formiamo stando insieme", continua lo scrittore. Prima di concludere: "Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige apprendimento continuo: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio". 

Nell'inferno delle violenze contro le donne che abitiamo tutti i giorni, non dovremmo limitarci a indignarci quando accade qualcosa e poi passare oltre, perché a forza di andare dritti per la propria strada si finisce col non vederlo più. Quest'inferno, si dovrebbe imparare a combatterlo non solo da un punto di vista istituzionale, punendo i colpevoli e proteggendo le vittime, ma anche da un punto di vista personale. Il che significa, innanzitutto, attraverso la cultura, la forza della ragion critica, la compassione e il coraggio. Ossia il contrario stesso dell'indifferenza che, anche quando motivata dalla paura, resta comunque la miglior alleata della violenza e della sofferenza. 

Che è poi quello che spiega molto bene Hannah Arendt parlando della "banalità del male". Non perché il male sia, di per sé, banale. Anzi. Spesso il male è profondo e radicale, come nel caso in cui una ragazza di 22 anni viene bruciata viva dall'ex-fidanzato che non sopporta di perderla. 


Ma il male ha anche tanti complici. Talvolta lo si commette per opportunità. Talvolta per negligenza. Talvolta, anche molto più banalmente, proprio per indifferenza. E non si tratta di trasformarci tutti in eroi o di sacrificare la propria vita per salvare quella degli altri.


Spesso basterebbe semplicemente osservare, ascoltare, fermarsi. Capire che ci sono cose che non si possono fare, ma che tante, invece, le possiamo fare tutti. Anche solo uscire dal nostro piccolo mondo individuale, e farsi toccare dall'esistenza e dalla sofferenza altrui."

Michela Marzano, su La Repubblica




AGISCI IN MODO DA TRATTARE L'UMANITA', 
COSI' IN TE COME NEGLI ALTRI,
SEMPRE COME FINE 
E MAI SEMPLICEMENTE COME MEZZO

Immanuel Kant

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