“Io in quanto donna non ho patria.
In quanto donna, la
mia patria è il mondo intero”[1].
Siamo con le donne e gli uomini che, singolarmente o in
luoghi e associazioni, condividono la necessità di agire per salvare vite umane.
La crescita esponenziale delle guerre sul pianeta dipende
da una dissennata politica delle risorse che si fonda sulla non dichiarata
decisione di selezionare le vite destinate a fruire del territorio, dell’acqua,
dell’aria e della libertà di abitare quest’unica terra che abbiamo a
disposizione.
Migranti sono donne e uomini, ma non possiamo dimenticare
che, come ognuno/a di noi, sono prima di tutto figlie e figli, nate e nati da
un corpo femminile che si fa materno. Che accada per scelta o evento, desiderio
o costrizione, il lavoro del diventare madre è a favore della vita perché
questa possa compiersi dentro tutto il tempo possibile.
Nessuna/o viene messa/o al mondo per essere preda dei
mercanti di morte.
La condizione umana è già soggetta a malattie,
catastrofi, dolore e appare davvero dissennato il fatto che alcuni si dedichino
ad aggravare questa condizione che dovrebbe invece unirci insieme per renderla
più sopportabile.
Mentre sappiamo che le parole libertà, uguaglianza,
responsabilità richiedono un nuovo e più profondo e onesto confronto sociale,
sul senso del diritto la qualità della giustizia l’intera esistenza umana,
sentiamo che prima di tutto le vite vanno salvate perché sono la nostra comune
autentica ricchezza.
Su questo principio non possono esserci tentennamenti e
nessuno può mettere condizioni che non siano finalizzate al benessere di tutte
e tutti.(...)
Confrontarci con l’emergenza migratoria, che spinge donne
e uomini a fuggire guerre penuria e morte verso l’Europa, significa
confrontarci con la nostra fragile democrazia: non possiamo salvarla se alziamo
barriere che, con il pretesto di proteggere, ci imprigionano nelle oscure
fortezze delle nostre paure.
Riprendiamo le parole di Virginia Woolf perché non è con
qualche garanzia di pari eredità, con qualche piccolo privilegio da parvenu che
il potere patriarcale può conquistare il nostro sostegno al nazionalismo xenofobo
e razzista che ha già devastato l’Europa nei secoli passati.
Noi donne siamo state troppo a lungo straniere senza
diritti, dentro le nostre stesse case, per non capire il legame profondo tra
gli attacchi alla nostra autodeterminazione nelle scelte procreative e di vita,
il rinascente sessismo omofobo e il rilancio di arroccamenti identitari
affermati con la violenza.
I governi facciano la loro parte perché la parola Europa diventi
quella speranza evocata nel buio profondo della guerra come casa comune e
accogliente, luogo di libera costruzione del futuro e possibilità di pace.
In questa speranza è riposto il frammento della nostra
storia migliore, l’unica nella quale possiamo riconoscerci senza vergogna.
Rosangela Pesenti
UDI.
Unione Donne in Italia
[1] Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano
1975, La Feltrinelli, Milano 1979, 1987 p. 148
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