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lunedì 23 novembre 2020

sono donna dunque esisto, storia di un cammino ancora difficile




 LA CONDIZIONE FEMMINILE NEL MONDO

scheda Zanichelli  di analisi per riflessioni anche nella formazione civica


ADRIANA CAVARERO INVITA A RIFLETTERE 

SULLA VIOLENZA SULLE DONNE NELLA STORIA
video RaiCultura, 5'

SILVIA SALVATICI sulla violenza alle donne
"Tutti contro la violenza sulle donne", 23'


le leggi italiane, la prevenzione, gli aiuti alle donne che hanno subito violenza






guida per docenti ed educatori




NON SOLO VIOLENZA-LE CONQUISTE POLITICHE DELLE DONNE



IL  DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE NEL MONDO



IL PERCORSO PER LA CONQUISTA DEL SUFFRAGIO FEMMINILE IN ITALIA

slides presentate il 12 marzo 2016 a Piedimonte Etneo

con la classe 5 B


DOSSIER: LE DONNE AL VOTO

a cura dell' Istituto Lombardo di Storia Contemporanea


LE DONNE DELLA REPUBBLICA

presentazione delle 21 deputate elette nell'Assemblea Costituente

da parte della classe 5 C

uomini e donne alle urne

confronto di Maria Grazia Le Mura, 5 C

7 commenti:

  1. Essere una donna del ventunesimo secolo, vuol dire avere un’enorme responsabilità, vuol dire portare avanti la lotta contro la violenza di genere, vuol dire piantare il seme dell’emancipazione femminile. Il seme, si, perché difficilmente sarà la nostra generazione a vedere i frutti di questa pianta, ma si renderà possibile, in questo modo, far nascere in futuro i frutti di una società migliore, in cui le donne non dovranno temere insulti, giudizi e maltrattamenti, soltanto per essere nate donne.
    La violenza sulle donne è un tema di cui si sente spesso parlare, ma che raramente viene approfondito; perché questo accade? La nostra società vive immersa in un mondo di illusioni, dove risulta necessario condurre una vita che rispetti dati stereotipi, in modo da non disturbare l’ideale di uno scenario collettivo perfetto ed uniforme; dove la donna che pensa alla propria carriera è una donna egoista, una donna che decide di non avere figli debba sentirsi incompleta, una donna che mette una gonna corta è una “poco di buono”. E se determinati giudizi risultano ancora veri per gran parte della popolazione, non dobbiamo meravigliarci se ogni tre giorni una donna è vittima di femminicidio.
    Ciò di cui non ci siamo accorti, però, è che la violenza affonda le radici in atteggiamenti quotidiani e consolidati nella nostra cultura: frasi che utilizziamo, insulti a cui ricorriamo.
    Talvolta però siamo noi stesse donne ad andare l’una contro l’altra, attaccando le ragazze che non rispettano nostri stessi ideali ; quello di cui avremmo bisogno ,invece, è un’alleanza, che cerchi di sradicare l’ignoranza e i preconcetti insidiati nella nostra cultura.
    Dobbiamo educare le generazioni future, diffondere il valore del rispetto, denunciare ogni forma di violenza. È il momento di unirci e di agire affinché le discriminazioni vengano debellate e venga concessa l’uguaglianza, in tutti i settori, alle donne.
    La violenza contro le donne è una spaventosa violazione dei diritti umani. Ma non è inevitabile. Possiamo porre fine a tutto questo.
    - Nicole Kidman

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  2. Delitti, maltrattamenti, umiliazioni continue e stalking.
    Questo il bollettino di una guerra quotidiana che si consuma giornalmente a danno delle donne.
    Basta vedere gli articoli di cronaca nera per rendersi conto che nei confronti delle donne sono sempre più diffusi atti di violenza che ci impongono, continuamente, di interrogarci sulla natura e sulle motivazioni di tanta, a volte, inaudita violenza.
    Nella stragrande maggioranza dei casi, non si tratta – come si cerca di far credere in un primo momento - di atti impulsivi ma, purtroppo, di situazioni prevedibili, caratterizzate da dinamiche tipiche ed identificabili.
    Nelle dinamiche dei rapporti di una coppia, quasi sempre si viene a creare un circolo vizioso in cui periodi caratterizzati da episodi violenti si alternano ad un periodo apparentemente felice, che fa seguito a scuse e pentimento. La costruzione della tensione, l’aggressione e la riappacificazione si ripetono ciclicamente e tendenzialmente non si esauriscono.
    Purtroppo, la violenza sulle donne ha radici antiche.
    Gli uomini violenti imparano la violenza in famiglie dove è presente dolore e violenza.
    Gli uomini violenti, il più delle volte, hanno gravi disturbi di personalità che li portano a reagire con dinamiche incontrollate.
    Ecco perché diventa fondamentale, in ottica preventiva, insegnare alle donne, sin da piccole, a riconoscere quei segnali di ira ed impulsività che sono alla base della violenza e a riconoscere e distinguere le diverse forme di violenza, senza cadere nell’illusione che la violenza è proporzionale all’amore.
    Esistono tante forme di maltrattamento, alcune più visibili, altre più subdole che condizionano anche l’aspetto psicologico delle vittime.
    È fondamentale insegnare ed educare le donne (siano esse ragazze o persone mature) ad uscire dall’isolamento (che a volte funge da scudo protettivo), che è uno dei principali meccanismi di mantenimento e perpetuazione della violenza.
    L’unica forma di lotta che possa veramente contrastare questa odiosa piaga è quella di rompere il segreto e parlarne, parlarne, parlarne, con le famiglie, con le amiche, con i colleghi di lavoro, con gli specialisti dei centri antiviolenza, con gli psicologi, con le forze dell’ordine, etc.
    Perché TUTTI abbiamo il dovere di parlarne.
    Perché TUTTI abbiamo il dovere di ascoltare.

    Marina Cozzubbo VA

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  3. Le donne, che dire delle donne, anche loro, come gli uomini, non sono perfette, possono essere gentili, belle, cattive, oneste, bugiarde; come già scritto, esattamente come gli uomini. Perché dovrebbero essere punite da questi ultimi per qualcosa che non comandano come la fine di un amore o il desiderio di crearsi una vita o una carriera diversa? Le donne ogni giorno vengono violentate, picchiate e uccise, perché? Perché alcuni uomini non sopportano di non avere il pieno comando all'interno della famiglia, della coppia. Secondo me però si dovrebbe iniziare da piccoli a imparare certe cose; alle ragazze è giusto si insegni a farsi rispettare, ma perché non iniziare insegnando ai ragazzi a rispettarle? Una volta ho letto una frase "Non insegnare a tua figlia a non portare la minigonna, insegna a tuo figlio che la minigonna non è un permesso", mai letta cosa più giusta, nessuno vestito, trucco o tasso etilico è un permesso. Sin da bambine si deve far capire però che le donne, le ragazze, hanno la facoltà di scegliere, anzi il dovere di lasciare chiunque provi a darle anche solo uno schiaffo, perché lo sappiamo, non è amore, è possessione; molte donne si fanno sottomettere per la "paura" che non possano trovare un uomo migliore, che rimangano sole; come afferma il detto però "meglio sole che mal accompagnate". Sarei la prima ad aiutare se qualcuno mi chiedesse aiuto e tutti dovrebbero farlo.

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  4. Tempo fa lessi di un'intervista a Gilles Vigneault, in cui il poeta francese spiegava al giornalista il nesso tra violenza e mancanza di vocabolario.
    Le parole non si limitano a descrivere la realtà, piuttosto ne delineano le fattezze.
    Di fatto, il mondo attorno a noi prende forma a seconda del linguaggio che usiamo per descriverlo. Ecco, ogni volta che sbagliamo a parlare, che sottovalutiamo il peso delle nostre offese, diamo vita ad una realtà scomoda, malformata, e soprattutto indelebile. Per questo, quando si parla di violenza, bisogna per prima cosa ricordare che il male nasce dalle parole perché, diciamocelo chiaramente, è facile passare alle mani quando non si è capaci di esprimere i propri sentimenti.
    Facciamoci caso: l'italiano è una lingua che possiede una terminologia ricchissima, c'è una parola per esteriorizzare ogni cosa, fatta eccezione per svariati aspetti dello spettro emotivo.
    A volte siamo tristi, altre felici; siamo arrabbiati, appagati, delusi, soddisfatti.
    Ma come si dice quando siamo stanchi, tremendamente stanchi, e desideriamo solo affondare tra le braccia di una persona cara per sentirci finalmente coccolati dalla sua presenza?
    In giapponese, si dice "amae".
    Alla fine del romanzo di Enrico Galiano "Eppure cadiamo felici", l'autore riporta una serie infinita di parole straniere intraducibili nella nostra lingua.
    Tra queste spicca "iktsuarpok", un termine inuit usato per descrivere l'attesa impaziente in cui si sprofonda quando si aspetta che qualcuno venga a visitare la casa percepita come vuota, riempiendo così un piccolo angolo della nostra incompletezza.
    Poi ci sarebbe "awumbuk", in lingua baining, con cui si esprime il senso di solitidine che rimane dopo la partenza di una persona amata.
    E, per finire, cito la "road rage", che in teoria rappresenta quella “rabbia” tipica di chi è al volante di un'automobile imbottigliata nel traffico, ma in senso traslato si usa anche per indicare un'accozzaglia confusa di sentimenti come sconforto, frustrazione, pena e nervosismo complessivo.
    Insomma, ho aperto questa breve parentesi per dire che chiamare per nome i propri sentimenti può indubbiamente aiutarci a compiere un primo passo verso la loro accettazione, ma ciò non toglie che la differenza tra un Uomo e un bambinone scalpitante sta proprio nel saper gestire il turbamento che deriva dalla legittima incapacità di farlo.
    Ad oggi, posso dire che sentire al TG certe notizie di cronaca nera non solo è doloroso per ovvi motivi, ma, oltre a lasciarmi in petto una sensazione di amarezza mista a sconforto, mi preoccupa anche: con tutti questi bamboccioni cresciuti - mi chiedo - come faranno le maestre d'asilo a garantire le distanze di sicurezza?
    Santa Azzolina, pensa anche a questo, perché l'efferatezza si può combattere solo con l'educazione.

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  5. Grazie ragazze, avete tutte aggiunto qualcosa al già detto e noto. Aprire finestre sul mondo è un dovere civico ma anche occasione unica per recuperare la dimensione della comunicazione e della dialettica di pensiero. Proseguiamo, la strada è ancora lunga! Ad maiora

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  6. Sono stanca di ascoltare gente che afferma con decisione che le donne uccise dai propri partner sarebbero dovute scappare prima, capire in tempo ciò che sarebbe successo. Sono stanca della gente che insinua che è anche un po’ colpa loro, perché si sono fatte sottomettere. Sono stanca di ascoltare le stesse affermazioni sterili. La cosa peggiore è che molte volte sono altre donne a fare queste osservazioni acute.
    La violenza è un atto che neanche nella mente deve avere spazio, non si dovrebbe minimamente accennare ad essa per nessun motivo, figuriamoci metterla in pratica. Non esiste giustificazione alcuna. La violenza esiste. Perché? Perché esiste la violenza? Forse è vero che nell’essere umano c’è del marcio, ma dovremmo imparare a non ridurci a cattiveria e violenza. Andare oltre.
    La figura femminile è la colonna portante della nostra vita: noi nasciamo da una madre, lei ci ha cullati nel suo ventre per mesi e mesi. Le donne sono più forti di quanto si pensi. Il sesso debole è una forza della natura, capace di raddoppiare la propria soglia di dolore per dare alla luce un nuovo Essere. Dovremmo avere rispetto per ognuna di esse, solo per questo.
    E pensare che ci sono bambine, ragazze che non potranno mai essere donne, perché il loro cammino è stato interrotto bruscamente, da una manovra senza senso di un guidatore impazzito al volante del proprio corpo. Uccise solo perché nate “femmine”, violate solo perché vestite bene, insultate per aver preso posizione.
    Tempo fa ho letto una raccolta di diversi racconti/ storie vere, che mi hanno segnata nel profondo, che hanno dipinto nella mia testa delle scene che difficilmente dimenticherò, utilizzando un pennello fine intinto nel sangue delle vittime: “Ferite a morte” di Serena Dandini e Maura Misiti, che con ironia sbatte in faccia la realtà terrificante in cui esistiamo. Nel progetto sono proprio le vittime a parlare, dandoti l’impressione di poter ancora sentire i loro pensieri, poi di vedere il loro corpo venir torturato; ti senti partecipe in prima persona. Io mi sono sentita vicina a quelle bambine, a quelle ragazze, a quelle donne.
    Sono stanca.
    Decine, centinaia di anni di lotte e altrettanti ce ne vorranno per liberare la società patriarcale da una così becera mentalità, sradicare quei comportamenti, anche di donne, che indirettamente sono maschilisti. Ma non dobbiamo mollare, lo dobbiamo alle nostre amiche, sorelle, mamme, nonne che non hanno più l’opportunità di farlo.
    Dobbiamo migliorare la società per le nostre figlie, le nostri nipoti e le loro amiche e anche per gli uomini che non appoggiano certi comportamenti disumani. Combattiamo la violenza con l’uso della parola, l’arma che ha la capacità di vincere senza distruggere, dando l’opportunità di cambiare a chi comprende la mostruosità di certi gesti. Non siamo sole, non siete sole: se avete problemi, cercate di parlare; ci sarà sempre qualcuno che vi proteggerà veramente. Se vedete situazioni allarmanti, denunciate. Non state in silenzio, non siate indifferenti.

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  7. La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.
    - Benedetto Croce

    La causa di continui femminicidi risiede in una mentalità che affonda le sue radici nei secoli, secondo cui è l’uomo a prevalere sulla donna. Ma un uomo che violenta una donna, la priva di ogni libertà, la sottomette al suo controllo, mosso da un inconcepibile “complesso di superiorità”; come può definirsi tale? Dunque ora più che mai non bisogna smettere di affrontare l’argomento, di educare. Sarà impossibile cancellare del tutto la violenza da questo mondo poiché alcuni possiedono un’indole violenta che tende a manifestarsi , ma è possibile CAMBIARE MENTALITÀ, provare ad abbattere quell’intrinseca propensione a stereotipare, etichettare. Solo così riusciremo a creare una società migliore in cui vale l’equazione UOMO=DONNA.

    Emanuele Coco IVE

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