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domenica 31 marzo 2019

Platone: la passione per la politica



"Da giovane anch’io feci l’esperienza che molti hanno condiviso. Pensavo, non appena divenuto padrone del mio destino, di volgermi all’attività politica. Avvennero nel frattempo alcuni bruschi mutamenti nella situazione politica della città. Il governo di allora, attaccato da più parti, passò in altre mani, finendo in quelle di cinquantun uomini di cui undici erano in città e dieci al Pireo; ciascuno di questi aveva il compito di presiedere al mercato e aveva incarichi amministrativi. Al di sopra di tutti c’erano però trenta magistrati che erano dotati di pieni poteri. Caso volle che fra questi si trovassero alcuni miei parenti e conoscenti che non esitarono a invitarmi nel governo, ritenendo questa un’esperienza adatta a me. 

Considerata la mia giovane età, non deve meravigliare il mio stato d’animo: ero convinto che avrebbero portato lo Stato da una condizione di illegalità ad una di giustizia. E così prestai la massima attenzione al loro operato. Mi resi conto, allora, che in breve tempo questi individui riuscirono a far sembrare l’età dell’oro il periodo precedente, e fra le altre scelleratezze di cui furono responsabili, mandarono, insieme ad altri, il vecchio amico Socrate –una persona che non ho dubbi a definire l’uomo più giusto di allora- a rapire con la forza un certo cittadino al fine di sopprimerlo. E fecero questo con l’intenzione di coinvolgerlo con le buone o con le cattive nelle loro losche imprese. Ma Socrate si guardò bene dall’obbedire, deciso ad esporsi a tutti i rischi, pur di non farsi complimenti delle loro malefatte. 
A vedere queste cose ed altre simili a queste di non minore gravità, restai davvero disgustato e ritrassi lo sguardo dalle nefandezze di quei tempi. 

Poco dopo avvenne che il potere dei Trenta crollasse e con esso tutto il loro sistema di governo. Ed ecco di nuovo prendermi quella mia passione  per la vita pubblica e politica; questa volta però fu un desiderio più pacato. Anche in quel momento di confusione si verificarono molti episodi vergognosi, ma non fa meraviglia che nelle rivoluzioni anche le vendette sui nemici siano molto più feroci. Tuttavia gli uomini che in quella circostanza tornarono al governo si comportarono con mitezza. Avvenne però che alcuni potentati coinvolgessero in un processo quel nostro amico Socrate, accusandolo del più grave dei reati, e, fra l’altro, di quello che meno di tutti si addiceva ad uno come Socrate. Insomma, lo incriminarono per empietà, lo ritennero colpevole e lo uccisero; e pensare che proprio lui si era rifiutato di prender parte all’arresto illegale di uno dei loro amici, quando erano banditi dalla Città e la malasorte li perseguitava. 

Di fronte a tali episodi, a uomini siffatti che si occupavano di politica, a tali leggi e costumi, quanto più, col passare degli anni, riflettevo, tanto più mi sembrava difficile dedicarmi alla politica mantenendomi onesto. Senza uomini devoti e amici fidati non era possibile combinare nulla e d’altra parte non era per niente facile trovarne di disponibili, dato che ormai il nostro stato non era più retto secondo i costumi e il modo di vivere dei padri ed era impossibile acquisirne di nuovi nell’immediato. 
Il testo delle leggi, e anche i costumi andavano progressivamente corrompendosi ad un ritmo impressionante, a tal punto che uno come me, all’inizio pieno di entusiasmo per l’impegno nella politica, ora, guardando ad essa e vedendola completamente allo sbando, alla fine fu preso da vertigini.[...]

In verità, non cessai mai di tenere sott’occhio la situazione, per vedere se si verificavano miglioramenti o riguardo a questi specifici aspetti oppure nella vita pubblica nel suo complesso, ma prima di impegnarmi concretamente attendevo sempre l’occasione propizia. 
Ad un certo punto mi feci l’idea che tutte le città soggiacevano a un cattivo governo, in quanto le loro leggi, senza un intervento straordinario e una buona dose di fortuna, si trovavano in condizioni pressoché disperate. In tal modo, a lode della buona filosofia, fui costretto ad ammettere che solo da essa viene il criterio per discernere il giusto nel suo complesso, sia a livello pubblico che privato. 

I mali, dunque, non avrebbero mai lasciato l’umanità finché una generazione di filosofi veri e sinceri non fosse assurta alle somme cariche dello Stato, oppure finché la classe dominante negli Stati, per un qualche intervento divino, non si fosse essa stessa votata alla filosofia[...]"

Platone, dalla Settima Lettera


la filosofia di Platone e i miti: alcune riflessioni

6 commenti:

  1. Reminiscenza e immortalità dell’anima e la sua funzione nel corpo.

    L’anima, secondo Platone, svolge una funzione importante nell’esistenza individuale e politica. Per il filosofo, infatti, questa è immortale ed è prigioniera del corpo; essa si libera con la morte di quest’ultimo. Platone fa, così, riferimento alla metempsicosi di Pitagora. L’anima, poi, presenta una struttura tripartita: parte concupiscibile, parte irascibile e parte razionale. Nel mito della “Biga Alata”, queste tre parti vengono rappresentate rispettivamente da cavallo nero, cavallo bianco e auriga. In questo mito extra-filosofico, l’anima è paragonata ad una biga alata che, una volta liberata dal suo corpo morente, compie un viaggio nel mondo delle idee. La lunghezza del viaggio determinerà la quantità di idee conosciute dall’anima che, una volta reincarnatasi, attraverso il processo della reminiscenza, ricorderà ciò che ha visto a partire dal mondo sensibile. La visione del bene e della bellezza è, infatti, ciò che permette all’anima di ricordare al meglio il viaggio nell’Iperuranio. L’immortalità dell’anima e la reminiscenza trovano giustificazione anche nel mito di “Er”, nel quale un guerriero, dopo la sua morte, ritorna in vita e può raccontare ciò che la sua anima ha visto nell’Aldilà.

    Foti Lorenzo, Gallo Alfio, La Rosa Matteo IIIA 16/03/2019

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  2. AMORE PLATONICO
    L'amore è il rapporto che il sapere stabilisce tra l'uomo e le idee e tra l'uomo e la costante ricerca di conoscenza.
    Platone discute di questo tema nel Simposio, un dialogo in cui sublima in senso metafisico i caratteri dell'amore.
    L'amore Platonico è in primo luogo mancanza e desiderio di raggiungere ciò che non si possiede, al fine di conquistare la felicità intesa come completamento materiale e fisico; così viene presentato nel mito dell'Androgino, e intellettuale.
    Inoltre l'amore si conquista gradualmente: l'amore rivolto alla bellezza dei corpi, l'amore rivolto alla bellezza dell'anima, superiore a quella dei corpi, l'amore nella comprensione della bellezza delle attività umane, come le arti e le leggi ed infine l'amore verso la bellezza della conoscenza, rappresentata dal sommo bene.
    In ogni caso l'amore si rivolge alla bellezza che, dal punto di vista del filosofo, si configura nella conoscenza del bene.
    Il filoso è paragonato ad Eros; come il demone Eros possiede una natura intermedia tra il divino e il mortale e non detiene pienamente la bellezza ma si impegna a trovarla, allo stesso modo il filosofo svolge il ruolo di intermediario tra ignoranza e sapienza e, non possedendo ancora la conoscenza assoluta, aspira ad ottenerla attraverso la ricerca costante.
    Per presentare tale definizione, Platone parla per mezzo di Socrate che, a sua volta, riceve la verità su quest'ultima dalla sacra figura della sacerdotessa Diotima, a simboleggiare che il vero è consegnato dal divino e dalla giustizia, incarnata da una donna, come accade in Parmenide.
    In conclusione, l'amore è aspirazione all'immortalità, intesa come conservazione della specie e, collegato ad esso, è intenzione di sollevarsi dal panta rei, affinché si possa lasciare una traccia tangibile della presenza umana: la vita.
    In sintesi l'amore Platonico è ricerca del bene, che non è difficile da raggiungere, e deve essere anche bello (Kalokagathia), per condurre l'uomo alla felicità.
    -Anastasi Ivana
    Baldelli Carlo
    Sicali Cecilia
    III A
    16/03/19

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  3. 《Il ruolo del filosofo per Platone》

    Secondo l'ideale di stato, Platone, afferma che esistono tre classi sociali: i governanti, i guerrieri e i lavoratori. Il ruolo del filosofo si può individuare nella prima cerchia, quella dei governanti, ai quali è affidato il compito di prendere decisioni per il bene del popolo; la sapienza è la loro virtù, in quanto se sono saggi i governanti, di conseguenza, il popolo sarà felice.
    Per presentare gli aspetti del filosofo Platone ci offre una serie di miti nei quali espone la qualità principale e fondamentale dello stesso: la razionalità, la quale è individuabile nel mito della biga alata; nel mito il filosofo è rappresentato dall'auriga, colui che conduce i cavalli fino all'iperuranio; in base a quanto lunga sarà la permanenza dell'auriga all'interno di esso la persona avrà una conoscenza più o meno amplia. Nel filosofo prevale l'auriga, simbolo della ragione, di cui è la caratteristica principale.
    Il motivo per cui il ruolo di governante è attribuito al filosofo viene presentato nel mito delle stirpi, che parla dell'origine delle tre classi sociali.
    Infine, nel mito della caverna, il ruolo del filosofo è evidenziato in quanto viene mostrato come uomo politico che, dopo aver conosciuto la verità, superati i desideri, si presta a salvare gli altri illustrando loro la sua conoscenza.

    |Alessandro Rollo, Gaetano|
    |Grasso, Dennis Impieri. |

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  4. 《ORIGINE DEL MONDO E DEGLI UOMINI》

    Platone presenta l'origine del mondo attraverso il mito del Demiurgo.
    In origine il mondo era solo un caos informe,privo di vita, chiamato "chora" e ad esso si opponeva il mondo delle idee. Platone introduce un terzo termine come mediatore tra gli altri due: il Demiurgo. Egli era una sorta di divino artefice, dotato di inteligenza e di volontá,che volle ordinare le cose del mondo a "immagine e somiglianza" delle idee.
    Il demiurgo non crea la realtà dal nulla, ma semplicemente plasma il mondo da una materia preesistente. Per rendere questo mondo ancora più semplice a quello delle idee, che è eterno,il demiurgo genera il tempo, inteso da Platone come "IMMAGINE MOBILE DELL'ETERNITÀ".
    Per presentare l'origine degli uomini, Platone ricorre anche al mito delle stirpi. Egli immafina che tutti gli uomini sono stati plasmati ed educati dalla terra, e quando furono interamente plasmati, la terra li portò alla luce. Per questo, tutti i cittadini sono fratelli, ma la divinità,al momento della nascita, ha infuso dell'oro in tutti quelli destinati a governare, nei guerrieri ha infuso dell'argento,nei lavoratori del ferro e del bronzo. Quindi, ognuno di noi nasce da una determinata natura, che ci permetterà di occupare una determinata classe sociale.


    Daniel Impieri, Simone Cavallaro
    Giacomo Ruello

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  5. "Differenza tra uomini nello stato"


    Platone traccia un’utopia su quella che dovrebbe essere una città ideale, cioè un modello che tutti dovrebbero seguire.
    Immagina la città tripartita in classi sociali, di cui i governanti (filosofi), svolgono il bene per il popolo evitando di cadere nel male; i guerrieri (custodi) sono i difensori della città e infine i lavoratori hanno il compito di fornire i beni primari alla società. Questa tripartizione è individuabile nel mito delle stirpi, nel quale gli uomini appartenenti alle tre classi, rispettivamente di natura aurea, argentea e ferrea, possiedono le virtù di saggezza, coraggio e temperanza. Il mito vuole comunicarci che gli uomini, pur essendo tutti uguali per dignità e origini, hanno attitudini e predisposizioni naturali differenti, che dipendono dalla preponderanza di una parte dell’anima sulle altre. Ricollegandoci al mito della biga alata, possiamo indicare individui prevalentemente razionali, portati alla sapienza e al governo; individui coraggiosi, portati ad essere guerrieri e individui soggetti al corpo e ai suoi desideri, portati al lavoro naturale. Infatti nel mito l’auriga rappresenta la parte razionale dell’anima; il cavallo nero la parte concupiscibile e il cavallo bianco la parte irascibile.


    Cavallaro Martina, Saccà Denise, Restifo Dalila III A

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  6. "Il dualismo gnoseologico di Platone"
    Il dualismo gnoseologico indica l'esistenza di due conoscenze reali e distinte: opinione e scienza, che rappresentano rispettivamente la conoscenza sensibile e la conoscenza intellegibile; la conoscenza funge da criterio di giudizio che aiuta a conoscere il mondo circostante. Quindi la gnoseologia platonica propone una forma di innatismo, in quanto ritiene che la conoscenza derivi da metri di giudizio pre-esistenti. Secondo la linea della conoscenza,possiamo dunque dividere la conoscenza sensibile (Doxa) in due gradi: immaginazione e credenza. L'immaginazione ha per oggetto le ombre o le immagini delle cose, mentre la credenza le cose sensibili nei loro rapporti mutevoli. Possiamo applicare la stessa analisi per la conoscenza intellegibile, divisa in ragione matematica-che ha per oggetto idee matematiche- e ragione filosofica, che ha per oggetto le idee valori. Il vero filosofo non si ferma solo all'apparenza e alla Doxa, ma raggiunge l'episteme. Tale dualismo lo riscontriamo nel mito della caverna, il quale spiega la teoria della conoscenza, dell'educazione e l'impegno che ogni individuo deve avere nei confronti dello Stato. Possiamo di conseguenza ricondurre i gradi del dualismo gnoseologico ai quattro elementi esplicativi del mito, funzionali alla spiegazione della stessa visione delle ombre (immaginazione),delle statue (credenza), del riflesso delle cose nell'acqua (ragione matematica), della visione della luce (ragione filosofica).

    Russo Sofia, Fragalà Rosario, Cozzubbo Marina 3 A

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