L'uomo contempli dunque tutta la natura nella sua sublime e piena maestà.....Tornato alla considerazione di sè, l'uomo esamini ciò che egli è rispetto a ciò che esiste; si consideri come sperduto in questo remoto angolo della natura, e da queste piccole celle dove si trova rinchiuso, voglio dire l' universo, impari a stimare la terra, i regni, le città e se stesso nel loro giusto valore. Che cos'è un uomo nell'infinito? Che cos'è l'uomo nella natura? Un nulla rispetto all'infinito, un tutto rispetto al nulla, un punto nel mezzo tra il niente e il tutto
Pensiero 72 , PASCAL
Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest'ultimo modo conosciamo i principi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d' impugnare la certezza....
Questa impotenza deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d'istruirci....
Pensiero 282, PASCAL
Pensiero 72 , PASCAL
Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest'ultimo modo conosciamo i principi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d' impugnare la certezza....
Questa impotenza deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d'istruirci....
Pensiero 282, PASCAL
Pensieri di Pascal
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L’uomo è manifestamente fatto per pensare: in ciò è tutta la sua dignità e tutto il suo merito; e tutto il suo dovere è di pensare come si deve. Ora l’ordine proprio del pensiero è di cominciare da sé e dal proprio autore e dal proprio fine. Invece a che pensa il mondo? Mai a questo, ma a danzare, a suonare il liuto, a cantare, a comporre versi, a correre l’anello, ecc., a battersi, a farsi re, senza pensare a quel che significa essere re e a quel che significa essere uomo.
169
Nonostante queste miserie, egli vuole essere felice, non vuol essere che felice, e non può non voler esserlo; […]
172
Noi non ci teniamo mai fermi al tempo presente. Anticipiamo l’avvenire come troppo lento a giungere, quasi per affrettare il suo corso; o richiamiamo il passato, per trattenerlo, come troppo precipite: così imprudenti, che ci aggiriamo in tempi che non sono nostri e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene; e così vani che ci curiamo di quei tempi che non sono più nulla e sfuggiamo senza riflessione il solo che sussiste. E ciò perché il presente, per solito, ci tormenta. Noi lo nascondiamo alla nostra vista, perché ci affligge; e, se mai esso ci riesce gradevole, rimpiangiamo di vedercelo sfuggire. Cerchiamo allora di sostenerlo con l’avvenire, e pensiamo a disporre le cose che non sono in nostro potere in vista di un tempo al quale non abbiamo alcuna sicurezza di arrivare. Che ciascuno esamini i suoi pensieri: li troverà tutti rivolti al passato e all’avvenire. Il presente non è mai il nostro scopo: il passato e il presente sono i nostri mezzi, il solo avvenire è il nostro scopo. E così non viviamo mai, ma speriamo di vivere; e, preparandoci ad essere sempre felici, è inevitabile che non lo siamo mai.
279
La fede è un dono di Dio: non crediate che noi vi diciamo che sia un dono di ragionamento. Le altre religioni non dicono così, a proposito della loro fede: esse non davano altro ausilio per arrivarci che il ragionamento, che tuttavia non ci conduce là.
420
Se egli si esalta, io lo abbasso; se si abbassa io lo esalto; e lo contraddico sempre, finché egli comprenda che è un mostro incomprensibile.
434
[…] se l’uomo non fosse mai stato corrotto, godrebbe nella sua innocenza e della verità e della felicità, con sicurezza; e se fosse sempre stato corrotto, non avrebbe alcuna idea né della verità né della beatitudine. Ma, infelici che siamo, e più infelici che se non ci fosse affatto grandezza nella nostra condizione, noi abbiamo l’idea della felicità, e non possiamo giungere ad essa; intuiamo un’immagine della verità, e non possediamo che la menzogna; incapaci di ignorare assolutamente e di sapere con certezza, tanto è manifesto che siamo stati in un grado di perfezione dal quale sventuratamente siamo caduti! […]
556
[…] il Dio dei cristiani non consiste in un Dio autore semplicemente delle verità geometriche e dell’ordine degli elementi: questa è la posizione dei pagani e degli epicurei. […] ma il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei cristiani, è un Dio d’amore e di consolazione, un Dio che riempie l’anima e il cuore di quelli che possiede, un Dio che fa loro sentire, interiormente, la loro miseria e la sua infinita misericordia, che si unisce al fondo della loro anima, che la riempie di umiltà, di gioia, di fiducia, d’amore, che li rende incapaci d’avere altro fine che lui stesso. […]
Nel pensiero 282 Pascal mette in risalto la complementarietà di cuore e ragione.Il cuore è ciò che conosce per mezzo del sentimento,mentre,la ragione "è una forma di conoscenza discorsiva che procede attraverso catene dimostrative".Pascal fa notare agli scettici,inoltre,che la ragione non può spiegare tutto,ma,ciò nonostante,rimane comunque importante nella vita dell'uomo,in quanto la natura fornisce a quest'ultimo poche conoscenze e la ragione trova la sua utilità nell'ampliarle. Il cuore si occupa di quello che la ragione non può dimostrare, come sentimento e fede.
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