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sabato 2 agosto 2014

Il muro di Israele. Viaggio nel Paese unito dalla guerra



 Di fronte alle immagini dei bambini coperti di sangue ed estratti da mucchi di cenere e macerie la prima reazione è quella di chiudere, voltare pagina. Non è possibile che questo accada, e proprio in Israele, e proprio sui civili. Non è possibile che la storia di questo popolo, di questo paese sia ancora il racconto di guerre, di morti, di odio, di lacrime e di sangue. 
Possiamo provare a seguire Adriano Sofri nel suo attento resoconto di viaggio
Poi, forse, resta solo la speranza nell'ausilio del buon senso e della ragione sulla conservazione dell'umanità e dei suoi valori fondanti.

Il muro di Israele e i ragazzi con le fionde 

 La solitudine d'Israele che combatte Hamas lontano dal mondo. 

Viaggio nel Paese unito dalla guerra "Costretti ad andare fino in fondo".

di Adriano Sofri

....C’è una controversia esasperante sulle immagini dei bambini colpiti. Ma nessuna strumentalizzazione, retorica, esibizione, cinismo, nessun avvertimento sul fatto che i bambini di Gaza vengano addestrati all’odio e al lutto, può far dimenticare che sui bambini di Gaza pesa fino a schiacciarli il passato di tutti: degli israeliani che si vorrebbe cancellare dalla terra
in cui si cercarono un rifugio, degli ebrei che si vollero cancellare dalla faccia della terra, degli europei che li vollero cancellare o non seppero impedirlo, degli arabi che vorrebbero cancellare… Le autorità di Israele mostrano, e non è una novità, di tenere in un conto del tutto secondario i sentimenti della gente del mondo verso il loro Stato, se non di ridurli del tutto al pregiudizio. Si affidano alla ragion di stato e alla convinzione di tenere un avamposto e doverlo difendere, anche a costo di non essere più la prima linea di qualcuno, e di restare soli.(...) 
Mettere tregua o fine alla scalata di Gaza è un imperativo immediato. Però, casualmente o consapevolmente, quello che la nuova crisi israelo-palestinese ha rimesso all’ordine del giorno — e che l’“Occidente” aveva via via accantonato, per pigrizia, per quieto vivere, per stupidità o, peggio che tutto, facendoci l’abitudine — è l’avanzata dell’islamismo jihadista dal 2001 a oggi. Ho parlato con israeliani entusiasti dell’attacco a Gaza, la buona volta di andare fino in fondo, dicono. I prossimi siete voi europei, dicono, ma voi dormite, non sapete che cos’è il sacrificio. Noi non vogliamo appartenere all’Europa, dicono, né somigliarle. Conosco l’argomento, naturalmente, so più o meno come rispondere. Ho vacillato quando uno mi ha detto: «Hai saputo che i servizi norvegesi hanno avvertito della minaccia di un attentato islamista a Oslo, da parte di loro volontari di ritorno dalla Siria?».

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