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mercoledì 4 settembre 2013

Sulle letture estive

Epicuro, Epistola a Meneceo.
Riflessioni e considerazioni.
post di Roberto Testa
                                                                        classe IV H



http://www.percorsiinteriori.it/filosofia/Lettera_felicita.htm

Epicuro, primo filosofo del periodo ellenistico, nacque a Samo nel 341 a.C.
Nella lettera scritta ad un caro amico, Meneceo, riusciamo a comprendere bene i punti principali del suo pensiero filosofico.
I temi principali dell’epistola sono la Filosofia e la Felicità, la prima dal punto di vista della moralità, la seconda del bene.

Epicuro inizia dicendo che non esiste età per la pratica della filosofia e per la ricerca della felicità, che non si è mai troppo grandi o troppo giovani per la salute dell’anima e quindi della persona. Suggerisce subito all’amico, e a tutti, cosa poter fare per essere felici, spiegando passo per passo il suo pensiero.
Il primo argomento che tocca è la concezione della divinità : il divino per lui è indistruttibile e beato, quindi immortale, per cui è sempre felice, ed è qui che lega l’idea di felicità a quella di immortalità; va contro la tradizione greca, dicendo che gli dei non sono quelli che descrive il popolo e la tradizione, ma sono diversi, forniti di una grande conoscenza e di altrettanta virtù.
Il secondo tema è quello riguardante la vita e la morte, dicendo subito che il bene e il male appartengono al mondo sensibile, si possono sentire, mentre la morte no. Non bisogna temere la morte, né cercare in tutti modi di aggiungere tempo alla vita (cosa in poche parole impossibile) e neppure vivere la vita in attesa della morte, perché è inutile affliggersi per una cosa che non sentiremo e che in un certo senso aspettiamo. La vita è mortale e la “nullità” della morte per noi deve essere motivo di gioia, non dobbiamo temerla, perché non la sentiremo e quindi non ci sarà. “Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi”; non è il peggiore dei mali, come molti credono.
Passa poi ai desideri..i più importanti sono quelli che mirano al benessere del corpo, alla felicità e alla serenità dell’animo : li desideriamo soprattutto quando soffriamo, sentendo il loro bisogno. Il desiderio spesso corrisponde al piacere, per natura il piacere è buono e la sofferenza è male, però non sempre è così, quindi ci invita a considerare eventuali danni e guadagni che possono portare e a dipendere meno dai bisogni, perché spesso non possiamo “gustarli” nella giusta maniera, suggerendoci di vivere di poco e di essenziale, per vivere in salute e apprezzare veramente le poche cose che abbiamo senza dipendere da loro. Il bene è un piacere quando aiuta l’animo a stare tranquillo e sereno, non quando porta piaceri che poi svaniscono facilmente come ad esempio i banchetti, il vino, il godersi le donne (o gli uomini). Bisogna stare attenti a selezionare bene, con saggezza, ciò che veramente può portarci felicità, che, secondo Epicuro è il condurre una vita saggia, bella e giusta : tutto ciò si ottiene attraverso l’esercizio della filosofia.
Conclude dicendo che non esiste uomo più lodevole di quello che rispetta tutti i suoi punti, quindi, riassumendo, che : ha un’opinione corretta riguardo le divinità, non ha paura della morte, conosce la natura del bene, capisce che bisogna avere i beni essenziali e sa che se il male dura poco affligge di più rispetto a quello che dura più a lungo; inoltre, aggiunge, che le cose accadono o per necessità, o per fortuna, o per scelta nostra, e che quest’ultima si può controllare attraverso appunto la saggezza. Aggiunge che gli dei non regalano il bene o il male agli uomini, ma che li avviano soltanto alla conquista di questi ultimi, e gli uomini alimentano la loro speranza attraverso le preghiere.

L’ultimo consiglio all’amico e a tutti: è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Consiglia di meditare su queste cose e su cose del genere e di parlarne con i propri simili, perché se si segue questo suo pensiero, e se è questa la felicità che si sta cercando, questi beni faranno sentire l’uomo immortale e quindi felice.

Vorrei concludere la mia riflessione con un breve pensiero personale : l’idea di felicità di Epicuro mi è veramente piaciuta, concordo molto con le sue parole ed ogni giorno mi impegno per essere come l’uomo che lui ha descritto, seppure io abbia conosciuto da poco questo filosofo.
Inoltre la sua proposta mi ricorda abbastanza l’idea di felicità di Aristotele : l’esercizio della filosofia, l’utilizzo della ragione aiutano a vivere bene, in un modo giusto e bello, elevandosi al più alto livello, quasi divino.

11 commenti:

  1. "Epicuro, ispirato dalla realtà in cui è vissuto scrive una lettera nella quale esprime il suo pensiero sulla felicità. Egli definisce la filosofia tetrafarmaco infatti ne riassume i quattro punti fondamentali : la teoria dei bisogni, l'immagine divina, la filosofia come raggiungimento della felicità e l'eliminazione della paura della morte. In cosa può consistere la felicità se non nel sentirsi bene con il proprio animo, essere contenti di ciò che si ha, avere l'intelligenza per capire la differenza tra i bisogni necessari e quelli inutili. La filosofia sviluppa tanti pensieri che ci servono a creare una nostra mentalità "pura", senza malizia, senza avidità, senza invidia perchè in fondo se si capisce l'essenza della vita, la felicità viene da sè e non bisogna cercarla da nessuna parte. Grazie alla filosofia sviluppiamo dentro di noi il pensiero sulla vita e riusciamo a distinguerci dagli altri grazie alle qualità che fuoriescono da noi quando stiamo nella società. L'immagine divina deve aiutarci a capire che dobbiamo avere in mente la figura di un dio eterno e felice che non somiglia affatto ad un mortale. La morte esiste quando noi non ci siamo e viceversa quindi non bisogna avere paura della morte perchè dobbiamo vivere nella pienezza della felicità e non aspettare la privazione di essa. Quindi l'uomo necessita di felicità quando quest'ultima non c'è , ma deve essere comprensibile che la felicità si raggiunge con poco e siamo noi a scegliere la nostra sorte poichè noi agiamo per il nostro futuro e prendiamo le varie decisioni in base al nostro pensiero"

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  2. La Lettera a Meneceo si apre con un’esortazione a praticare la filosofia, considerata dal filosofo l’unica vera via per raggiungere la felicità. Secondo Epicuro tutti gli uomini, sia vecchi che giovani, devono dedicarsi alla conoscenza della filosofia, e dunque della felicità: da vecchi per non temere il futuro e da giovani per acquisire gratificazioni. Dunque la felicità è il bene sommo, se l’uomo ha questa ha tutto, in caso contrario fa di tutto per averla.
    Dopo l'esortazione a praticare la filosofia, unica vera fonte della felicità, Epicuro precisa di non negare l'esistenza delle divinità, bensì di rifiutare l’opinione che ne ha la massa. Gli dèi sono eterni e beati, e ciò è possibile perché abitano in un luogo nettamente separato da quello occupato dagli uomini, pertanto essi non possono averne esperienza e agire sulla nostra vita con punizioni o benefici. Secondo Epicuro non bisogna quindi temere gli dèi poiché questi ultimi, perfettamente felici, ignorano chi non è loro pari.E' questa una delle quattro terapie suggerite dal filosofo per permettere all’uomo di liberarsi di ogni turbamento.
    La successiva “terapia” consiste nel non temere la morte. L’anima difatti è composta da particelle (atomi) che al momento della morte si separano e ogni possibilità di sensazione cessa. Essendo la morte definita come “privazione di sensazioni” sarà dunque da stolti temerla. Per di più la morte non significa nulla né per i vivi né per i morti: quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è la morte non siamo più. Solo il saggio, al contrario della massa che teme la morte, né rifiuta il vivere né teme la morte.
    Stolti sono per Epicuro coloro che predicano ai giovani di vivere bene e agli anziani di ben morire poiché, sia da vecchi che da giovani, una sola è l’arte del vivere bene e del ben morire. Allo stesso modo sono considerati coloro che vorrebbero non essere mai nati.
    Precisa inoltre che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto sottoposto al destino: non possiamo dunque essere certi che qualcosa accadrà di sicuro, ma allo stesso tempo non possiamo disperarci del contrario, ovvero che non accadrà.
    Distingue poi, fra tutti i desideri umani, quelli vani, e dunque superflui (come la brama di potere,etc.) e quelli naturali. Questi ultimi si dividono in necessari, cioè essenziali in rapporto alla felicità, al benessere del corpo e alla vita stessa e non necessari, come per esempio mangiare cibi raffinati.
    Solo tenendo presente la precedente classificazione dei desideri è possibile decidere quali azioni compiere, al fine di perseguire una vita felice. Epicuro parte dalla natura dell'uomo, riconoscendo che suo fine e principio è il piacere: il bene consiste nel realizzare questa natura e quindi nel perseguire il piacere, dato dall’assenza di dolore. Non tutti i piaceri però devono essere ricercati, ma valutati in base a vantaggi e svantaggi che possono procurare.
    Secondo Epicuro solo i bisogni naturali e necessari devono essere appagati, mentre gli altri vanno abbandonati e rimossi. Il filosofo non ci spinge dunque all’abbandono del piacere, ma alla misura di quest’ultimo: bisogna per l’appunto rinunciare a quei piaceri da cui deriva un dolore maggiore e sopportare i dolori da cui deriva un piacere maggiore. A rendere possibile questa scelta dei piaceri è la saggezza, la prima e fondamentale di tutte le virtù, perfino della filosofia. Alla saggezza si devono il calcolo dei piaceri, la scelta e la limitazione dei bisogni e, quindi, il raggiungimento della felicità. Le virtù saranno pertanto connaturate alla vita felice e di conseguenza la vita felice è da essa inscindibile.

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  3. “Né il giovane indugi a filosofare né il vecchio di filosofare sia stanco”.
    Con questa esortazione, Epicuro inizia la sua lettera rivolta all’amico Meneceo e ci invita a soffermarci sull’importanza della filosofia e sul’uso costante che se ne deve fare nella vita. La filosofia è importante durante tutte le tappe del cammino terreno, dalla gioventù fino ad arrivare alla vecchiaia, poiché aiuta l’uomo nella ricerca di ciò che procura la felicità.
    Nella lettera man mano espone i concetti base del suo pensiero filosofico. Inizia col parla delle divinità: sono necessarie per una vita felice, sono indistruttibili, beate ed immortali. Partendo dal presupposto che gli Dei esistono per cause accertate, Il filosofo loda e valorizza l’uomo che applica agli Dei le opinioni del volgo, il quale solitamente attribuisce loro cose diverse dall’immortalità e dalla beatitudine.
    Continua col parlare della morte, dando anche la definizione di colui che ne ha conoscenza vera. Secondo il filosofo non bisogna temere solo perché è doloroso attendere, non bisogna temere solo perché ci turba, non bisogna convincersi del fatto che è meglio “non esser nato”. La morte non è niente, solo la privazione di ogni bene e di ogni male. L’uomo giusto non rifiuta la vita e non teme la morte perché le accetta entrambe, non considerando la morte un male.
    All’argomento della “vita” dedica solamente dei collegamenti strettamente legati alla definizione di morte: Ci spiega la doppia scelta da compiere, quella di usarla e quella di non rifiutarla: “Il saggio né rifiuta la vita né teme la morte”; ci fa capire che la morte è la giusta conclusione della vita, è il suo completamento: “la morte rende gioiosa la mortalità della vita”.
    Epicuro continua a parlare di felicità e del suo raggiungimento facendo stavolta riferimento ai desideri: ce ne sono necessari alla felicità, alcuni necessari alla salute del proprio corpo, altri necessari alla tranquillità dell’anima. Tutto questo si ricollega al benessere dell’individuo, il quale si raggiunge tramite tante componenti. Secondo il filosofo, conoscere bene ogni tipo di desiderio rende capaci di compiere bene le azioni, elimina “ogni tempesta ed ogni turbamento dall’anima”. Nel momento della sofferenza abbiamo bisogno di ritrovare il benessere e quindi di soddisfare desideri e piaceri. Ma cos’è il piacere? E’ principio e termine estremo di vita felice; da esso ognuno prende spunto per ogni scelta che deve compiere, che sia di rifiuto o di accettazione. Tante volte o non valutiamo al punto giusto questi piaceri oppure li sostituiamo, preferendo i dolori Questi ultimi, in alcune occasioni, infine procurano un piacere maggiore. Quindi, Come tutti i piaceri sono collegati al bene ma non vengono tutti valorizzati o utilizzati, i dolori sono collegati al male, ma non tutti sono così eccessivi da procurare tanta sofferenza.
    Epicuro infine loda l’uomo che rispetta le sue indicazioni. Bisogna non avere paura della morte, bisogna avere una giusta concezione di “divinità”, bisogna apprendere che il male e il bene sono strettamente legati da tempo e sofferenza.
    “Tutte queste cose e ciò che a esse è congenere medita (…), vivrai invece come un dio fra gli uomini”. Quest’ultima rassicurazione che Epicuro ci fornisce, staccandosi dal suo discorso ormai concluso, ci rende sicuri del fatto che seguendo le sue indicazioni si può veramente vivere bene. Voglio interiorizzare queste ultime righe facendo si che diventino un invito personale per ognuno di noi a vivere correttamente tutte le sfaccettature del nostro vivere quotidiano.

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  4. Questa lettera è davvero interessante da leggere. A mio parere, Epicuro ha voluto spiegare in forma epistolare con Meneceo perché la felicità riguarda tutti, ma soprattutto se stessi,e qual è il miglior modo di esprimere i propri pensieri su un concetto così complesso come la felicità se non con una lettera? Infine la filosofia ci aiuta a capire come l’uomo può raggiungere il benessere e la conoscenza assoluta. Tutti aspirano a ciò,poiché non cercano altro che l’essere felici, ognuno in modo diverso.

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  5. Vorrei concludere questa analisi confessando che le riflessioni e le esortazioni di Epicuro a Meneceo mi hanno fatto molto riflettere. Infatti, mano a mano che la lettura andava avanti, mi sono reso conto di quante persone compiano atti errati, secondo il mio punto di vista, mentre invece essi stanno arrecando un piacere a chi li compie. Ecco che mi pongo la domanda: come fa una persona a scegliere ciò che è bene? Ci ha pensato Epicuro a rispondermi! Ognuno deve essere nel suo piccolo una persona saggia e, quindi, saper distinguere i desideri benefici da quelli maligni e, se magari qualche volta un desiderio cattivo sembra essere più allettante di un altro, è meglio rinunciare sopportando una minima sofferenza anziché soffrire ancora di più assecondandolo.
    Spesso associamo il piacere al concetto di ingordigia, quasi di negatività legata ai piaceri mondani, mentre invece, leggendo la lettera di Epicuro, mi sono reso conto che la felicità non è altro che un equilibrio tra sofferenza e piacere. Però, quando una delle due parti prevale sull’altra, si esagera e si arriva ad uno stato che non dà benessere né all’animo né al corpo. Il vero benessere si può realizzare solo quando si giunge a liberarsi dai bisogni come “mancanza di qualcosa”. Inoltre, studiando la lettera di Epicuro, mi sono reso conto quanto ci sia di erroneo nel pensiero comune sul filosofo. Ad esempio, prendiamo in esame la frase “essere un epicureo” che viene usata per definire una persona dedita ai piaceri materiali. Questa interpretazione è completamente infondata e distante da quello che è il vero concetto di piacere espresso da Epicuro e che anch’io condivido quale guida per una vita libera da condizionamenti ed in cui si è capaci di operare scelte utili per la propria felicità.

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  6. In questa breve lettera è espressa tutta la dottrina epicurea, che intende la filosofia come ‘farmaco’ per la felicità, un quadruplice rimedio alle problematiche umane; infatti, quattro sono i punti fondamentali riassunti nella lettera: la teoria dei bisogni; la confutazione dell’immagine erronea degli dei; la filosofia come mezzo per il raggiungimento della felicità e l’eliminazione della paura della morte da parte dell’uomo.
    Egli nella prima parte della lettera cerca di dare una giusta definizione al concetto di divinità, che più volte viene da lui vista come essere congiunto alla felicità e completamente disinteressato alle vicende umane, poiché ritiene che il mondo sia regolato da una legge di necessità: un ordine necessario delle cose. Perciò egli ammonisce l’uomo dal dare un’erronea immagine della divinità e, anzi, definisce quest’ultima estranea agli aggettivi attribuitile dagli uomini.
    Epicuro prosegue elaborando una ‘soluzione’ che liberi gli uomini dalla paura della morte, riducendo tutto a una percezione sensibile, un rapporto piacere-sofferenza, sentimenti che vengono a mancare nello stesso istante in cui il nostro corpo diventa nulla. Perciò l’uomo saggio, per essere considerato tale, non deve temerla, perché sa che essa sarà indolore, mentre lo sciocco, che non indaga la felicità e non elabora una ricerca filosofica, non vivrà serenamente a causa del suo affliggersi per il continuo pensare alla morte, non godendo in questo modo dei piaceri della vita.
    Un’altra argomentazione è quella sulla teoria dei bisogni, che consiste nella suddivisione dei desideri dell’uomo in naturali e vani. Tra i desideri naturali ce ne sono alcuni necessari e altri no. Solamente quelli che possono essere considerati necessari devono essere appagati, gli altri legati soltanto al piacere materiale devono essere abbandonati. Secondo Epicuro l’accorto calcolo dei bisogni può far vivere l‘uomo nella perfetta felicità senza farlo divenire schiavo dei suoi desideri e dei suoi piaceri. Infatti, non è felice chi vive un‘esistenza ricca, incentrata sul semplice piacere superfluo e materiale, ma chi riesce a raggiungere la serenità dell’anima, che porta il piacere stabile ed interiore.
    All‘inizio di questa lettera Epicuro, partendo dal presupposto che la felicità è il fine della vita, spiega a Meneceo che a qualsiasi età è giusto filosofare poiché a tutti, giovani e vecchi, è consentito provare piacere attraverso la conoscenza e, poiché è parte della natura umana la tendenza a raggiungere il piacere e a evitare il dolore, lo scopo della filosofia è quello di liberare l’uomo da tutto ciò che possa impedire il raggiungimento della felicità.
    Da questo scritto emerge un Epicuro innovatore e controcorrente rispetto ai filosofi precedenti e successivi, in quanto esprime un razionalismo fuori dal comune che rompe gli schemi fissati dai tradizionali filosofi classici, i quali non concepiscono alcun tipo di pensiero materialistico. E anche una novità stilistica, l’uso di una lettera, un po’ per avvicinarsi più al lettore e renderlo partecipe, renderlo destinatario della sua filosofia.
    A seguito della mia riflessione riguardo la lettera oserei dire che averla letta mi ha davvero cambiato interiormente, non tanto perché ciò che dice Epicuro sia qualcosa di innovativo, ma proprio perché con concetti semplici, ci riporta a un ideale di felicità ormai ‘passato’. Posso dire che leggere la lettera è stato come un conforto per me, poiché ho ritrovato parte di ciò che già pensavo, e una sorta di amico in Epicuro, nonostante sia vissuto molti secoli fa.

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  7. In quanto la Filosofia si interroga su ciò che è il Bene per l’uomo e sulle condizioni della sua Felicità, essa riflette anche sulla Paura, passione che condiziona l’azione, il pensiero, le scelte dell’uomo.

    La Lettera a Meneceo di Epicuro si apre con una esortazione all’uomo a filosofare, in quanto la filosofia diviene lo strumento che conduce alla buona salute dell’anima e alla felicità. Tale esortazione viene estesa sia all’uomo vecchio, la cui vita si volge per lo più al passato, sia a quello giovane, la cui vita volge più al futuro. La filosofia permette il raggiungimento di tale condizione di benessere facendo si che il primo non si perda nel rimpianto, suggerendogli di godere dei bei ricordi del passato, e il secondo liberandolo dalle paure in modo da poter maturare per affrontare coraggiosamente l’avvenire.

    Egli qui non nega la presenza di entità indistruttibili e felici, quali gli dei, anzi la considera del tutto evidente tant’è che ogni individuo è in grado di considerarne l’essenza. Questi devono essere concepiti come del tutto estranei alle nostre vicende poiché se animati nei nostri confronti, sarebbero mossi da ansie e tentazioni, il che significherebbe non considerarli beati e quindi totalmente lontani dall’essere perfetti.

    Altro oggetto che può essere emblematico è la morte che temendola non fa altro che portare dolore mentre la si attende. Essa secondo Epicuro non deve essere niente per noi. Quando noi ci siamo lei è assente e quando lei si manifesta noi non ci siamo più. Essa non può rappresentare né un bene né un male in quanto bene e male consistono nelle sensazioni e la morte è assenza di tali. Superata tale paura, il saggio può godere a pieno della sua vita, vivere per l’appunto in modo saggio, ovvero senza aver paura del suo essere mortale.

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  8. Epicuro qui definisce stolti coloro che esortano i giovani a vivere bene e i vecchi a morire bene in quanto solo una è l’arte del vivere e del morire bene; tale nominazione viene attribuita anche a coloro che arrivano addirittura a pensare che vorrebbero non essere mai nati. Inoltre non si deve essere spaventati dal futuro in quanto si deve essere consapevoli che non essendo nelle nostre mani non ci si deve aspettare che esso si avveri, ma neanche che non si avveri.

    L’etica di Epicuro si basa sulle passioni: è la passione che ci consente di distinguere il bene dal male. Il primo coincide con il piacere, il secondo con il dolore. I piaceri però hanno un valore diverso e spetta al filosofo metterne in evidenza una distinzione. Quindi tra tutti i desideri umani si distinguono quelli vani (a cui non corrisponde alcun oggetto in natura) e quelli naturali. In quelli naturali si distinguono alcuni necessari e altri che non lo sono. Bisogna quindi, secondo Epicuro, limitare la soddisfazione ai soli desideri naturali e necessari, in quanto gli altri sono insaziabili, privi di limite e incapaci di condurre al piacere. Quelli che dobbiamo soddisfare corrispondono a quel piacere che è la salute del corpo e la tranquillità dell’animo.

    Il fine e il principio di una vita felice è proprio il piacere, dato dall’assenza di dolore, e il suo perseguimento è ciò in cui consiste il bene. Esso è connaturato con noi stessi e per questo ci permette di non lasciarci attrarre da ogni tipo piacere, ma di attuare una valutazione degli utili ponendo come base le nostre affezioni. Bisogna considerare però che non ci si deve abbandonare a questi, ma dargli una giusta misura.

    La saggezza, o anche prudenza in questo caso, è il massimo bene ed il principio di tutte le cose, è anche più importante della filosofia stessa, e da essa vengono tutte le altre virtù . Ad essa si deve una giusta scelta dei piaceri da perseguire e ciò è evidente in quanto le virtù sono connaturate a una vita felice.

    Egli inoltre aggiunge che non bisogna affidarsi al fato, di molti individui assoluto sovrano, e che tutto può capitare per necessità, per fortuna, o per propria scelta, la quale si può proprio controllare attraverso la saggezza. E su questa base Epicuro dice che è meglio essere saggi e senza fortuna che stolti fortunati, in quanto è preferibile che una saggia decisione sia premiata per essere tale e non che una poco saggia sia premiata per fortuna.

    Tale lettera dopo una lunga riflessione si può certamente intendere come una sorta di formula per liberare l’uomo dalle paure più comuni: la paura degli dei, la paura della morte, la paura del futuro. Liberato da tali angosce e preoccupazioni l’uomo raggiunge la tranquillità dell’animo, la Felicità.

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  9. Secondo me Epicuro sceglie proprio la lettera come forma di comunicazione con il destinatario, poiché è un mezzo diretto, e può cercare di stabilire un legame con la persona a cui la lettera è indirizzata.
    L’intera opera, che tratta di etica, serve anche ad Epicuro per divulgare il suo pensiero su una vita priva di turbamento, e dunque destinata alla felicità. A causa della brevità dell’epistola, egli è costretto ad essere conciso ma allo stesso tempo efficace. Il filosofo riesce ampiamente nel suo intento poiché fa conoscere ogni rimedio ai turbamenti umani e le giuste "formule" per conseguire una vita felice.

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  10. Prima di leggere la lettera a Meneceo scritta da Epicuro non conoscevo questo filosofo,ma ho apprezzato le sue parole e le ho lette più e più volte per imprimere bene il suo messaggio nella mia anima. Concordo appieno con il messaggio che ci manda, bisogna coltivare la felicità attraverso lo studio della filosofia, dalla gioventù sino alla morte descritta da Epicuro come l’assenza di sensazioni. Secondo il filosofo le divinità sono esseri indistruttibili , felici e beati che godono dell’immortalità a differenza dell’uomo ma diversamente da come gli uomini credevano ,esse non si occupano delle vicende umane. Il secondo tema trattato da Epicuro è quello della morte. Il filosofo ci dice che non bisogna avere timore della morte ,perché non è altro che la totale assenza di sensazioni che da vivi ci permettevano di distinguere il bene dal male,dunque bisogna abituarsi al pensiero che la morte è nulla affinché renda felice la vita mortale, perché quando la morte sarà presente non ci sarà dolore e quindi sarebbe sciocco lasciare che la morte ci porti dolore mentre l’attendiamo. Il terzo punto trattato dal filosofo è quello dei desideri ,ed è ciò che ho più apprezzato della lettera. Secondo Epicuro bisogna pensare che alcuni dei nostri desideri sono naturali ed altri vani,e per essere felici bisogna saper distinguere i desideri naturali e necessari al fine di una buona salute del corpo e della tranquillità dell’animo. Ma perché ciò avvenga bisogna placare la tempesta del nostro animo turbato dalle sofferenze. Infine Epicuro conclude consigliando di meditare su queste cose sia da sveglio che nel sonno,sia con te stesso che con altri,così sia da sveglio che nel sonno non avrai l’animo turbato.

    Vorrei concludere inserendo una citazione di Epicuro presa dal testo,

    La vita felice è invece il frutto del sobrio calcolo che indica le cause di ogni atto di scelta o di rifiuto, e che allontana quelle false opinioni dalle quali nascono grandissimi turbamenti dell'animo. [Epicuro-Lettera a Meneceo]

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  11. Con questa breve lettera Epicuro vuole trasmettere il suo pensiero a tutti gli uomini, invitando a praticare la filosofia a qualunque età poichè essa è la giusta via per la felicità.In questa lettera viene presentato anche il tetrafarmaco, cioè la cura per poter vivere felici senza aver paura degli dei, poichè loro sono perfetti e non si possono occupare delle vicende umane, della morte, poichè quando ci siamo noi lei non c' è e quando c è lei non ci siamo noi e infine del dolore, che viene meno solo quando noi soddisfiamo i nostri piaceri naturali e necessari e quindi raggiungiamo la felicità.

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