...il cielo stellato sopra di me....
Kant
post di Flavia Petrella, classe 4 H
Il problema esistenziale dell’individuo nell'età moderna va collocato in una vasta prospettiva conoscitiva e filosofica. All’uomo medievale, appiattito sul piano della vita terrena dalle forze dell’assoluto, si sostituì l’uomo rinascimentale, capace di controllare e dominare le forze della natura. Il rapporto uomo-mondo doveva però ben presto essere modificato dalla teoria dell’astronomo polacco Niccolò Copernico (1473-1543) il quale, rifiutando la vecchia concezione tolemaica, sostenne che la Terra ruotava intorno al Sole, e non viceversa. Questa ipotesi “eliocentrica” (di cui Galileo Galilei, nel secolo successivo avrebbe dimostrato la validità) considera il nostro pianeta non più al centro dell’universo, ma una semplice parte, e per giunta marginale, di esso. Da questa prospettiva cosmologica doveva necessariamente derivare l’idea di una nuova “relatività” che trova le sue più ardite espressioni nel pensiero e nell’opera di Giordano Bruno (1548-1600). Proiettato in un universo infinito, l’uomo non cessa per questo di essere al centro dell’universo; ma il centro può essere ormai dappertutto, identificandosi con la varietà, la molteplicità, l’infinita dei punti di vista che hanno tutti una loro particolare validità. In questo senso la posizione di Bruno si caratterizza anche per la sua inedita e originale carica conoscitiva, sforzandosi di portare la rivoluzione copernicana sul piano della cultura e della coscienza. L'Astronomia è una disciplina che ha sempre avuto un notevole influsso sulla letteratura, sulla filosofia e sull'arte. Fin dall' antichità gli autori greci arricchivano le loro opere con riferimenti astronomici e con miti astrologici. Ma in seguito all'avvento del poema didascalico, altri autori si avvicinarono a questa scienza con l'intento di diffonderne le conoscenze, e con l'idea che vi fossero legami stretti tra il moto dei corpi celesti e la vita quotidiana. L'Astronomia non venne mai trattata esplicitamente da Dante, ma essa occupa un posto di grande rilievo in tutta la produzione dantesca, e in paticolar modo nella Divina Commedia. Grazie all'analisi delle varie opere di Dante, e delle nozioni astronomiche in esse inserite, si sono potute ricostruire le nozioni scientifiche e astronomiche medioevali.
Dante ed i suoi contemporanei con il termine Astronomia intendevano tutte le discipline che avevano a che fare con il cielo e le stelle, e quindi ben presto si arrivò ad intendere per Astronomia il concetto oggigiorno noto con il nome di Astrologia. Infatti l'Astrologia, le cui radici risalivano addirittura alla cultura babilonese, con il corso dei secoli aveva assunto un'importanza sempre maggiore fino a superare anche l'importanza delle nozioni scientifiche. La gente comune non era più interessata alla pura scienza dei cieli bensì voleva sapere che influssi essi avevano sulla propria vita.
Uno degli episodi più celebri della produzione dantesca, da cui emergono le nozioni astronomiche dell'epoca è senza dubbio il II canto del Paradiso, noto anche come il canto delle macchie lunari. Questo canto è uno dei più dottrinali e didascalici di tutta la Divina Commedia e anche per questo lo stile che lo caratterizza risulta essere leggermente arido e monotono. Dante giunge guidato di Beatrice nel cielo della Luna. Dante, al pari della tradizione tolemaica e araba, considera la Luna come un pianeta la cui sfera è situata immediatamente dopo la Terra. Desideroso di sapere la causa delle macchie lunari, interroga Beatrice a riguardo. Dante in questo episodio fa riferimento prima ad una credenza popolare secondo la quale Caino, per il suo delitto, venne confinato sulla Luna, poi espone la sua spiegazione delle macchie lunari. Secondo Dante le macchie lunari non sarebbero altro che l'effetto dell'ineguale rarità della superficie lunare che quindi rifletterebbe in maniera diversa i raggi solari. Beatrice deridendo dell'ignoranza dell'uomo spiega a Dante che l'uomo seguendo i sensi cade sempre nell'errore. Infatti non è fisica la spiegazione delle macchie lunari, bensì spirituale e metafisica. Le zone chiare o scure della Luna, come del resto anche quelle dei pianeti, non erano altro che il diverso manifestarsi delle virtù delle varie intelligenze motrici.
Diverse (e più sottili) sono invece le motivazioni che invece spinsero Leopardi a scrivere la sua "Storia dell'Astronomia". Leopardi infatti era all'epoca della stesura dell'opera un giovane desideroso di ampliare le proprie conoscenze, di fissare le idee e di affinare lo stile. con la sua opera "Storia dell'Astronomia dalla sua origine fino all'anno MDCCCXIII"(1893), si era prefissato lo scopo :"...di fare non solo una Storia ma anche una Biblioteca", e allo stesso tempo "... non solo una Biblioteca ma anche una Storia". Infatti con questa particolare opera giovanile Leopardi, oltre a ripercorre le tappe della storia della scienza astronomica, documenta il lettore attraverso un enorme repertorio bio-bibliografico che vanta un numero superiore a duemila riferimenti bibliografici. Proprio per cercare di ordinare in gruppi questi riferimenti (ma anche per esigenze cronologiche) il Leopardi suddivide l'opera in capitoli. I primi quattro, che costituiscono la prima stesura, ultimata dall'undicenne Leopardi nel 1811, sono dedicati a descrivere la storia dell'Astronomia nelle sue quattro tappe fondamentali: dalle origini fino a Talete, da Talete fino a Tolomeo, da Tolomeo a Copernico, da Copernico "...sino alla cometa dell'anno 1811...". In seguito aggiunse altri quattro capitoli, nei quali venivano esaminati gli ultimi progressi , l'origine e i primi passi dell'Astronomia, e venivano inoltre elencate le opere che erano state consultate per la stesura dell'opera. L'interesse di Leopardi per la scienza era profondo almeno quanto quello filologico, filosofico o letterario. La Storia dell'Astronomia di Leopardi viene oggi considerata prevalentemente una storia "documentata" piuttosto che "ragionata". Leopardi infatti non si proponeva di ragionare sui fatti emersi dalle sue letture, ma semplicemente voleva dare al lettore una visione globale della storia dell'Astronomia, arricchendola e particolareggiandola con riferimenti ad altri documenti letterari. Più vicino ai giorni nostri Pascoli, che ha contribuito in modo significativo alla fama delle Perseidi, le cosiddette "stelle cadenti" di agosto, che negli ultimi anni non hanno offerto uno spettacolo particolarmente esaltante, ma che a lui sono sembrate un "pianto di stelle" la notte in cui, ancora bambino, ha vegliato il padre morto in circostanze misteriose. La suggestione dello spettacolo non deve però essere attribuita semplicemente al dolore e all'emotività, infatti da pochi anni la cometa Swift-Tuttle aveva, con un nuovo passaggio, apportato altri materiali allo sciame meteorico e probabilmente quella notte la pioggia di stelle fu particolarmente spettacolare. Solo l'anno prima Giovanni Schiapparelli aveva messo in relazione il fenomeno con le comete.