Una ricorrenza senza più memoria delle sue origini, quella dell’8 marzo. E’ proprio il caso di dirlo. Giunta quest’anno al centenario della sua presenza nel calendario italiano, la Giornata internazionale della donna è stata nel tempo associata ad una grande tragedia sul lavoro, l’incendio della Triangle Factory di New York nel quale persero la vita un centinaio di operaie, oppure ad un giorno vissuto all’insegna di festosa leggerezza. Eppure in nessuna delle due circostanze è possibile rintracciare il suo fondamento storico, e neanche nell’8 marzo, per onestà dei fatti. In anni di grande fermento operaio internazionale, nel 1909 fu il partito socialista americano a destinare infatti per il primo International Woman's Day il giorno del 23 febbraio, a chiusura di una serie faticosa di congressi e conferenze in cui era stato messo all’ordine del giorno il diritto al suffragio femminile. In quelle accese discussioni gli uomini si erano in verità più volte opposti al coinvolgimento delle donne borghesi, ritenendole estranee, se non addirittura rivali nella lotta di classe. Fu invece la maggioranza delle socialiste a chiedere l’accesso alle urne per tutte, operaie e borghesi, povere e ricche.
L’appello ad unire, più che a distinguere per separare, fu il primo successo del movimento femminile. Con esso si apriva un cammino di civiltà. La Giornata delle donne raggiunse nel 1910 l’Europa, con date di volta in volta differenti. Da Copenaghen trovò conferma in Germania, Austria, Svizzera, Francia, Svezia, mentre la battaglia per il voto veniva portata per le strade inglesi da Emmeline Pankhurst con i cortei delle suffragette, che lo invocavano non solo come "un diritto, bensì come una necessità disperata". L’8 marzo entrerà nel calendario delle ricorrenze nel 1917. Quel giorno un folto gruppo di donne sfilò compatto per San Pietroburgo in una grande manifestazione per la fine della guerra. Si rinnovava da parte delle donne una richiesta per tutti, senza confini né vessilli da sventolare, perché i morti si piangevano in tutte le case, senza distinzione di classe, di partito, di nazionalità, come purtroppo ci accorgiamo in questi ultimi tristissimi giorni. Lo spirito di quel forte messaggio, che guardava ad un futuro di pace e di condivisione paritaria, venne ribadito nella Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste del 1921 a Mosca, da cui uscì simbolicamente la data dell’8 marzo per la Giornata internazionale dell'operaia.
La proposta fu confermata poi da molti paesi e nel 1977 l’ONU proclamò, a memoria storica di quelle battaglie di civiltà, la Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale. In Italia la prima celebrazione si tenne il 12 marzo del 1922 (prima domenica dopo l’8 marzo di quell’anno). Dopo la notte del fascismo le donne dell’UDI chiesero nel 1945 per l’8 marzo la prima Giornata della donna nelle zone già libere dal nemico, riproposta l’anno successivo in un’Italia che finalmente portava alle urne le donne di ogni angolo del paese. Scese di nuovo per le strade negli anni Sessanta e poi ancora negli anni Settanta, le donne si sono battute sempre per lo stesso motivo, essere semplicemente riconosciute come soggetti della storia, presenti ed esistenti.
Simone de Beauvoir aveva precisato nel 1949 la questione di fondo, il problema sospeso si potrebbe dire, scrivendo che “il dramma della donna consiste nel conflitto tra la rivendicazione fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale. Data questa condizione, in che modo potrà realizzarsi come essere umano?”. L’inessenzialità delle donne nella storia dei secoli scorsi è in effetti confermata da quanto viene riportato nei manuali di storia, dove rarissime sono le figure femminili, se si escludono le martiri, le streghe e le regine. Sono state per secoli escluse da una storia scritta e gestita dagli uomini, lasciate senza tutele giuridiche persino come mogli e come madri, e di conseguenza offese, maltrattate, violentate, sfruttate e sottomesse nel lavoro e nelle relazioni.
La conquista
del voto e degli altri diritti civili ha dato voce e spazio alle donne, ed in
questo ha ripristinato una misura e una proporzione nell’ordine delle cose. Non
siamo però ancora ad un equilibrio. La cronaca quotidiana ci parla di drammi
persino in famiglia, continue offese, nuove marginalità. La realtà di ogni
donna è fatta di pagine scritte a
fatica, nel tentativo costante di vedere garantita la propria libertà di scelta
e d’espressione. Ecco, di questo si dovrebbe parlare l’8 marzo, e con gli
uomini in primo luogo. Per ripristinare non solo il fondamento storico della
ricorrenza, ma con esso il senso della compresenza, basato sulla reciprocità
delle relazioni e sull’essenzialità di entrambi finalmente riconosciuta.