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Il corpo e la mente



PENSO RESPIRO AMO SOFFRO

dunque

SONO





Se non avessi attraversato le tenebre, forse non sarei diventata la persona che sono oggi. Forse non avrei capito che la filosofia è soprattutto un modo per raccontare la finitezza e la gioia
Michela Marzano




di Michela Marzano


MICHELA MARZANO, filosofa, è nata nel 1970 a Roma. Ha studiato filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha in seguito conseguito il dottorato di ricerca con Remo Bodei. Si trasferisce successivamente in Francia, dove diventa ricercatore del Centre National de la recherche scientifique ed a 36 anni ottiene l'abilitazione a professore universitario. Michela Marzano è attualmente professore ordinario di filosofia morale all'Università Paris René Descartes. Nel 2008 il “Nouvel Observateur” la inserisce nella lista dei 50 pensatori più influenti della Francia indicandola come una degli otto trentenni della "nuova guardia" francese. Si occupa di tematiche legate al corpo umano ed al suo statuto etico, all’etica sessuale, all’etica medica, all'identità femminile contemporanea ed alle sue rappresentazioni sui media e nella società. Per questo motivo è stata la curatrice del Dictionnaire du corps (PUF 2007). Sempre in Francia ha pubblicato numerosi libri e saggi, tra cui L'éthique appliquée (2008), La Philosophie du corps (2007), Je consens, donc je suis... Éthique de l'autonomie (2006), La Fidélité ou l'amour à vif  (2005), La Pornographie ou l'épuisement du désir (2003). In italiano ha pubblicato Straniero nel corpo (2004), Estensione del dominio della manipolazione (2009), Sii bella e stai zitta (2010), La filosofia del corpo (2010), Volevo essere una farfalla (2011) e collabora con La Repubblica.



NON BASTA ESSERE BRAVE PER STARE BENE.

Concediamoci delle libertà e delle leggerezze, smettiamola una volta per tutte di voler essere sempre perfette. La perfezione non esiste. E poi non ne vale la pena


Ecco le parole di Michela Marzano nell'articolo

La Repubblica, 11 gennaio 2013


4 commenti:

  1. "Il vuoto ormai le faceva compagnia ogni giorno.
    Il rumore che esso produceva nel suo stomaco scandiva i secondi,i minuti,le ore di quei giorni in cui viveva chiusa nella sua gabbia gabbia d’oro. Quel vuoto la riempiva, era ciò da cui traeva la sua energia.
    Non ricordava il giorno in cui aveva deciso di non mangiare più e, forse, proprio perché l’intento non era quello di non mangiare ma quello di scomparire.
    Scomparire, assottigliarsi, fino a diventare invisibile.
    Invisibile, impercettibile, fragile, perchè non riusciva più a sostenere il peso di ciò che gli altri le riconoscevano. Sentiva di non potersi fermare un secondo, di non poter crollare, di dover sempre essere l'esempio."
    - Riflessioni personali

    "Non hai deciso tu di ammalarti ma puoi decidere tu di guarire. Non smettere mai di cercare una via d'uscita, non smettere mai di cercare il tuo sole"
    - Chiara Sole, titolare dell'associazione italiana "Mondo Sole"

    D. c. a.
    Se ne parla così poco e così male, che pochi di voi sapranno cosa indica questo acronimo.
    D.c.a. sta per "Disturbi del comportamento alimentare".
    I disturbi del comportamento alimentari ad oggi diagnosticati sono principalmente tre: anoressia, bulimia, binge.
    Io non intendo fornirvi una spiegazione scientifica dei termini, perchè non ho le competenze specifiche adatte per farlo, ma anche e soprattutto perchè mi interessa parlare di d.c.a. in senso ampio. Vorrei parlare di ragazzi e soprattutto di ragazze che soffrono di tali disturbi. Ma vorrei parlare di essi come individui afflitti da qualcosa che va oltre un rapporto squilibrato con il cibo. Vorrei parlarvi dei loro sentimenti, delle loro paure, delle loro sensazioni, delle loro speranze. Vorrei parlarvi di persone che hanno dentro un universo complesso, una personalità fragile ma anche estremamente sensibile. Vorrei parlarvi di loro, "le mie ragazze", come le chiamo io, e non vorrei parlare di loro come dei pazienti o come "casi".

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  2. I disturbi del comportamento alimentare nascono da un disagio psico- fisico alimentato da dinamiche personali e,pertanto, estremamente soggettive.
    A tal proposito mi preme quindi sfatare un mito troppo diffuso che funge, a mio parere, da capro espiatorio e consiste nel collegare i disturbi alimentari (in particolare l'anoressia) con il mondo della moda.
    E' un fatto incontestabile che le modelle da passerella siano magre. Ci vengono restituite immagini di corpi scheletrici, martoriati, senza vitalità, felicità, senza la freschezza e la spensieratezza che dovrebbero splendere sul corpo di giovani donne. E pertanto non si può negare -e non intendo farlo- che questo fenomeno possa in qualche modo influenzare chi soffre di determinate patologie. Ma di anoressia, di bulimia o di binge, non ci si ammala sfogliando un mensile di moda. L'influenza negativa da parte di certi modelli, arriva in un secondo momento, quando la guerra interiore che dilania l'anima di chi soffre di tali disturbi, è già iniziata.
    Un'anoressica non vi dirà mai che vuole dimagrire per assomigliare alla modella di Vogue; essa vi dirà piuttosto che vuole dimagrire perchè sente di essere fragile e solo sembrandolo anche all'esterno, potrà trasmettere agli altri il suo stato d'animo. Vi dirà forse che vuole scomparire, diventare invisibile e smettere di avere puntati gli occhi addosso.
    Vi dirà che dimagrire non basta più, che vuole lasciarsi morire di fame.
    Vi dirà che non ha fame di cibo, ma di altro.
    L'anoressia è forse la forma di dca più conosciuta ma, come dicevo prima, essa sfocia molto spesso in altre forme di disturbi alimentari. La differenza che intercorre tra i vari tipi di dca è un filo sottile, che si spezza sempre, senza che i soggetti lo percepiscano chiaramente.

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  3. Ci si ammala come quando si prende un raffreddore, senza volerlo, senza cercarlo, senza capirlo.
    Ogni giorno è una battaglia con se stesse/i; ogni alimento non rappresenta altro che un numero e tu, anche tu diventi un numero. Si digiuna o si ingerisce una quantità abnorme di cibo, ma ci si sente sempre allo stesso modo: incomplete, vuote, sole, fragili, incomprese.
    Ci si aliena dal mondo,perchè nessuno è in grado di capire e con nessuno si ha il coraggio di parlare. Perchè agli altri non puoi raccontare che ti autoinduci il vomito, perchè gli altri proverebbero ribrezzo o pietà e tu non ne hai bisogno.
    Perchè gli altri credono che se vuoi, puoi uscirne, dall'oggi al domani.
    E invece no, perchè continuerai anche domani a sentirti in colpa per una mela, a fare ginnastica la notte, a non mangiare, a mangiare troppo, a chiuderti in casa, ad avere vergogna.
    Continuerai fino a quando non avrai capito che stai per identificarti con la malattia, che "Ana" o "Mia" ti governano, continuerai fino a quando non capirai di essere malata/o, fino a quando non dirai "Io scelgo la vita,io non voglio essere altro che me stessa, IO VOGLIO GUARIRE".
    E allora, solo a quel punto, piano piano, passo dopo passo, riuscirai a riavere indietro la tua vita e tutto il tempo che la malattia ti ha tolto. Riuscirai, con l'aiuto di chi ti ama, a superare tutto il dolore, tutti gli affanni. Riuscirai a vincere la guerra che combatti contro te stessa/o, ma ciò potrà avvenire solo vincendo delle battaglie, giorno dopo giorno, col calma e delicatezza, come quando un bambino impara a camminare.
    E' una sofferenza che ti lacera l'anima, le cui conseguenze sono ben visibili a livello fisico, ma farcela è possibile ed è necessario, perchè la vita è bella e merita di essere vissuta con tutte le sue sfumature di colori chiari e scuri. Si arriva ad un punto in cui nemmeno le lacrime bastano a buttare via tutto il nero che si ha dentro; si arriva a credere di essere incapaci di amare e di non meritare amore; si arriva a credere che i propri sogni siano inutili ma la realtà è un'altra. La realtà è che dietro l'angolo ci sta la felicità e la felicità la si può cogliere anche in un biscotto a forma di cuore regalato da una persona speciale in un giorno qualunque. Ecco, quel giorno potrebbe diventare importante proprio per quel biscotto... e allora voi lo guarderete senza scomporlo in zuccheri e carboidrati, senza dargli un valore numerico. E allora quel giorno potrebbe diventare il giorno in cui direte "CE L'HO FATTA!"
    Non smettete mai di cercare il vostro biscotto fortunato.
    Vi do un indizio... l'amore ha le indicazioni per la caccia al tesoro! :)

    Dedico questo post a tre persone per me molto importanti, Valeria,Giulia e la mia mamma: senza loro io non avrei trovato il mio biscotto!

    Irene.

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  4. Grazie Irene per queste parole così intense e vere, nate da na sofferenza conservata, soffocata, anche negata ai più, credo. Bisogna dare voce al male che ci portiamo dentro, pian piano la forma che assume ci solleva dal peso che ci trasciniamo per ferirci e annullarci. Vivere significa condividere, percorrere insieme un lungo cammino talvolta tortuoso ma farlo con la luce del sorriso e guardandosi negli occhi. Si avverte un calore nuovo e ritornano le energie per riemergere dal dramma, per dire di nuovo IO CI SONO. :-)

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